Isis, orrore in Yemen: 23 ribelli houthi uccisi dai jihadisti

Isis, orrore in Yemen: 23 ribelli houthi uccisi dai jihadisti
di Federica Macagnone
Lunedì 14 Dicembre 2015, 20:04 - Ultimo agg. 6 Dicembre, 09:44
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Questa volta l'orrore arriva dallo Yemen. L'Isis ha pubblicato on line una serie di video in cui vengono mostrate le esecuzioni di 23 uomini uccisi con tecniche differenti ma tutte orripilanti: le vittime sono ribelli Houthi, detti anche "Ansar Allah" (Partigiani di Dio), che rappresentano la minoranza sciita del Paese e combattono sia il governo centrale yemenita guidato da Abd Rabbo Mansour Hadi sia al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), la più forte divisione del gruppo terroristico.

In un video, quattro uomini in tute arancioni vengono uccisi dalla deflagrazione di esplosivi che erano stati appesi ai loro colli con un cordino. Sei uomini, invece, sono stati fatti saltare in aria: i jihadisti hanno fatto allineare i prigionieri e hanno scagliato loro contro un razzo. Altri sei ribelli sono stati costretti a salire su una piccola barca e, una volta al largo, sono stati fatti saltare in aria. Infine, in nove sono stati uccisi attraverso una pratica tanto cara ai jihadisti: lo sgozzamento. Le clip delle esecuzioni sono state pubblicate on line e, in queste ore, stanno rimbalzando sui profili dei sostenitori dello Stato Islamico.

La crisi yemenita. Lo Yemen è un Paese diviso da quella che molti analisti hanno definito una “guerra civile”. La crisi è iniziata nel 2011, quando il dittatore Ali Abdullah Saleh, che aveva guidato il paese per 33 anni, è stato costretto a ritirarsi, lasciando il posto al vice Hadi che nel 2012 ha vinto le elezioni, ma non è mai riuscito ad affermare la sua autorità in un Paese profondamente diviso. Sostenuto dagli Usa e dalla maggior parte dei paesi del Golfo per il suo impegno nella lotta agli estremisti islamici che avevano conquistato gran parte della zona meridionale e orientale dello Yemen, Hadi non è riuscito ad arginare l'avanzata degli houthi, il gruppo ribelle del nord a maggioranza sciita, che ha conquistato Sana'a nel settembre 2014. A febbraio Hadi è stato costretto a scappare nella città meridionale di Aden, poi ha abbandonato il Paese alla volta dell'Arabia Saudita, per poi tornare a novembre quando è scattata l'offensiva delle forze filogovernative yemenite, appoggiate dai raid aerei della coalizione araba guidata dall'Arabia Saudita, con l'obiettivo di strappare ai ribelli sciiti houthi il territorio della provincia di Taez, nello Yemen sud-occidentale.

Terza coalizione che si contende il potere è Al Qaeda nella penisola araba le cui forze, da anni presenti nelle regioni centro-orientali, hanno colmato molti vuoti creati dalla guerra civile: nelle ultime settimane Aqap ha allargato i suoi territori e ha ripreso il controllo delle città di Zinjibar e Jaar nel sud dello Yemen, conquistate quattro anni fa dai comitati di resistenza popolare che combattono i miliziani sciiti houthi.

Tra le pieghe di questo conflitto si sta insinuando lo Stato Islamico che ha annunciato il suo arrivo nello Yemen a marzo con una serie di attacchi kamikaze che hanno distrutto due moschee houthi di Sana'a, uccidendo 135 persone e infliggendo un duro colpo a un Paese da sempre roccaforte di al Qaeda: non è ancora una quarta potenza, ma i video del terrore che arrivano dallo Yemen vogliono essere una sfida ai poteri in conflitto nello Stato. La preoccupazione è che in un Paese a maggioranza sunnita governato da una minoranza sciita (rappresentano solo un terzo della popolazione dello Yemen), alla fine i jihadisti (Al Qaeda o lo Stato islamico) la possano spuntare: molti sunniti, infatti, potrebbero pensare che la soluzione migliore potrebbe essere affidarsi ai terroristi in grado di rompere il dominio degli sciiti che, nonostante sporadiche lotte intestine, governano il Paese da molto tempo.