Varese, scoperto dormitorio-lager per gli operai del Sud

Varese, scoperto dormitorio-lager per gli operai del Sud
di Marco Esposito
Domenica 9 Novembre 2014, 18:19 - Ultimo agg. 18:22
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Nel film «Pane e cioccolata» l’emigrante ciociaro interpretato da Nino Manfredi si adatta a vivere in un pollaio pur di lavorare in Svizzera. Era il 1973. Nel 2014 diciassette operai, di cui dodici della Basilicata, per lavorare in Svizzera vivevano in un capannone a Germignaga, in provincia di Varese, a pochi chilometri dal confine.

Il piano terra del capannone era una normale officina, dietro la quale si nascondeva, su tre livelli, un’area adibita ad alloggi con una saletta comune per il pranzo, un cucinino, un bagno e diverse stanzette senza finestre e miseramente arredate.

La scoperta, racconta il sindaco di Germignaga Marco Fazio, mercoledì sera, quando era scattato l’allarme per lo straripamento del fiume Margorabbia, che in quel punto si immette nel lago Maggiore. «Stavo coordinando l’unità di crisi - racconta Fazio, 32 anni - quando mi hanno segnalato una situazione poco chiara, con persone che non volevano lasciare i loro alloggi, in una zona però dove non ci sono abitazioni». Il capannone era stato affittato a inizio anno da Vincenzo Perretta, un imprenditore lucano con uno stabilimento in Svizzera. Ma nessuno in paese si era accorto che il capannone era stato trasformato in alloggi.

Abusivo l’allaccio elettrico. Abusivi ovviamente i lavori per la trasformazione dell’area in abitazioni. «Quando ho fatto il sopralluogo con i tecnici - racconta Fazio - siamo entrati in quella che sembrava un’officina. Ma sul retro c’era, ben nascosta, una struttura su tre livelli. Perrotta era lì ma non sembrava affatto preoccupato per quel che stavamo scoprendo, minimizzava. L’ho fatto venire in Comune e gli ho notificato l’ordinanza di sgombero e quella per l’abuso. Lui sembrava tranquillo e mi ha solo detto che non era riuscito a trovare di meglio per i suoi operai».

Cinque gli stranieri (tre romeni, di cui una donna, un polacco e uno svizzero) e dodici gli italiani, tutti di Francavilla sul Sinni, in provincia di Potenza. Gli inquirenti stanno ancora accertando le documentazioni ma sembra che operai avessero un regolare permesso per lavorare in Svizzera. È presumibile che facessero i pendolari tra Francavilla a Germignaga - 1.064 chilometri - e tra Germignaga e la Svizzera - il confine con il Canton Ticino dista 3 chilometri - ma nessuno in paese, che conta 3.800 abitanti, sembra aver notato nulla di quel che accadeva in via Alessandro Volta.

«In paese c’è una forte presenza di persone che arrivano dal Sud - osserva il primo cittadino, tessera del Pd in tasca - però mi sembra assurdo che nessuno si sia accorto che quella zona era stata trasformata in abitazioni. Io sono giovane ma i più anziani mi raccontano che sembra di essere tornati a fatti di quaranta o cinquant’anni fa. Sarà l’ennesimo effetto della crisi: anche qui stanno chiudendo tante aziende».

Mercoledì notte il fiume è straripato e l’acqua ha invaso la zona industriale, allagando il capannone. Ma gli operai sono rimasti lì dentro, al freddo, mentre l’acqua saliva, senza chiedere aiuto a nessuno nonostante il rischio di annegamento e quello di rimanere folgorati per il contatto dell’acqua con l’impianto elettrico, fatiscente.

E quando sono arrivati i soccorsi, in un primo momento si sono rifiutati di uscire. Alla polizia di Luino, che li ha interrogati, hanno dichiarato: «O era così, o niente». In «Pane e cioccolata» i disperati che vivevano nel pollaio dicevano: «Abitamo lì». E Manfredi: «Ma è un pollaio!» «Era, era, adesso i polli non ci sono più». «Ma sempre pollaio è». «Ma che modo di ragionare figlio mio: il padrone ce l’aveva offerta una casa ma dovevamo pagare, questa qua invece è gratuita».