Ha l'Hiv e aspetta un secondo figlio: «Se nasce con il virus non è la fine del mondo»

Amanda Mammadova e il marito Ali
Amanda Mammadova e il marito Ali
di Federica Macagnone
Domenica 23 Novembre 2014, 09:45 - Ultimo agg. 10:06
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Sieropositiva e mamma bis. Amanda Mammadova, 34 anni, è rimasta incinta del suo secondo bambino nonostante il rischio di trasmettere il virus al marito e al figlio.



La donna ha detto che «non sarebbe la fine del mondo» se il suo bambino nascesse malato, aggiungendo: «Avere l'HIV non inciderebbe sulla vita di mio figlio».







Ad Amanda venne diagnosticato il virus nel 2010 (appena tre mesi dopo aver conosciuto il marito Ali, un turco, di 29 anni): lo aveva contratto da un ex-partner che non sapeva di essere malato. Lei aveva paura che il nuovo fidanzato troncasse la relazione, ma lui, al contrario, promise di aiutarla e sostenerla: si sposarono otto mesi dopo.



Amanda è di Milton Keynes, nel sud-est dell'Inghilterra, non lontano da Londra, e ha una figlia di 14 anni, nata da una precedente relazione. Il nuovo marito voleva avere un figlio insieme a lei, a costo di rischiare di ammalarsi di HIV anche lui. Oggi hanno una bimba di 21 mesi, Saabria, concepita con un rapporto sessuale non protetto: la piccola è nata senza HIV e lui non è rimasto contagiato. Poi hanno deciso di raddoppiare e ora sono in attesa di un nuovo figlio che nascerà a giugno.



Se una madre sieropositiva prende farmaci anti-virali appropriati durante la gravidanza e non allatta, il rischio di trasmettere il virus al bambino è di circa l'1 per cento. Per la signora Mammadova questo rischio è ulteriormente ridotto, dato che lei è una "elite controller", cioè ha un sistema immunitario ultra-efficace nel controllare il virus. Pazienti di questo tipo hanno un bassissimo rischio di trasmettere l'HIV ai partner durante il sesso o, durante la gravidanza, al bambino. Dal momento della nascita, comunque, la madre e il bambino riceveranno un ciclo di trattamento anti-HIV che contribuirà a ridurre i rischi di trasmissione.



Amanda ha in ogni caso ammesso che esiste una possibilità che il virus possa essere trasmesso al marito o al figlio. Se restassero contagiati, avrebbero comunque la stessa aspettativa di vita di qualunque persona sana, ma, per tutta la loro esistenza, dovrebbero seguire ogni giorno una terapia medica ed effettuare check-up regolari.



Se il loro sistema immunitario fosse gravemente compromesso - ad esempio attraverso lo sviluppo di un'altra malattia - il tutto potrebbe svilupparsi in AIDS, la fase successiva della malattia, in cui l'aspettativa di vita media è di tre anni.



La signora Mammadova ha detto che, ovviamente, vorrebbe che il suo bambino nascesse senza virus, ma ha aggiunto: «Io non sarei devastata se mio figlio avesse l'HIV. Non è più una condanna a morte, non impedirebbe loro di realizzare tutto quello che vogliono. A me non ha rovinato la vita: di fatto, è andata meglio da quando mi è stata diagnosticata la malattia. Avere l'HIV non è la fine del mondo, è qualcosa con cui si può convivere».



Amanda ha specificato che suo marito Ali che suo marito si sottopone al test dell'HIV ogni sei mesi. «Ali mi ha sempre sostenuto ed è disposto a correre il rischio di contrarre il virus pur di far sì che noi due siamo una coppia normale. Mi ha rassicurato di non essere preoccupato, perché io sono sua moglie e lui voleva concepire un figlio in modo naturale».



«Io ho sempre voluto una famiglia, ma quando mi è stata diagnosticata la malattia ho pensato che le mie possibilità erano state distrutte - continua Amanda - Ho anche una figlia più grande ed ero preoccupata dal fatto che forse non avrei potuto vederla crescere. I medici, invece, mi hanno regalato una speranza per il futuro. Vorrei che la gente capisse l'importanza di effettuare i test: una diagnosi fatta quando l'HIV è nelle fasi iniziali può salvare molte vite».



Daisy Ellis, direttore della Terrence Higgins Trust, la principale associazione caritatevole per la lotta all'Aids in Gran Bretagna e tra le prime in Europa, sottolinea: «La forza del nostro programma di screening prenatale fa sì che il Regno Unito abbia uno dei tassi più bassi al mondo di trasmissione dell'HIV da madre a figlio. Se una donna con HIV vuole una famiglia, il NHS (il servizio sanitario nazionale) attuerà tutte le misure possibili per fermare la trasmissione del virus».