La coppia dell'acido, Martina Levato: «Con quei lanci provavo un senso di liberazione»

La coppia dell'acido, Martina Levato: «Con quei lanci provavo un senso di liberazione»
Mercoledì 25 Novembre 2015, 17:51 - Ultimo agg. 15:11
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Lanciare l'acido «in quel momento della mia vita e nel caos emotivo che vivevo (...) mi aveva fatta sentire, mi aveva fatto provare un senso di liberazione».

Lo ha spiegato Martina Levato, la studentessa condannata a 14 anni per un'aggressione e sotto processo per altri blitz, lo scorso 13 novembre davanti al gup Roberto Arnaldi, come emerge dalle trascrizioni depositate. La ragazza ha chiarito di aver «solo pensato a me stessa e a raggiungere quello che era il mio obiettivo», ossia «riscattarmi come donna» e come «madre».



IL PAPA' DI UNA VITTIMA

«Il viso di mio figlio è devastato dall'acido ed è devastato anche il suo morale». Con poche parole, commosse ma precise, Gherardo Barbini, papà di Pietro, il 23enne aggredito con l'acido il 28 dicembre 2014 a Milano, ha descritto i terribili effetti di quella sostanza sul fisico e sulla psiche del figlio. E mentre il padre deponeva nel processo a carico di Alexander Boettcher, cercando di rimanere il più possibile tranquillo, la madre del ragazzo assisteva in aula in lacrime.



Poco lontano anche il padre di Stefano Savi, altra vittima, secondo l'accusa, della coppia composta dal broker e da Martina Levato. Nessun dubbio, poi, ha avuto il padre di Pietro, rispondendo alle domande del pm Marcello Musso davanti ai giudici, nel riconoscere come responsabili del blitz ai danni del figlio, di cui fu «testimone oculare», sia Alexander che Martina, tra l'altro già condannati a 14 anni per quelle lesioni gravissime e ora sotto processo con l'accusa di associazione per delinquere per altre aggressioni (la ragazza ha scelto il rito abbreviato, come il presunto complice, Andrea Magnani).



In particolare, il padre di Pietro ha raccontato che Boettcher quel pomeriggio «incitava» la ragazza ad attraversare la strada per lanciare l' acido e poi avrebbe inseguito suo figlio «con un martello». Ed è rimasto impassibile Gherardo Barbini, quando i difensori di Boettcher, gli avvocati Giovanni Maria Flora e Michele Andreano, prima del controesame, hanno voluto esprimere nei suoi confronti «a nome del nostro assistito la solidarietà umana più forte», facendo anche notare che lo stesso «Alexander ha deciso di rinunciare alla testimonianza di Pietro, anche per evitare al giovane un'ulteriore sofferenza».



Poco prima il padre del giovane sfigurato aveva raccontato: «non è facile descrivere la situazione di mio figlio. Per me è meno facile che per un medico visto che sono il padre. Le fotografie di mio figlio le avete viste, la sua vita è cambiata come è cambiata la nostra vita, potete immaginarlo. La vista da un occhio è buona - ha aggiunto - dall'altro occhio è compromessa, ci vorrà del tempo e ci vorranno altre operazioni e speriamo possa recuperare la vista».



Nel corso della sua deposizione Gherardo Barbini ha ricostruito, istante per istante, l'aggressione messa in atto da Martina Levato, che «lanciò l'acido due volte», e da Boettcher, che la «incitava» e che «inseguì mio figlio con un mazzetta da muratore». E sul punto le parti civili hanno fatto presente al pm che si potrebbe imputare a Boettcher anche il tentato omicidio con una contestazione suppletiva.



Il magistrato ha preso atto e farà le sue valutazioni. Gherardo Barbini, intanto, in un passaggio della testimonianza, ha spiegato: «all'inizio non mi ero preoccupato, perchè ho pensato che quel lancio fosse uno scherzo, un gavettone fatto da amici buontemponi». Poi, però, Pietro «urlò 'papà corri, non so cosa sià e poco dopo 'corri, è acido!'».



E Boettcher, quando venne bloccato a terra, cercò di giustificarsi dicendo: «Io stavo facendo jogging, passavo di qua, il martello l'ho trovato in strada».
Infine, in aula è stata ascoltata anche un'amica di Martina che ha rivelato un dettaglio per descrivere il rapporto tra Martina e Alex: «Lei non amava i gatti e Alexander durante una festa la costrinse a baciare un gatto per farle superare la paura. E quella stessa sera le proibì anche di mangiare una torta, perchè, a suo dire, lei non poteva mangiare carboidrati».
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