Stato-Mafia, assolto l'ex ministro Mannino «per non aver commesso il fatto»

Stato-Mafia, assolto l'ex ministro Mannino «per non aver commesso il fatto»
Sabato 21 Novembre 2015, 01:21 - Ultimo agg. 5 Novembre, 14:27
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Il gup del Tribunale di Palermo Marina Petruzzella ha assolto l'ex ministro Calogero Mannino. È stato assolto «per non avere commesso il fatto».

La Procura aveva chiesto per Mannino, accusato di minaccia a corpo politico dello Stato, la condanna a nove anni di carcere. Questa è la prima sentenza, con il rito abbreviato, del processo sulla trattativa Stato-mafia. Il troncone principale è quello che si celebra davanti alla Corte d'assise di Palermo con dieci imputati, tra cui il generale Mario Mori e l'ex Presidente del Senato Nicola Mancino.

L'ex ministro Dc Calogero Mannino, subito dopo la sentenza di assoluzione emessa dal gip Marina Petruzzella nello stralcio del processo trattativa Stato-mafia ha ringraziato i suoi legali.

Nel processo si erano costituiti parte civile il Comune di Palermo, il Comune di Firenze, la Presidenza della Regione siciliana, il Centro Pio La Torre, Agende Rosse, il sindacato Coisp, Cittadinanza per la Magistratura, Associazione vittime di mafia, Associazione via Georgofili, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Rifondazione comunista.

«Nei miei confronti c'è stato un accanimento da parte dei pm dell'accusa, non dell'intera Procura.

La tesi accusatoria nei miei confronti è tutta fantasiosa». Lo ha detto l'ex ministro Calogero Mannino commentando la sentenza di assoluzione. «Spero sia stata data la parola fine a questo atto, è una decisione coraggiosa che conferma un mio convincimento e principio: si traduce nei termini di fiducia nella giustizia, che non vuol dire fiducia nei pm che rappresentano l'accusa, molte volte ostinatamente pregiudiziali nei miei confronti».

«Ho vissuto questi tre anni di processo abbreviato con grande sofferenza e con grande disagio». E alla domanda se ha mai temuto di essere ucciso dalla mafia dopo l'omicidio Lima, replica: «No, prima dell'omicidio Lima. Io ho temuto di essere ucciso già nel '91».

«Io sono estraneo a ogni possibile trattativa». E alla domanda se, a suo avviso, c'è stata una trattativa tra Stato e mafia dice: «Fin dall'inizio ho sempre detto che ne dubito, ci sono stati dei Carabinieri che sono andati a fare il loro mestiere». E se a suo avviso questa sentenza può avere anche influenze sul troncone principale del processo trattativa dice: «Non so fare questa valutazione. Il mio processo si è concluso con la mia assoluzione per non avere commesso il fatto».

«Un pm ha già annunciato che farà appello alla mia assoluzione? Ecco, questa è la prova della ostinazione accusatoria che dovrebbe essere spiegata da questo pm». Ha detto infine l'ex ministro Calogero Mannino commentando le parole del pm Nino Di Matteo dopo l'assoluzione. Alla domanda se si ritiene una vittima della giustizia dice: «Affatto, semmai una vittima di alcuni pubblici ministeri che stanno continuando una linea politica che era stata loro impartita a cavallo degli anni Novanta, senza dubbio dalla convergenza di interesse tra una parte del partito comunista e la magistratura. Sono sopravvivenze residuali».

Mannino ha quindi concluso, con un chiaro riferimento al direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio: «Ai pm non interessa avere portato in un'aula giudiziaria l'ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano, a loro interessa lo spettacolo che un guitto ha fatto in alcuni cinema in cui impartiva loro gli indirizzi relativi al processo».ù

«Me lo aspettavo? Non avevo fatto pronostici - dice all'ANSA - Ma certo non ho perso la fiducia nella Giustizia e nei giudici. Diverso è il discorso che riguarda certi pm, ostinati, accaniti». Il riferimento, è evidente, è al magistrato Vittorio Teresi che rappresentò l'accusa in primo e secondo grado nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa da cui Mannino fu assolto e che, ora, coordina il pool che ha istruito l'inchiesta sulla trattativa. Mannino va giù duro. «Hanno imbastito una tesi fantasiosa. Immaginate se è possibile che io, per paura di essere ucciso dalla mafia, abbia costretto i carabinieri del Ros, prima, e poi un intero Stato a intavolare un dialogo con le cosche. È vero che avevo un peso politico, ma da qui a condizionare le istituzioni e l'Arma dei carabinieri ce ne passa. Diciamo che era una favoletta». «E poi - prosegue - per me parlano i fatti: io sostenni politicamente l'iter del maxiprocesso istruito da Falcone e Borsellino e appoggiai il trasferimento di Falcone agli Affari penali del ministero della Giustizia a fianco del ministro Martelli. Altro che appoggio a Cosa nostra in cambio della salvezza». Nella tesi dei pm Mannino, sapendo di essere nel mirino delle cosche dopo l'esito infausto del maxiprocesso, tramite il Ros avrebbe indotto lo Stato a trattare. «Io - dice - ho rappresentato la svolta che la Dc ha impresso nella sua azione di contrasto alla mafia». L'ex ministro definisce «coraggiosa» la sentenza che l'ha assolto. «Ho scelto l'abbreviato - spiega - perchè volevo distinguere la mia posizione da quella dei boss imputati nel processo che prosegue davanti alla corte d'assise». «Per me - dice - è la fine di un incubo giudiziario. Sono vittima di pm che stanno proseguendo una linea politica che, in una certa fase storica, ha visto Pci e parte della magistratura impegnati nel tentativo di sbaragliare la Dc». Pesanti le critiche rivolte all'ex aggiunto Antonio Ingroia, che, dopo una breve esperienza in politica ha lasciato la toga, e ha istruito l'inchiesta sulla trattativa. «Poi è fuggito», ha detto. E pesanti quelle fatte al giornalista Marco Travaglio. «Un guitto che fa soldi nelle sale cinematografiche parlando del processo». «Sono stanco - conclude Mannino - Ho 77 anni. Finalmente, però, dopo anni di lotta nelle aule di giustizia, provo serenità. È stata riconosciuta la mia innocenza. Ed è importante per me e la mia famiglia».