Strage in tribunale, parla Giardiello: «Ero armato ​al metal detector, chiedo scusa a tutti»

Strage in tribunale, parla Giardiello: «Ero armato ​al metal detector, chiedo scusa a tutti»
di Salvatore Garzillo
Mercoledì 1 Luglio 2015, 08:54 - Ultimo agg. 09:11
2 Minuti di Lettura
«Ho sparato ai simboli di un sistema da cui avevo subito torti». Eccola, finalmente, la verità di Claudio Giardiello, l'uomo che il 9 aprile scorso è entrato nel tribunale di Milano con una pistola e ha sparato a cinque persone, uccidendone tre.



Per tre volte si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ieri, davanti al procuratore capo di Brescia Tommaso Buonanno e al sostituto Isabella Samek Ludovic, l'ex imprenditore ha ricostruito quella mattina minuto per minuto.

«Ha ripercorso tutta la vicenda. È entrato via San Barnaba, dall'entrata con i metal detector, con la sua pistola addosso - ha riferito alla fine dell'interrogatorio il suo legale, l'avvocato Andrea Dondè - ha avuto delle difficoltà, si è dovuto interrompere, ma ha risposto a tutte le domande compreso il tragitto fatto all'interno del tribunale».



Giardiello entra alle 8,40, vaga per mezz'ora per i corridoi prima di sedere nell'aula dove è prevista l'udienza del processo in cui era imputato per la bancarotta della sua società, l'immobiliare Magenta. Da questo momento sappiamo praticamente tutto. Litiga con l'ex difensore chiamato a testimoniare contro di lui (il 37enne Lorenzo Claris Appiani), che uccide per primo; poi spara al nipote, Davide Limoncelli, 40 anni, che rimane ferito, e contro il 60enne Giorgio Erba, che invece muore sul colpo.



Giardiello esce di corsa, va nella stanza del giudice Fernando Ciampi e salda un vecchio conto uccidendolo con due colpi di pistola. Infine, mentre cerca di uscire dal tribunale, gambizza il commercialista Stefano Verna che incontra per caso sulle scale. A quel punto è il caos e lui ne approfitta per fuggire confondendosi tra la folla: sale sul suo scooter e arriva a Vimercate, dove sarà poi arrestato dai carabinieri.



«Giardiello ha chiesto scusa pur consapevole che ora nulla può far arrabbiare quanto uno che chiede scusa - ha continuato l'avvocato Dondè - è però avvilito per i danni arrecati. Lui voleva farla finita quel giorno».