Tahar Ben Jelloun: «Gli stessi arabi vittime del terrore ma l’Islam moderato ora risponda»

Tahar Ben Jelloun: «Gli stessi arabi vittime del terrore ma l’Islam moderato ora risponda»
di Pietro Treccagnoli
Sabato 21 Novembre 2015, 13:03 - Ultimo agg. 19 Marzo, 08:16
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In questi giorni Tahar Ben Jelloun è in Normandia, per una vacanza con i figli. «No, non sono scappato da Parigi» riesce a dire come per allontanare un inesprimibile senso di sollievo. Ha passato la giornata attaccato alla tv e a parlare con gli amici che lo chiamavano dalla capitale francese, dal Marocco e dall’Italia.



Ben Jelloun è tra gli intellettuali maghrebini più ascoltati in Europa. Coscienza inquieta e critica verso gli stessi islamici, non fa sconti all’Occidente che l’ha accolto e dove ha cresciuto i propri figli. Sta seguendo la situazione di queste ore a Parigi. Che impressione sta avendo?

«Parigi non è una città sicura, non è sufficientemente protetta dalla polizia e dai servizi di intelligence. La strage di Charlie Hebdo sembra non aver prodotto niente di concreto per impedire che i massacri di ripetessero. Sono bastati pochi terroristi dell’Isis, certamente ben addestrati, votati al martirio, per mettere in ginocchio un Paese intero. Politici e stampa non capiscono che siamo di fronte a uno Stato vero e proprio che usa il terrorismo in modo scientifico, preparando attentati clamorosi e, per quello che si vede, anche imprevedibili e imparabili. Pensare di lottare contro l’Isis con le regole tradizionali è una follia, oltre che, per l’Occidente, impossibile».



Una guerra persa? Perché?

«Contro chi aspira al martirio non c’è partita per l’Europa e l’America, perché la democrazia, a differenza del nemico che ha di fronte, non prevede martiri. È una guerra impari».



I terroristi hanno colpito luoghi simbolici della vita parigina: i ristoranti, le sale per concerti, lo stadio. C’è un disegno chiaro contro lo stile di vita europeo e la libertà?

«Sì, l’Isis e il terrorismo non attaccano solo la vita, ma anche lo stile di vita europeo: il rock, i caffè, i divertimenti di gente anonima. Per loro, tutti devono avere paura».



L’effetto c’è stato. Come stanno vivendo questa tragedia i parigini?

«La gente si chiude in casa. Ha paura. Per lunedì prossimo è stato annunciato un minuto di silenzio per le vittime. Ma il vero problema, e ormai lo hanno capito tutti, è che non è possibile evitare gli attentanti. Si teme che il terrorismo ci riprovi a stretto giro. E le regole della democrazia sono inefficaci».



I francesi di origine araba o islamica hanno paura di ritorsioni contro di loro?

«C’è paura delle ritorsioni, certo. Ed è assurdo. Si tratta di francesi di origine araba, certo, magari musulmani, ma francesi. Molti di loro erano allo stadio, al concerto. E alcune delle vittime degli attentati sono giovani maghrebini».



Possono aumentare le discriminazioni?

«C’è questa possibilità. I francesi di origine araba potrebbero pagare un prezzo grande».