Ultimatum di Obama e Onu: liberatelo subito senza alcuna condizione

Ultimatum di Obama e Onu: liberatelo subito senza alcuna condizione
di Anna Guaita
Sabato 2 Agosto 2014, 09:01
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NEW YORK - C'era voluta immensa pazienza e una infinita quantit di incontri.

Il lavorio che la diplomazia americana, egiziana, israeliana, turca, del Qatar e delle Nazioni Unite aveva compiuto per arrivare a quelle 72 ore di tregua viene bene riassunto nelle ben sei ore di telefonate fra il segretario di Stato Kerry e il premier israeliano Netanyahu nella serata di giovedì.



Eppure, la tregua è durata solo due ore. E ieri le diplomazie erano in subbuglio. Reazioni preoccupate e incalzanti sono venute da tutti coloro che avevano sperato di usare quelle ore come una finestra per dare l'avvio a più seri negoziati di pace. Il presidente Obama ha lanciato un ammonimento: «Parlo a coloro che hanno ucciso due soldati e rapito un terzo soldato israeliano: devono rilasciarlo subito e senza condizioni». Ha anche aggiunto: «Dobbiamo tutti moltiplicare gli sforzi per evitare vittime civili».

All'Onu, il Segretario generale Ban Ki-moon ha chiesto «il rilascio immediato e incondizionato del soldato israeliano», e ha espresso «profonda preoccupazione per la ripresa degli attacchi israeliani a Gaza».



L’OCCASIONE

Il Segretario di Stato John Kerry, che aveva appreso del crollo del cessate il fuoco leggendone su internet, ha fatto una frenetica serie di telefonate ai leader con cui aveva negoziato fino a poche ore prima e ha raccomandato loro di «raddoppiare gli sforzi per porre fine sia agli attacchi dei terroristi di Hamas contro Israele sia alle sofferenze e alla perdita di vite di civili a Gaza».



Nonostante al momento della dichiarazione della tregua, giovedì sera, Kerry avesse ammonito che si trattava solo di «un’occasione», il fatto che sia crollata così velocemente ha comunque colto di sorpresa tutti, tant'è che ieri pomeriggio non era ancora chiaro se il Dipartimento di Stato avrebbe inviato in Egitto il suo consulente per i negoziati, Frank Lowenstein, e il vicesegretario di Stato William Burns. Nell'ambito della tregua, i due inviati dovevano collaborare con le autorità egiziane per l'organizzazione di un dialogo fra palestinesi e israeliani.



Le diplomazie stavano tessendo una delicata tela, che doveva portare alla cessazione delle ostilità, al disarmo di Hamas, e a un maggiore ruolo per l'Autorità Palestinese, il braccio moderato dei palestinesi che ha trovato in Cisgiordania la via alla convivenza pacifica con Israele.



ALLEANZA STRATEGICA

Esperti vicini alla Casa Bianca e a Israele sostengono che Israele sembrava anche seriamente interessato a raggiungere un'aperta alleanza strategica con l'Egitto, con cui condivide la diffidenza, se non l'odio aperto, per Hamas. Uno dei fatti più discussi della crisi Israele-Hamas difatti è stato il silenzio con cui vari Paesi arabi a maggioranza sunnita hanno accolto la guerra di Netanyahu contro i guerriglieri di Hamas. Dall'Egitto alla Giordania, dagli Emirati Arabi all'Arabia Saudita, si intuiva che i governi speravano che Israele sconfiggesse le fazioni nemiche.



IL RUOLO DEL QATAR

Solo il Qatar ha continuato ad aiutare Hamas, insieme alla Turchia e all'Iran. Ma neanche il Qatar, che pure ha tenuto consultazioni dirette con Khaled Meshal, il leader politico di Hamas, è riuscito a impedire che sul terreno le milizie scegliessero la via della violenza appena due ore dopo l'inizio della tregua.
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