Il gesto folle che scardina ogni sicurezza

di Giuliano da Empoli
Giovedì 26 Marzo 2015, 23:44 - Ultimo agg. 27 Marzo, 12:05
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Per come la stanno ricostruendo gli inquirenti in queste ore, la vicenda del volo Germanwings precipitato martedì mattina sembra un thriller concepito a tavolino per fare leva su tutte le nostre paure. Quella del volo, che un po’ c’è sempre, per quanto razionali e abituati si possa essere.

E poi l’incubo del folle, colto da un raptus, che decide di coinvolgere centinaia di persone nel gesto autodistruttivo del suicida. Per una volta, dunque, sembra che il terrorismo non c’entri. Il giovane co-pilota che ha guidato l’aereo fino allo schianto non aveva - almeno in apparenza - alcun legame con l’estremismo politico e religioso. Eppure, a pensarci bene, il terrorismo c’entra in ogni caso.

È a causa delle misure di sicurezza prese dopo l’11 settembre che il pilota, rimasto chiuso fuori dalla cabina di pilotaggio, bloccata dall’interno, non ha potuto rientrare. Se gli stessi fatti si fossero prodotti prima di quella data, il suicida sarebbe stato neutralizzato, il pilota anziano avrebbe ripreso i comandi dell’aereo e la cosa sarebbe finita più o meno lì.

Da qualche anno, invece, per timore che un passeggero malintenzionato possa impadronirsi dei comandi, la cabina di pilotaggio si è trasformata in una specie di bunker inespugnabile. Come si è visto martedì mattina, quando il pilota ha tentato in tutte le maniere di sfondare la porta, mentre il suo assistente puntava dritto sulle montagne.



Ora, il problema non è che le misure prese per mettere in sicurezza la cabina di pilotaggio siano sbagliate. È molto probabile, al contrario, che abbiano impedito il ripetersi di attentati kamikaze sul modello dell'11 settembre. Il problema è che il rischio zero non esiste. E che qualsiasi misura di sicurezza è destinata a produrre, inevitabilmente, un certo numero di conseguenze impreviste e di effetti perversi. Oggi si parla - con ragione - di esami psicologici più approfonditi sui piloti e di altre misure suscettibili di ridurre il rischio di tragedie come quella di martedì.

In un film di qualche anno fa - Minority Report - le forze dell'ordine arrivavano a incarcerare le persone sulla base dei loro pensieri e delle loro intenzioni. Viviamo in una società nella quale tutto è digitale e calcolabile, cullati dall’illusione che un algoritmo arriverà prima o poi a prevedere il futuro e a liberarci da ogni incertezza. Per questo siamo sempre più vulnerabili nei confronti dell'imprevisto, che si tratti di un attentato, di una crisi o di un semplice atto di follia come quello che allo stato dell’inchiesta sembra essersi verificato l’altro giorno.



Non ci sono limiti all’inflazione delle misure, delle contro-misure, delle contro-contro-misure e così via. Ma l’unica vera certezza è che la sicurezza assoluta non esiste. E che le società che ne coltivano l’illusione vanno incontro, molto spesso, a traumi più gravi di quelle che accettano di incorporare una dose di imponderabile nella loro concezione del mondo.