Funerali Casamonica. Uno show sotto gli occhi dello Stato: tutti sapevano, nessuno ha agito

Funerali Casamonica. Uno show sotto gli occhi dello Stato: tutti sapevano, nessuno ha agito
di Antonello Velardi
Sabato 22 Agosto 2015, 08:53 - Ultimo agg. 19:28
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Non potevano non sapere. Lo show dei funerali solenni di Vittorio Casamonica era ampiamente prevedibile ed era a conoscenza di molti. O per lo meno di ampi settori (uomini e uffici) di tutte le istituzioni coinvolte - Chiesa compresa - che adesso giocano a scaricabarile nel coprire le colpe. A 24 ore dall’evento - che, vale ribadirlo, è stata una prova muscolosa di potenza di un clan criminale - è stato individuato e sanzionato il solo pilota dell’aereo che ha sorvolato i luoghi del funerale e ha disperso i petali di rosa dall’alto.







Perché tutti, ma proprio tutti, non potevano non sapere? Cominciamo dalla Chiesa. Il sacerdote celebrante si sta barcamenando da giovedì pomeriggio, sostenendo in buona sostanza che non gli era chiara l’identità del morto, che lui si interessa di ciò che accade in chiesa, non fuori. E che in chiesa tutti i partecipanti sono stati rispettosi e hanno avuto un comportamento normale. Mente, forse impaurito; sapeva benissimo di chi celebrava il funerale. Le immagini diffuse sono chiarissime: tutt’intorno alla chiesa, e anche sui muri all’altezza dell’ingresso principale, erano stati montati striscioni e gigantografie con il nome del Padrino in una posa (anche per il vestito bianco e per la croce sul petto) che è evocativa addirittura del Pontefice.



Chi ha autorizzato l’affissione di quelle foto e di quei striscioni all’esterno della chiesa se non il parroco? A proposito di immagini. Il fatto che l’avvenimento sia stato ripreso dettagliatamente, non tramite i soliti telefonini ma da telecamere e macchine fotografiche professionali, nonché raccontato in tutti gli aspetti e i particolari, testimonia che sul posto c’erano i giornalisti, diversi giornalisti. Qualcuno li avrà avvertiti prima, o comunque i cronisti erano a conoscenza della morte del Padrino e dei suoi funerali in pompa magna. Perciò si sono presentati sul posto: sapevano che cosa avrebbero trovato. Ciò è la prova che il funerale non è degenerato al momento, ma è stato organizzato alla grande fin dall’inizio e come tale è stato «venduto» ai media. E ciò è anche la prova che i cronisti ne sapevano molto di più delle forze dell’ordine.



A proposito di forze dell’ordine: un drammatico cortocircuito. Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, è ora furente e accusa vigili urbani, polizia e carabinieri per non essere stato avvertito dei funerali. Quindi mette le mani avanti e sembra dire: io non potevo sapere. Ma Vittorio Casamonica è morto proprio il giorno che a Roma si svolgeva l’ennesima riunione del comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica. Attenzione: il comitato è il luogo tecnico più solenne per esaminare ogni possibile questione che ha incidenza sull’ordine pubblico.



È una sede dove si affrontano soprattutto vicende che attengono alla polizia di prevenzione e, solo residualmente, le emergenza già in atto. Ciò vuol dire che al comitato - presieduto dal prefetto, con la partecipazione dei rappresentanti di tutte le forze dell’ordine, allargato talvolta ad esponenti della magistratura o degli enti locali come il Comune - nessuno ha ritenuto di dover porre la questione. O perché la ignoravano o perché la sottovalutavano. Quale tra le due sia l’ipotesi peggiore è difficile dirlo, anche perché viene naturale porsi un’altra semplice domanda: fatto così, a che serve il comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica?



Il prefetto Gabrielli sembra tirarsi fuori dalle responsabilità ma non può. Premesso che non è un prefetto qualsiasi (ha lavorato per gran parte della sua carriera tra polizia e servizi segreti e quindi ben sa che cosa significa conoscere il territorio e fare prevenzione), si sta forse solo adesso ponendo il problema di come avrebbe dovuto meglio organizzare il metodo di lavoro dell’organismo da lui presieduto. Potrà continuare a convocare riunioni del comitato cui partecipano responsabili delle forze dell’ordine di cui sostanzialmente ha denunciato di non fidarsi? A questo punto, o va via il prefetto o vanno via il questore e il comandante dei carabinieri (compreso quello dei vigili urbani)?



A proposito di questore, la polizia poteva non sapere? No, perché un clan come quello dei Casamonica non può non essere continuamente monitorato. La morte del capoclan non passa inosservata, non viene tenuta riservata, anzi è amplificata dai familiari e dagli appartenenti al sodalizio. Una notizia di questo tipo non può non essere intercettata dal commissariato che ha competenza su quel territorio (Roma è la città in Italia con il più alto numero di commissariati e non solo per una questione semplicemente di numero di abitanti). E la polizia di prevenzione, la divisione anticrimine della questura? E la Squadra Mobile con le sue diverse sezioni? E le Volanti?



Ecco, le Volanti. In una grande area metropolitana, il servizio delle Volanti è diviso per zone. Una fetta grande come il Tuscolano avrà una se non due auto di servizio per turno di giorno e anche di notte. È possibile che nessuno di questi poliziotti abbia letto il manifesto funebre di Casamonica, ovvero abbia notato la casa del capoclan bardata a lutto? Nessuno di questi si è posto il problema di scrivere una relazione a fine turno?



E se l’ha scritta dove è finita? E neanche si può dire che la questura di Roma abbia poca sensibilità su questioni di criminalità organizzata: la guida da non molto un ex capo della Mobile, quindi un dirigente che ha grande dimestichezza con la polizia giudiziaria e che ben conosce il marciapiede, il territorio romano. Stesso discorso per i carabinieri. Quell’area è sotto la giurisdizione di una stazione dell’Arma che dipende da una compagnia, la Casilino, che è tra le più impegnate di Roma sul fronte della criminalità comune e organizzata. Come è possibile che non sia arrivata ai carabinieri la notizia della morte e del funerale del capoclan?



Eppure i carabinieri - di un altro comando - avevano dato il loro assenso alla partecipazione ai funerali del figlio del capoclan, che era agli arresti. Tipico caso della mano destra che non sa quello che fa la sinistra. Eppure l’Arma ha una organizzazione particolare che privilegia, più della polizia, il flusso di notizie verso l’alto, fino al comando generale. Quello di Roma è il comando provinciale più grande d’Italia, per tal motivo è articolato su più Gruppi che svolgono un’importante funzione di raccordo. Ai vertici ci sono ufficiali da comando generale e da forti relazioni istituzionali, militari che conoscono molto bene il Palazzo e le questioni che possono incidere su di esso.



Per ultimi, ma non per ultimo, i vigili urbani. Loro c’erano, quindi di sicuro sapevano. Hanno disciplinato il traffico, ma dovevano fare ben di più soprattutto perché finora a Roma hanno preteso più soldi e più potere. Ripetutamente nella bufera, hanno chiesto e ottenuto di entrare nella centrale d’emergenza unica, di partecipare ai tavoli tecnici con le altre forze dell’ordine, di non essere serie B. Li guida ora un ex dirigente di polizia, della divisione anticrimine della questura di Roma: quando fu scelto, tra le polemiche, si disse che era una garanzia proprio perché era un poliziotto esperto di criminalità. Non è servito.



Ultima considerazione. Quando si svolge una manifestazione con occupazione di suolo pubblico, e quindi anche un funerale con corteo, se ne dà comunicazione al Comune, ovvero ai vigili urbani. I quali trasmettono la segnalazione al commissariato di zona e - nel caso di Roma - alla questura centrale perché vengano esaminati eventuali elementi ostativi. La manifestazione può essere vietata per problemi di ordine pubblico e ciò può accadere anche per un funerale. In questo caso, nessuno si è preoccupato di leggere le carte e capire l’oggetto della pratica.