Yara, il super testimone: «C'era un uomo nel campo, rimase a fissarmi»

Yara, il super testimone: «C'era un uomo nel campo, rimase a fissarmi»
di Claudia Guasco
Venerdì 18 Settembre 2015, 13:23 - Ultimo agg. 20 Settembre, 11:01
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BERGAMO - Sabato 26 febbraio 2011 "era un buon giorno per volare". Cielo sereno, ottima visibilità, ninete nubi all'orizzonte. Ilario Scotti, aeromodellista, prende il suo velivolo telecomandano e va al campo di Chignolo d'Isola. E qui, per effetto di una virata venuta male, l'aereo plana a pochi metri dal corpo di Yara Gambirasio.





«Ho visto un mucchio di stracci, a una seconda occhiata ho capito che non era così», racconta. Mentre attende che arrivino i soccorsi si accorge di una presenza inquietante: qualcuno lo sta fissando dai bordi del campo. «Sale in cima a un panettone di cemento, resta lì per un quarto d'ora, poi monta in auto e se ne va».



ULTIMO AGGANCIO ORE 18,55 Seconda udienza del proceso a Massimo Bossetti, imputato per l'omicidio della ragazzina di Brembate. Il muratore di Mapello sorride sventolando la mano quando vede la sorella tra il pubblico, si siede in prima fila accanto ai suoi avvocati e assiste alla sfilata dei testimoni. Felpa blu, jeans, ascolta con attenzione e guarda dritto negli occhi Keba, la sorella di Yara, il "fidanzatino" della ginnasta, il padre della compagna di ritmica che, tra le 18,40 e le 18,45 di venerdì 26 novembre 2010, è stata l'ultima persona a vederla viva. Tranne il suo assassino. Ci sono percorsi da ricostruire, orari da far collimare e quel personaggio misterioso che spunta dal racconto di Scotti.




«Non era molto alto, aveva pochi capelli, un'età tra i 50 e i 55 anni, indossava un giubbetto da pensionato. Mi ha guardato a lungo, poi è salito sulla sua utilitaria e se n'è andato». Altro particolare oscuro è l'aggancio alle celle telefoniche del cellulare di Yara la sera della sua scomparsa. Quando, alle otto e mezza di sera, Fulvio Gambirasio va nella caserma dei carabinieri di Ponte San Pietro, il brigadiere Santino Garro inoltra al nucleo investigativo la richiesta di geolocalizzazione del telefono tramite il "sistema Carro". Risposta: è nel nord Italia, in una zona tra Monza e Vercelli. Distante da Brembate, da cui Yara non si è mai mossa. "E' un sistema generico e che per fortuna poi è stato abbandonato", spiega la pm Letizia Ruggeri. Dopo mezzanotte Vodafone segnala l'ultimo aggancio prima che il cellulare della dodicenne si spenga per sempre: ore 18,55, località Brembate.



"AGILE E MUSCOLOSA" Tocca alla sorella Keba e a Mattia Foresti, amico del centro estivo dell'oratorio, ricostruire il piccolo mondo di Yara.
Semplice, cristallino, senza segreti. "Se fosse successo qualcosa di preoccupante lo avrei saputo, se avesse avuto qualche approccio me lo avrebbe detto", afferma la ragazza. Assicura che si sarebbe accorta se ci fosse stato qualcosa di strano nei giorni precedenti alla sparizione di Yara e lascia intendere che la sorella non era una preda inerme e sprovveduta: "Era agile, anche muscolosa. Era sveglia». Non aveva diari segreti, ma un diario scolastico che ogni tanto guardava per controllare che Yara avesse fatto i compiti. Usava il computer di casa, Keba ne aveva uno personale del quale era molto gelosa: proprio nei giorni della scomparsa della sorella aveva modificato password e account.




«Bossetti? Non l'ho mai visto. Non ho mai sentito parlare di lui nè dei suoi familiari prima dell'arresto», ribadisce Keba. L'unica "simpatia" della breve vìta della ginnasta è stata per Mattia, oggi un ragazzo di diciotto anni. «"E' stata la mia fidanzatina tra luglio 2008 e agosto 2009. Ci mandavano messaggi con il telefonino, parlavamo delle nostre passioni, delle nostre storie», ricorda. Lui avrebbe voluto incontrarla, lei rispondeva: "Mia mamma non mi lascia, sono troppo piccola".
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