Pilota sviene, aereo verso Washington: scatta allarme terrorismo. Poi il velivolo si inabissa

Pilota sviene, aereo verso Washington: scatta allarme terrorismo. Poi il velivolo si inabissa
di Anna Guaita
Domenica 31 Agosto 2014, 18:42 - Ultimo agg. 2 Settembre, 08:24
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NEW YORK – Sabato pomeriggio si temuto che un ignoto pilota stesse dirigendosi verso il cuore di Washington per una missione suicida. I controllori di volo di Washington hanno seguito il piccolo monomotore Cirrus man man che si avvicinava, e dopo ripetuti tentativi di riceverne una risposta, hanno allertato la North American Aerospace Defense Command (Norad), che ha fatto levare in volo due f-16. Ma i piloti dei due aerei da combattimento hanno subito constatato che l’uomo alla cloche del Cirrus era svenuto: lo si vedeva chiaramente attraverso i finestrini. Si spiegava così come mai non fosse rimasto sulla sua rotta prevista, che doveva portarlo dal Wisconsin al piccolo aeroporto di Manassas, in Virginia, a sud ovest di Washington.



Da quel momento gli f-16 hanno affiancato il piccolo aereo che ha continuato verso l’Oceano Atlantico. Quaranta minuti più tardi, evidentemente senza più carburante, il Cirrus si inabissava in acqua, a 70 chilometri al largo della Virginia.



La vicenda assomiglia molto a quella che nel 1999 si concluse con la morte del campione di golf Payne Stewart, che pilotava un Learjet, e aveva come compagni in cabina i suoi due agenti, Van Ardan e Robert Fraley, e un noto disegnatore di campi da golf, Bruce Borland. In quel caso, la tragedia si svolse su cieli di mezza America e durò quasi quattro ore. Numerosi f-16 furono spediti a controllare cosa stesse succedendo, quando Stewart non rispose ai ripetuti messaggi delle varie torri di controllo. Si era allora ancora in epoca pre- 9/11, e nessuno pensò a un rischio terrorismo. Fu subito identificato il pilota, e al centro del dibattito nazionale che esplose in tv in diretta fu il problema di decidere che cosa si doveva fare se l’aereo si fosse diretto verso aree abitate. L’aeronautica militare era infatti certa che tutti a bordo fossero morti per mancanza di ossigeno a causa di un improvviso crollo della pressione nella cabina. Difatti dopo circa un’ora di volo i finestrini apparvero coperti di ghiaccio. Qualcuno ipotizzò che i jet che lo affiancavano – nell’ultima ora furono ben quattro ad alternarsi ai fianchi del piccolo jet – avessero avuto l’incarico di abbatterlo per risparmiare la vita di innocenti a terra. Il portavoce dell’aeronautica, il capitano Joe Della Vedova però sostenne, a crisi conclusa, che “quella non era mai stata un’opzione”.



Il learjet di Payne Stewart doveva andare da Orlando, in Florida, fino a Dallas, in Texas. Ma invece di puntare verso il Texas, e il sud-ovest, puntò verso nord-ovest, evidentemente guidato dal pilota automatico. Finì il carburante mentre sorvolava il Dakota del sud, e precipitò a vite dopo aver percorso 2.400 chilometri. Una saga che si svolse sotto gli occhi de Paese, in diretta.



Un fatto simile sembra possa essere accaduto anche al boeing della Malaysia Airlines, scomparso sui cieli dell’Oceano Indiano lo scorso 8 marzo. Il Commissario del Dipartimento Trasporti australiano, che conduce le ricerche in accordo con la Malesia, ha ufficialmente detto lo scorso giugno che “l’aereo era in pilota automatico, fino a che non ha finito il carburante”.



Nella vicenda di sabato, le autorità non hanno ancora comunicato il nome del pilota. Ma anche in questo caso, il quesito drammatico a cui nessuno neanche tenta di dare una risposta era lo stesso che si discusse nel caso di Stewart: cosa fare se il Cirrus invece si dirigersi verso il mare aperto si fosse diretto verso le popolate spiagge della Virginia, piene di bagnanti per l’ultimo week-end di vacanza?