Il mostro di Milano è il marito, ha ucciso moglie e figli per una collega «Volevo tornare libero di rinnamorarmi»

Il mostro di Milano è il marito, ha ucciso moglie e figli per una collega «Volevo tornare libero di rinnamorarmi»
Lunedì 16 Giugno 2014, 05:16 - Ultimo agg. 18 Giugno, 03:40
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​ lui il mostro Carlo Lissi, 31 anni, stato lui a uccidere la moglie, Cristina Omes, di 38 anni, e i suoi due figli Giulia e Gabriele, di 5 anni e di 20 mesi.

L'uomo ha confessato ai carabinieri il triplice omicidio. Tutti e tre sono stati sgozzati e sui loro corpi sono state trovate numerose altre lesioni che non fanno escludere un accanimento. Lo hanno comunicato i carabinieri del Comando provinciale di Milano che conducono le indagini. Al fermo si è giunti dopo un lungo interrogatorio.

Nella conferenza stampa convocata al comando provinciale dei carabinieri a Milano, il procuratore capo di Pavia ha spiegato che la versione raccontata dal marito della donna si è presto rivelata carente, così come di è presto capito che quella della rapina è stata certamente una messa in scena.

«Siamo andati alla ricerca del movente del delitto», ha spiegato, «e quando abbiamo fermato l'uomo, dopo vari interrogatori, è venuta fuori la sua passione, non corrisposta, per una collega. A quel punto è crollato e ci ha detto: "Voglio il massimo della pena". Da lì in poi è stato un fiume in piena, ci ha raccontato tutto. Ci ha anche indicato il tombino dove aveva gettato l'arma del delitto, e lì l'abbiamo ritrovato».

La confessione, hanno ribadito gli inquirenti, non è stata spontanea, ma gli elementi erano talmente tanti che l'uomo è stato "incastrato".

La dinamica. Dopo essersi preso la testa fra le mani e aver invocato per sè il massimo della pena, Carlo Lissi, l'uomo fermato dai carabinieri per l'omicidio della moglie e dei due figli, a Motta Visconti (Milano) «si è come lasciato andare e da quel momento è stato un fiume in piena».

A raccontarlo sono stati, nel corso di una conferenza stampa, il procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e il comandante provinciale dei Carabinieri di Milano, Maurizio Stefanizzi. «Non c'è stato un raptus o un elemento scatenante - hanno aggiunto gli inquirenti - come una lite, o una brutta notizia: Lissi ha agito in modo lucido, nonostante il folle gesto». E mai l'uomo aveva dato adito a violenze in famiglia o a liti particolari con i conoscenti.

Sono circa le 23 quando Carlo e la moglie, Cristina, si trovano nel soggiorno della villa. I bambini dormono di sopra. I due hanno un rapporto sessuale, poi lei si adagia su un divano, a guardare la tv, e lui si alza e va in cucina. Un gesto normale, come per bere un bicchiere d'acqua, ma quando torna impugna un lungo coltello, si porta silenziosamente alle spalle della moglie e la colpisce di punta tra la gola e le spalle.

Lei scatta in avanti, barcolla, si gira, lo guarda negli occhi e gli chiede «Carlo che stai facendo... perchè?», grida «aiuto» (la sua voce verrà sentita dai vicini ma scambiata per un urlo per la partita, anche se non era ancora cominciata) ma come risposta ottiene un pugno che la fa stramazzare al suolo. Una volta a terra lui la colpisce ancora con altri 3 o 4 fendenti, all' addome e alla schiena. Per la donna non c'è scampo.

A quel punto l'uomo sale al piano di sopra, dove ci sono la camera matrimoniale e le due camerette dei bambini. Prima va in quella della figlia di 5 anni, le appoggia una mano sul collo e le affonda con l'altra, di punta, tutto il coltello nella gola. La piccola morirà senza nemmeno svegliarsi. Poi va nella camera grande, dove il fratellino abitualmente viene fatto addormentare per poi essere spostato in cameretta: anche a lui, di soli 20 mesi, l'uomo fa scendere la lama profondamente, di punta, nella gola, tenendo fermo il collo, mentre dorme.

Quindi scende in cantina (è ancora in mutande, dopo il rapporto intimo con la moglie), si fa una doccia, risale, si veste. Ha un appuntamento con un amico per vedere la partita dell'Italia. Come niente fosse si prepara, sale sull'auto, si ferma alcune centinaia di metri dopo, si sbarazza del coltello gettandolo in un tombino, arriva al pub dell'appuntamento, saluta l'amico e guarda la partita. Poi alle 2 torna a casa, e inscena il ritrovamento dei corpi e il panico per la strage della sua famiglia da parte di sanguinari rapinatori per svaligiare la cassaforte. Ma era tutta una bugia.

Il criminologo: «Lissi voleva tornare a "giocare da solo"». Carlo Lissi ha massacrato la moglie e i due figli e poi è andato da alcuni amici, sabato notte, a vedere la partita della nazionale.

Per Vincenzo Mastronardi, docente di psicopatologia forense all'Università "La Sapienza" di Roma, la strage di Motta Visconti covava da tempo nella mente dell'omicida. «Può trattarsi di un immaturo - spiega il criminologo all'Adnkronos - propria cioè di chi non ha maturato la completezza di essere padre e marito, oppure è un caso di anestesia affettiva, un disturbo di personalità che porta a non riuscire a valutare i sentimenti che un essere umano prova nei confronti dell'altro».

Per il criminologo del caso Cesaroni, che ha redatto le perizie di Pietro Maso e Rudy Guede, «l'omicida avvertiva la necessità infantile di tornare ad essere libero. Voleva la possibilità di continuare a giocare in questo mondo con un perverso "big game", l'omicidio, illudendosi che si potesse occultare quello che invece non può essere coperto».

«Quando Lussi ha ucciso i figli - spiega Mastronardi - ha provato un senso di liberazione: voleva tornare a giocare da solo. Attendiamo di conoscere meglio i particolari del caso, ma il fatto che l'uomo abbia sterminato la famiglia e poi sia andato a vedere la partita dell'Italia, dimostra quella insensibilità che è stata tracciata».

L'inchiesta. I carabinieri del Nucleo investigativo, pur in una pluralità di ipotesi, hanno cominciato a propendere per la pista "familiare" subito dopo le prime fasi di indagine. Il fatto stesso che nella strage non fosse stato risparmiato nemmeno il più piccolo dei due bambini, di appena 20 mesi, rendeva meno credibile la pista "esterna" di una sanguinosa rapina, e il mancato ritrovamento dell'arma del delitto nelle immediate vicinanze dei cadaveri rendeva difficile uno scenario di omicidio-suicidio. Tanto da farlo escludere pubblicamente dagli inquirenti già nel pomeriggio di ieri.

L'omicidio. La donna e i suoi due figli sono stati brutalmente assassinati con numerose coltellate in casa, una villa nella zona residenziale di Motta Visconti. I corpi della femminuccia e del fratellino erano rispettivamente nella cameretta e sul letto matrimoniale. Quello della donna riverso a terra in soggiorno.

I primi dubbi. Lissi, dopo l'allarme da lui stesso dato poco dopo le 2 di notte, è stato sentito fino a ieri mattina e poi è stato fatto tornare a casa. Risentito più volte, e confrontate via via le sue dichiarazioni con quelle di amici e testimoni (convocati per tutta la giornata di ieri) e con i primi riscontri scientifici e medico-legali emersi dalla scena del delitto, gli investigatori dell'Arma hanno prima cominciato ad avere dubbi sulla sua versione e poi avrebbero avuto sentore di possibili gravi tensioni nella coppia.

L'interrogatorio nella notte. Stanotte, dopo uno stringente interrogatorio nella caserma della Compagnia di Abbiategrasso (Milano) l'epilogo della vicenda, con le contestazioni formali.

Il marito trasferito in carcere. Carlo Lissi è stato trasferito nel carcere competente per territorio, ovvero quello di Pavia. L'uomo, dopo la formalizzazione delle accuse, è stato trasferito dai carabinieri di Abbiategrasso al carcere di Pavia prima dell'alba.

«Esultava ai gol dell'Italia». Sono davvero stupiti anche gli investigatori dell'Arma, che in poco più di 24 ore hanno risolto il triplice omicidio di Motta Visconti (Milano), per le modalità con cui Carlo Lissi ha confessato di avere ucciso la moglie e i figli e di essere andato, poi, come nulla fosse, a vedere la partita dell'Italia.

Era sabato sera, e l'uomo, tra le 23 e le 23.30, aveva fatto mattanza dei suoi cari. Si è lavato, è salito in auto ed è andato all'appuntamento con un amico che lo aspettava in un pub del paese, lo Zymè, come da programma. «Non tremava, non era nervoso, sorrideva e parlava di calcio, come tutti» dirà un vecchio conoscente, sentito più volte in caserma.

«Ha anche esultato in occasione dei gol di Marchisio e Balotelli», hanno precisato gli inquirenti. Intorno a lui tutti i presenti, una trentina, lo conoscono. Il clima è festoso, con battute, urla, gli occhi incollati al maxischermo, rituali normali in occasione dei Mondiali. Ma l'uomo, dietro di sè, ha lasciato una scia di sangue, e mentre beve una birra e segue con trepidazione le azioni di gioco, a casa Cristina, Giulia e Gabriele giacciono morti da meno di mezz'ora.

Lo stupore dei conoscenti. Incredulità e stupore a Motta Visconti per la svolta nelle indagini sull'omicidio di Maria Cristina Omes e dei suoi due figli dopo la confessione del marito Carlo Lissi. «Ci sembra impossibile, un papà così affettuoso - dice il vicino che abita nella villetta al civico numero 20 confinante con quella della strage - proprio in questi giorni mi ha detto che stava montando la piscina in giardino per i suoi bambini». «Una famiglia così unita e felice, sentivamo la bambina cantare tutto il giorno e quando un bimbo canta vuol dire che è sereno e felice» ha raccontato un'altra vicina che abita sempre in via Ungaretti, nella casa di fronte.

Nessuno riesce a credere che quel giovanotto, come lo chiamano, così a modo, sobrio alle volte anche un pò riservato, abbia potuto commettere una efferatezza simile. «Quando non lavoravano, sia la mamma sia il padre trascorrevano tutto il loro tempo coi bambini - raccontano ancora i vicini - li vedevamo uscire con le biciclette, adesso che era arrivata l'estate di sera a piedi per andare a comprare il gelato». Lo shock nella via è ancora molto forte, l'altra notte quasi tutti erano svegli perchè la partita era appena finita, quando hanno sentito le urla di Carlo Lissi. Alcuni di loro prima ancora che arrivassero carabinieri e ambulanze sono entrati in casa e si sono trovati di fronte la drammatica scena.

Una candela "virtuale", il tributo degli amici per Cristina. Una candela accesa in primo piano con la luce di altre candele sullo sfondo: è questa l'immagine che molti amici di Maria Cristina Omes hanno iniziato a mettere da ieri sera su Facebook al posto della foto del loro profilo.

Un modo per ricordare la mamma uccisa con i suoi due bambini dal marito, Carlo Lissi, sabato scorso. E se gli amici hanno scelto le immagini per dedicare un pensiero a Maria Cristina, altri hanno preferito lasciare messaggi sulla pagina Facebook della mamma di Motta Visconti e anche in quella del marito, assassino reo confesso.

Si va da parole di dolore e stupore («non capisco come si fa ad uccidere parte di te»), ad altre di ribrezzo e condanna («assassino immondo», «a morte»). I messaggi più condivisi di Maria Cristina sono l'ultima frase che ha scritto su Facebook, solo dieci giorni fa, «Anche se nella vita tu ci sei per tutti non è detto che tutti ci siamo per te» e una foto che aveva caricato a maggio «non trattarla male, mai. Potrebbe starci male e poi sentirsi ferita. E credici quando una donna è stata ferita, cambia».

I parenti chiedono il rispetto del silenzio. «La mamma e i parenti di Cristina e dei piccoli Giulia e Gabriele chiedono il rispetto per quanto accaduto alla loro famiglia. Chiedono di essere rispettosi del loro silenzio e del profondo dolore che stanno vivendo». È quanto si legge su un foglio appeso davanti alla villetta di Motta Visconti dove Carlo Lissi ha ucciso la moglie Cristina e i due figli di 5 anni e 20 mesi. «Ringraziano la magistratura i carabinieri e la polizia locale - si legge ancora sul foglio -. Un ringraziamento va anche al comandante della polizia stradale di Pavia per aver collaborato allo svolgimento dell'indagine».

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