Medicina, scoppia la rivolta per i test: università e rettori bocciano Giannini

Medicina, scoppia la rivolta per i test: università e rettori bocciano Giannini
di Camilla Mozzetti
Domenica 25 Maggio 2014, 09:11 - Ultimo agg. 09:25
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La considerano una battaglia di civilt in nome della Costituzione italiana: che il diritto allo studio sia garantito a tutti e non solo a chi supera in sessanta minuti i famigerati test d’ammissione alla facolt di Medicina e chirurgia.

Una battaglia di civiltà in difesa di chi desidera solo studiare e magari poter indossare, un giorno, il camice bianco, come accade del resto nella maggior parte dei paesi europei. Le associazioni di categoria, dall’Unione studenti universitari alla Rete studenti medi, per anni hanno portato avanti questa battaglia. E ora il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, sembra aprire qualche spiraglio, mostrandosi intenzionata a tutelare in primis l’interesse degli studenti. Tuttavia, la proposta di abolire i test d’ammissione per la facoltà di Medicina, a partire dall’anno accademico 2015/2016 dopo dieci anni dall’introduzione e un sistema universitario che nel corso del tempo si è andato modulando per rispondere a queste selezioni, non ha ricevuto l’applauso e l’incoraggiamento da parte degli atenei.



I NODI

Da Milano Bicocca a Palermo, da Padova a Catania, passando per La Sapienza, Tor Vergata, Bologna il sentimento è unanime: «Così si rischia di far implodere le facoltà». Il motivo? Diverse le repliche di rettorati e consigli delle principali facoltà di Medicina italiane, che accusano la ministra di proporre una rimodulazione quasi impossibile e di farlo, per giunta, in vista delle elezioni europee. Il Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, ha chiesto un confronto immediato con il ministro per poter discutere i contenuti e le modalità di tale scelta. Quello che molti presidi di facoltà accusano è l’incapacità degli atenei di poter sopportare una mole d’iscrizioni, destinata a restare costante se non addirittura ad aumentare nei prossimi anni. Ben 63 mila sono stati gli studenti che per la tornata 2014/2015, lo scorso 8 aprile, hanno sostenuto i quiz. Appena 10.551 i posti disponibili nelle 37 facoltà di Medicina sparse nella penisola. «Se la proposta della Giannini dovesse trasformarsi in realtà – fa di conto Vittorio Locatelli, a capo del coordinamento didattico della facoltà di Medicina della Milano Bicocca – gli atenei non saprebbero dove mettere gli studenti».



LE RISORSE

In sostanza, mancano aule, professori, risorse economiche. L’aula più grande, sempre alla facoltà milanese, non contiene più di 150 studenti, i posti disponibili quest’anno erano 135, più sette riservati agli studenti extracomunitari, i candidati sono stati 1.400. «Se dovessero restare gli stessi anche il prossimo anno – conclude Locatelli – non avremmo né docenti né strutture didattiche capaci di ospitarli». Stesso scenario a Roma Tor Vergata dove i posti disponibili sono, da anni, 220 ma i candidati lo scorso aprile sono stati 2.104. Alla Sapienza i numeri triplicano. Ogni anno sono circa 10 mila i candidati che cercano di superare i test. I posti? Appena 833. «L’università non potrebbe reggere l’urto – sentenzia il Rettore, Luigi Frati – a quel punto ci dovrebbero dare il Foro Boario per accoglierli tutti».



E lo scenario, provocazioni a parte, è il medesimo in tutte le facoltà italiane. Da Padova, il Rettore Giuseppe Zaccaria, pur considerando opportuno una rivisitazione dei test, accusa lo stesso problema. «Gli atenei più importanti e attrattivi, fra i quali in testa c’è proprio quello di Padova – afferma – sarebbero chiamati a sopportare un carico di studenti impensabile sia a livello organizzativo, sia come qualità della didattica». Impossibile, dunque, per le università tornare al passato, quando per diventare medici non c’erano sbarramenti né test d’ingresso. All’epoca, tuttavia, non c’era l’obbligo di frequenza, s’iscrivevano in molti, ma frequentavano in pochi e l’autoselezione faceva il resto. La percentuale di abbandoni tra gli anni Sessanta e gli Ottanta superava il 40%, oggi non si va oltre lo 0,1%. E poi c’è il problema del post-lauream, con il rischio di aumentare la pletora dei disoccupati, giacché le Scuole di specializzazione non riescono a sopportare più di quattromila studenti ogni anno.



IL MINISTERO

Da viale Trastevere il ministro intende comunque proseguire sulla strada del cambiamento. Dei tavoli di confronto con i rettorati e le associazioni ci saranno, ma un’equipe è già all’opera per delineare le modifiche dell’accesso a Medicina. A luglio dovrebbe essere pronta la bozza del progetto, che prevederebbe una rimodulazione alla francese, tuttavia parziale. Le selezioni, infatti, non saranno abbandonate completamente, ma posticipate con i test al secondo anno o alla fine del primo, necessari per valutare la preparazione degli studenti e individuare quelli più meritevoli. Nel frattempo un’idea, su come impedire l’effetto imbuto e il collasso nelle facoltà con l’accesso libero a tutte le matricole, aleggia tra i corridoi di viale Trastevere: spostare tutte le materie specialistiche al secondo anno e lasciare al primo quelle che possono essere seguite dagli studenti anche in altre facoltà che ogni anno hanno un numero d’iscritti inferiore rispetto alle offerte di aule e didattica, come Biologia, Chimica, Fisica, Farmacia e Matematica.








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