Ferguson, parla poliziotto: «Sembrava un demonio era come Hulk»

Ferguson, parla poliziotto: «Sembrava un demonio era come Hulk»
Martedì 25 Novembre 2014, 19:21 - Ultimo agg. 19:23
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L'agente Darren Wilson temeva per la sua vita e ha ucciso Michael Brown sostanzialmente per legittima difesa: è quanto emerge dalla testimonianza del poliziotto al Gran giurì.

«Sembrava un demonio. Stava per afferrare la mia pistola, gli ho sparato, l'ho ucciso», si legge nella trascrizione resa pubblica ieri sera dopo l'annuncio della decisione dei 12 giurati di non incriminarlo. In America, gli atti del Gran giurì sono segreti e quando non c'è una incriminazione, come nel caso dell'agente Wilson, rimangono secretati. Ma, con un procedimento insolito dopo le deliberazioni, le trascrizioni delle testimonianze che i giurati hanno ascoltato in due mesi sono state pubblicate. Ieri sera, funzionari hanno reso disponibili 24 volumi di materiale che hanno coperto 23 incontri tenuti dal Gran giurì, dal 20 agosto al 21 novembre.



Il racconto. «Non ho mai visto così tanta aggressione semplicemente per aver chiesto a qualcuno di camminare sul marciapiede», ha raccontato Wilson. Quel giorno del 9 agosto, l'agente era intervenuto dopo la segnalazione di un furto di sigari. Si è avvicinato al teenager a bordo della sua auto, dopo aver verificato che si trattava del giovane descritto dal negoziante, e gli ha chiesto di avvicinarsi. «Mentre cercavo di aprire la portiera, lui si è girato e mi ha guardato, poi me l'ha sbattuta in faccia. Gli ho chiesto di indietreggiare, ma lui mi fissava, quasi in un gesto di intimidazione o di sopraffazione», ha detto al Gran giurì.



Sembrava Hulk. A quel punto, secondo il suo racconto, Brown lo aggredisce dentro l'auto con un pugno. Poi un altro. Il poliziotto cerca di reagire, ma «mi sentivo come un bambino di 5 anni che afferra Hulk». Il suo racconto è corroborato dalle foto rese pubbliche ieri e scattate dopo la sparatoria. Pochi lividi in realtà sul collo e sul viso, ma che confermerebbero che Mike Brown lo ha aggredito nella sua auto. Il poliziotto racconta che il giovane ha poi cercato di afferrargli la pistola: «La sua mano era sopra l'arma, vedevo già la pallottola colpirmi al fianco».



La colluttazione. Wilson riesce ad avere la meglio nella colluttazione e spara un colpo. «Gli altri erano andati a vuoto. Lui mi fissava, sembrava un demonio. Poi un colpo ha spaccato il vetro dell'auto». Mike si allontana, il poliziotto lo insegue. Entrambi si fermano, il teenager si gira verso l'agente. «Gli ho chiesto di mettersi a terra, ma lui ha alzato una mano nel gesto del pugno e ha messo l'altra nella cintura, iniziando a correre verso di me. A quel punto ho sparato. Ma lui non si fermava. Ho sparato altri colpi e lui continuava a fissarmi come se non fossi neanche lì».



12 proiettili. Wilson non sa quanti proiettili lo abbiano ferito (le autopsie hanno stabilito che ne sono stati sparati 12). «So che era stato colpito, ma non so dove, continuava ad avanzare mentre io indietreggiavo.
Stava per attaccarmi. Allora ho guardato a terra e ho sparato di nuovo. Tutto quello che ho visto era la sua testa ed è a quella a cui ho mirato. Non so quanti colpi ho sparato. So almeno una volta perchè ho visto che l'ultimo proiettile lo ha colpito. È diventato bianco, sapevo che si era fermato, che la minaccia era finita». Così Mike Brown è crollato con il viso verso l'asfalto.
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