Migranti, dai salvataggi all'accoglienza per l'Italia un conto da oltre tre miliardi

Migranti, dai salvataggi all'accoglienza per l'Italia un conto da oltre tre miliardi
di Oscar Giannino
Domenica 30 Agosto 2015, 23:38 - Ultimo agg. 31 Agosto, 00:26
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Quanto costa complessivamente davvero all’Italia l’emergenza-profughi, che nel 2015 con il trend in dei salvataggi di questo ultimo agosto ultimi supererà la quota di 200 mila persone, rispetto ai 170 mila sbarchi del 2014 di cui 120mila nelle sole isole siciliane? L’ordine di grandezza è intorno ai 3 miliardi e mezzo di euro. Ma è una stima che ha due caratteristiche. In realtà è per difetto, poiché come vedrete mancano dati ufficiali aggregati di diverse poste che concorrono agli stanziamenti per affrontare le emergenze quotidiane: nel nostro universo pubblico, nella spesa per l’emergenza profughi convergono una pluralità di spese di soggetti diversi, che non fanno conto comune. Aggiungiamo pure che, in materia, per evitare polemiche politiche e alla luce di indagini “pesanti” di molte procure a cominciare da quella di Roma su Mafia Capitale, si tende a dichiarare poco e opacamente, delle cifre complessivamente spese.

LO STUDIO

C’è poi un secondo caveat da tenere ben presente. Qui parliamo del costo dei mezzi di salvataggio, e di gestione dei diversi centri che ospitano i profughi. Non del conto complessivo del dare e dell’avere che l’immigrazione regolare genera nel nostro paese. L’approssimazione complessiva di quel bilancio viene fatta ogni anno dalla Fondazione Leone Moressa partendo dai dati Istat e dalle dichiarazioni dei redditi stimate dei 2,4 milioni di emigrati regolarmente al lavoro, e a gennaio scorso è stata resa nota la versione relativa ai redditi d’imposta 2012, con le dichiarazioni presentate nel 2013. La stima è che nel 2012 i contribuenti immigrati in Italia abbiano versato complessivamente 16,3 miliardi allo Stato tra imposte, contributi, licenze eccetera, mentre la spesa ordinaria pubblica riservata agli immigrati regolari sia ammontata a 12,6 miliardi di cui oltre 7 tra scuola e sanità. Ma noi qui, lo ripetiamo, ci occupiamo del conto più difficile. Quello del salvataggio e accoglienza dell’ondata nella quale vanno poi distinti coloro che hanno diritto all’asilo, i rifugiati, coloro che hanno titolo per recarsi in altri paesi europei, e gli emigrati economici irregolari in teoria da rimpatriare.



LE STRUTTURE

Cominciamo dalle diverse strutture di accoglienza. Gli ultimi numeri ufficiali li ha dati il 29 luglio scorso il ministro Alfano. L'Italia è «campione del mondo» nella gestione dei fenomeni migratori, ha detto in quell’occasione il ministro dell'Interno davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione. Tradotto in numeri, lo sforzo italiano per fronteggiare l'emergenza sbarchi corrisponde a 86mila migranti ospitati nelle strutture di accoglienza distribuite sul territorio. Di questi, 9mila erano nei 13 centri assistenza e primo soccorso gestiti dal governo, e presso i 10 CARA, destinati solo ai richiedenti asilo. Altri 20mila erano nei centri di accoglienza del sistema Sprar, Servizio per l’Accoglienza dei Richiedenti Asilo e dei Rifugiati, in attuazione di 456 progetti per l’accoglienza elaborati dai Comuni (456 Comuni si 8mila: un dato che la dice lunga su quanto le amministrazioni locali vogliano starne “alla larga”). E 57mila erano ospitati nei CAS, i centri di accoglienza allestiti in via temporanea, in numero crescente a fronte dell’andamento degli sbarchi. La disponibilità di posti Sprar era di sole 3mila unità fino a 2 anni fa, salita ora a 20mila, e alcuni mesi fa è partito il bando per accrescere la ricettività a 30mila persone.

Poiché le strutture sono diverse e fanno capo a bilanci diversi, ecco la difficoltà di stimarne precisamente i costi. Partiamo dalle diarie fissate dal ministero dell’Interno per i CAS di prima accoglienza. Nel 2011 la spesa giornaliera era fissata a 42,5 euro più Iva per gli adulti e 75 euro più Iva per i minori. Ed è sempre stato – lo è ancora – un valore medio, con significative differenze tra i comuni perché ogni convenzione del prefetto locale con il Comune interessato può variare, a seconda delle condizioni. Le diarie medie erano nettamente più basse rispetto a quelle in vigore nel sistema Sprar, cogestite dal Viminale e dall’Anci sulla base di bandi che, da annuali, nel 2014 sono diventati triennali. Tra 2013 e 2014, il Viminale ha comunque ridotto le diarie a 30 euro più Iva per gli adulti e circa 42 euro più Iva al giorno per i minori.



LE STIME

La stima 2014 dei costi del sistema Sprar di pertinenza nazionale è stata di circa 225 milioni di euro. L’Anci per parte sua, avendo come fonte diretta i 456 Comuni coinvolti nel sistema Sprar, stima in una cifra assolutamente analoga i costi a carico dei Comuni non coperti da alcun trasferimento, né nazionale né europeo. Si arriva dunque a 450 milioni per il solo costo 2014 del sistema Sprar-CARA, tra Stato centrale e Autonomie. E’ un conto per difetto: fa a pugni con l’evidenza di alcune macro-vicende esplose nelle indagini. Uscito dal periodo di emergenza 2011-2012, il solo CARA di Mineo affida nel 2013 una gara triennale del valore complessivo di 100 milioni…

Ma in ogni caso, prendiamo per buona la stima dei 500 milioni. Ora estendiamola al sistema intero. Nei centri Sprar-CARA c’erano a fine luglio il massimo della capienza, cioè 20 mila persone nel primo circuito e 9mila nel secondo. E’ solo un terzo dei soggetti ospitati a fine luglio nel totale dei centri italiani. Se moltiplicate il mezzo miliardo per tre, si arriva a un miliardo e mezzo. Ma perché la cifra risulti una stima sia pur alla larga accettabile per il 2015, bisogna aggiungere due altri fattori. Il primo è che rispetto alla stima dei costi 2014 il numero complessivo degli ospitati a vario titolo a fine luglio era cresciuto di un terzo rispetto ai 60mila scarsi di fine 2014. Il secondo è che nel frattempo è esplosa a 57 mila unità il numero di coloro che sono ospitati nei CAS: e in questo caso, se si tratta per esempio di convenzioni alberghiere in mancanza di edifici pubblici dismessi utilizzabili a tal fine da parte dei Comuni, il costo medio della convenzione elaborata dal prefetto locale con Comuni e gestori privati risulta complessivamente superiore a quello del circuito Sprar. Diciamo dunque che il miliardo e mezzo al quale eravamo arrivati in base alla stima 2014 dell’onere ripartito tra Stato e Comuni, sale in questo 2015 almeno a 2,2-2,4 miliardi. Nel formulare con cautela tale cifra, procediamo al netto di furberie e illeciti su vasta scala come quelli su cui indaga la magistratura.



LE ALTRE VOCI

A questa prima stima, vanno aggiunte però altre voci. Quelle del complesso apparato militare-civile impegnato ogni giorno nelle attività di ricognizione e salvataggio, fino alla consegna dei profughi alla autorità a terra. Anche qui s’incontrato problemi di opacità nei numeri pubblici, perché agli importi concorrono in realtà Viminale ma soprattutto Difesa e Farnesina, tuttavia annegandoli in spese d’esercizio ordinario che non consentono disaggregazioni ufficiali.

Nel “bilancio per funzioni” redatto in questi anni distinto da quello che ufficialmente fa testo, per competenza di ogni singola amministrazione, alla cosiddetta “emergenza Nord-Africa” sono attribuite spese centrali pari a 740 milioni di euro nel 2011, 560 milioni nel 2012, 610 milioni nel 2013. Per il 2014 la cifra è stata senza dubbio superiore ai 700 milioni, considerano i 170mila sbarchi avvenuti. A tale cifra va scomputata la spesa per diaria del mantenimento dei profughi, che come abbiamo visto per parte nazionale nel 2014 è stata stimata in circa 225 milioni. Il mezzo miliardo che avanza nel 2014 è servito a coprire il costo dei mezzi navali, aerei e terrestri impiegati nella ricognizione e nel salvataggio. Una cifra come si vede rilevantemente maggiore dei soli 3 milioni di euro al mese in cui erano ufficialmente comunicati i costi medi della missione “Mare Nostrum”, che ha visto impegnata la sola Italia dall’autunno 2013 a fine 2014, prima che l’Europa iniziasse a cambiare marcia.



LA MISSIONE

Poiché attualmente partecipiamo sia alla missione Frontex che all’imponente schieramento di mezzi aero-navali della missione EuroForNavmed partita a giugno scorso e immediatamente operativa, a comando italiano sulla portaeromobili Cavour, se sommiamo ai 2,2-2,4 miliardi stimati per la gestione dei centri l’esercizio operativo della panoplia di mezzi italiani che sono in servizio ogni giorno nelle diverse missioni sul teatro mediterraneo, ecco che l’onore complessivo stimabile per il 2015 sale oltre i 3 miliardi, come vi abbiamo detto all’inizio. L’Europa ci ha dato per le diverse finalità riconducibili all’immigrazione mediamente 650 milioni di euro l’anno tra 2007 e 2014. Quest’anno dovrebbero essere una settantina in più. Tutto il resto è a carico nostro. E deliberatamente non abbiamo parlato delle spese poi per l’integrazione sociale ed economica. Si potrà legittimamente pensare che 3 miliardi e rotti son poca cosa, su oltre 800 di spesa pubblica, a fronte di un’ondata epocale di fuggiaschi da Stati-falliti, guerre e persecuzioni, e di migliaia di morti. Verissimo, ma ciò non toglie che i numeri pubblici dovrebbero essere trasparenti, e non opachi e sparpagliati nei diversi bilanci come quelli che vi abbiamo descritto.

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