Operazione antiterrorismo, arrestati italiani convertiti alla jihad pronti a colpire

Operazione antiterrorismo, arrestati italiani convertiti alla jihad pronti a colpire
Mercoledì 1 Luglio 2015, 08:16 - Ultimo agg. 2 Luglio, 08:45
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Operazione contro il terrorismo in Italia: numerosi gli arresti e le perquisizioni nelle province di Milano, Bergamo e Grosseto e in una cittadina dell'Albania. Gli ordini di arresto della procura di Milano riguardano albanesi residenti in provincia di Grosseto, in particolare parenti di Maria Giulia Sergio: Arta Kacabuni, 41 anni, zia del marito della convertita all'Islam, la suocera dell'italiana e lo zio dell'uomo, Baki Coku, 37, in questi giorni in Albania ma abitante ad Arcille di Campagnatico (Grosseto).



Gli arresti. La Polizia ha eseguito cinque delle 10 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di 10 persone (4 italiane, 5 di nazionalità albanese ed 1 di nazionalità canadese), accusate a vario titolo di associazione con finalità di terrorismo e di organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo.



Le indagini hanno permesso di accertare che gli indagati fanno parte di due nuclei familiari, di cui uno formato da cittadini italiani convertiti da qualche anno all'Islam e determinati a partire per la Siria, l'altro composto da cittadini di nazionalità albanese residenti nella provincia grossetana. Il collante tra le due famiglie è rappresentato da una giovane coppia che si unisce in matrimonio nel mese di settembre scorso, per poi partire alla volta della Siria.




Pianificavano attacchi. La cellula terroristica smantellata dai carabinieri del Ros, che hanno arrestato oggi due maghrebini e indagato un terzo già in carcere, «si proponeva anche - sottolineano gli investigatori - la pianificazione ed esecuzioni di atti terroristici in Italia e in Nord Africa». - Durante le indagini, la collaborazione con le autorità marocchine ha anche consentito di sventare, nel 2012, un attentato terroristico al Mawazzine Festival di Rabat.



Chi sono gli arrestati. Nel blitz antiterrorismo condotto dalla Digos e coordinato dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, e dal pm Paola Pirotta, sono stati arrestati il padre, la madre e la sorella di Maria Giulia Sergio, la giovane italiana partita tempo fa per andare a combattere in Siria e di cui si era già parlato nei mesi scorsi. La famiglia della ragazza vive ad Inzago, nel Milanese. Tra gli arrestati c'è anche lo zio e il marito albanese della giovane. Sergio, il marito e la madre di quest'ultimo sono tutti e tre in Siria a combattere per la Jihad.

Al padre e alla madre di Maria Giulia Sergio è stato contestato l'articolo 270 quater del codice penale che punisce chi organizza la partenza di combattenti con finalità terroristiche, come previsto dal decreto legge antiterrorismo approvato in via definitiva lo scorso aprile. Tra le accuse contestate agli altri arrestati c'è l'articolo 270/bis, ossia il reato di terrorismo internazionale introdotto dopo l'11 settembre 2001.



L'italiana convertita alla jihad. L'attività investigativa, avviata lo scorso ottobre, ha quindi riguardato in particolare Maria Giulia Sergio, 27 anni, napoletana, che dopo la conversione all'Islam nel 2009, è poi partita insieme al marito alla volta della Siria, per raggiungere lo Stato Islamico e partecipare al jihad. Le attività tecniche degli investigatori, spiega una nota della Polizia, hanno consentito di ricostruire il percorso seguito dalla giovane coppia per il raggiungimento della Siria. In particolare attraverso l'intercettazione dell'utenza, in uso ad un coordinatore dell'organizzazione dei foreign fighters dello Stato Islamico, è stato possibile ricostruire l'attività di smistamento degli stranieri che da varie parti del mondo partono per raggiungere il Califfato. Intercettata la donna avrebbe detto più volte di essere pronta a immolarsi.



È una «fotografia particolarissima» quella che le conversazioni da più parti intercettate nell'operazione fanno del fenomeno dei «foreign fighters». Gli inquirenti hanno sottolineato che si tratta di una delle prime indagini sull'organizzazione terroristica che riguarda lo stato islamico. Il lavoro svolto ha permesso di ricostruire il ruolo sovranazionale di alcuni soggetti e di comprendere i meccanismi di coordinamento del reclutamento dei foreign fighters.



Dai paesi europei arrivano solitamente nel territorio turco - come nel caso di Maria Giulia Sergio e Aldo Kobuzi - e a quel punto i reclutatori danno indicazioni su come spostarsi in Siria e smistarsi sul territorio dello stato islamico a seconda della provenienza. Una volta a destinazione gli uomini spesso diventano mujahed dopo un addestramento di circa 6 settimane, come il marito di Maria Giulia Sergio, mentre le donne restano a casa dedicandosi alle attività di reclutamento, on line e telefoniche, spesso in primis verso il proprio nucleo famigliare.



Dalle intercettazioni delle conversazioni telefoniche tra la donna, i suoi genitori e la sorella Marianna, in italiano, gli inquirenti hanno avuto accesso per la prima volta a informazioni riguardanti regole di reclutamento e di condotta sul territorio islamico. «È chiaro che chi arriva ha il dovere di svolgere una attività importante per convincere altri a fare i foreign fighters», ha spiegato il procuratore Maurizio Romanelli, accennando a regole da rispettare sul territorio. Ad esempio arrivati in Turchia è necessario cambiare scheda del telefono, non sono ammessi cellulari di ultima generazione e i bagagli devono essere essenziali.



Dalla storia di Sergio emerge anche che le donne per essere reclutate e spostarsi dall'Europa devono essere accompagnate da un marito con la stessa «vocazione» islamista.
Martellante invece deve essere l'opera di convincimento verso i propri parenti, senza alcuna comprensione per i miscredenti anche se appartenenti al proprio nucleo famigliare.


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