L’appello del premier di Tirana: «L’Europa salvi il Mediterraneo»

L’appello del premier di Tirana: «L’Europa salvi il Mediterraneo»
di Pietro Perone
Domenica 30 Agosto 2015, 09:37 - Ultimo agg. 12:55
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Da sindaco di Tirana ha dipinto la città con i colori forti del Mediterraneo «per ridare la speranza» ai suoi concittadini. Oggi, da premier dell’Albania, Edi Rama continua a coltivare la speranza che il suo paese possa al più presto fare parte dell’Europa, il sogno di chi è cresciuto durante il regime comunista guardando la televisione italiana di nascosto, in anni in cui cantare una canzone di Celentano conduceva i giovani direttamente in galera. Altri tempi, tanto che durante l’ultima campagna elettorale lo stesso primo ministro si è esibito in un pezzo rap. Ora, però, c’è poco da essere allegri di fronte al carico di dolore che pervade il Mediterraneo e il premier lancia un appello all’Ue affinché «il nostro mare non sia più teatro di disperazione».



Il grido di chi vive lungo le coste della catastrofe umanitaria che investe l’Italia, la Libia, la Grecia, quel «grande mare» di cui Napoli aspirava a essere la Capitale nella speranza che fosse simbolo di pace.



Lei è alla guida di un Paese che ha pagato un grosso tributo all’immigrazione, ma oggi che esplode la tragedia e l’Europa appare incapace di agire per fermare la carneficina nel Mediterraneo, l’Albania è ancora interessata a fare parte dell’Ue?

«Questa crisi umanitaria determinata dall’accelerazione dei flussi migratori mette drammaticamente in evidenza il vuoto che c’è in Europa da tempo dispersa tra egoismi, nazionalismi, tatticismi politici ed elettorali che si consumano nei singoli paesi membri».



Un’Europa sempre meno solidale?

«Direi che si fa strada la mancanza di disponibilità nel rispettare i valori autentici dell’Unione, sempre meno strategica e più tattica, vittima di egoismi a causa dei calcoli interni alle singole nazioni».



Non vale dunque la pena di farne parte?

«Il contrario, perché l’aspirazione europea non è legata a un determinato periodo storico, ma è un progetto più grande, forse il sogno più ambizioso che l’umanità abbia saputo concepire. Non sono i principi a essere messi in discussione da questa crisi, ma l'incompiutezza del disegno politico. La tragedia che si consuma nel Mediterraneo non è certo una ragione per abbandonare il progetto, ma l’occasione per rilanciarlo andando oltre l’Europa finanziaria, l’idea che un certo numero di stati stiano insieme soltanto per ragioni economiche e singole convenienze. È giunto piuttosto il momento di rendere concreta la grande ambizione di integrazione tra i popoli che è stata alla base della nascita dell’Unione».



Sull’immigrazione l’Ue è però in grave difficoltà, tanto che finanche gli Usa hanno denunciato l’isolamento di alcuni paesi rispetto all’emergenza.

«Certo ci sono delle difficoltà, ma dobbiamo dire grazie all’Unione europea se in questi decenni ci sono stati dei cambiamenti incredibili. Adesso bisogna superare la paralisi, ma chi cerca di sfruttare il dolore o ciò che viene solo dalla pancia della gente è ignorante oppure in cattiva fede».



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