Isis peggio di Gengis Khan: devastato il museo di Mosul, distrutta la storia della Mesopotamia

Isis peggio di Gengis Khan: devastato il museo di Mosul, distrutta la storia della Mesopotamia
di Anna Guaita
Giovedì 26 Febbraio 2015, 20:13 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 14:56
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NEW YORK – Era dall’epoca dei saccheggi dei mongoli di Gengis Khan che la Mesopotamia, cioé l’attuale Iraq, non vedeva una simile distruzione dei suoi tesori. Sono mesi che le falangi jihadiste dell’Isis vanno bruciando e distruggendo ogni forma di cultura.

Oggi ci arrivano le immagini della devastazione del Museo di Mosul: statue e manufatti vengono frantumati a martellate, ridotti in pezzi tanto piccoli che mai nessuno potrà ripararli. Al solito, i membri di questo culto apocalittico, che considera vicina la fine del mondo e intende accelerarla, ha diffuso le immagini delle sue imprese ricorrendo ai metodi più avanzati tecnologicamente: un video di circa cinque minuti è stato rilasciato su Twitter, ed ha fatto il giro del mondo. Nel filmato che mostra la distruzione di statue vecchie di duemila anni, un uomo intona: «Oh musulmani, questi artefatti dietro di me erano idoli e dei venerati da popoli che vissero qui prima di Allah. E il nostro profeta ordinò che venissero distrutti».

Davanti alle immagini dello scempio, iI Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon è subito entrato in contatto con la collega Irina Bokova, direttrice dell’Unesco per cercare un’azione comune.

I due hanno deciso di chiedere un intervento straordinario del Consiglio di Sicurezza: «Questo attacco è molto più che una tragedia culturale – ha commentato Bokova -. Si tratta anche di una questione di sicurezza, in quanto eccita il settarismo, l’estremismo violento e il conflitto in Iraq». Il portavoce di Ban Ki-moon, Stephane Dujarric, ha aggiunto che l’Isis «Compie un atto criminale: non solo deruba una società del suo futuro, ma ne vuole cancellare anche il passato, e così facendo ne annulla il carattere, la cultura, l’educazione».

La distruzione del museo è venuta appena quattro giorni dopo il bombardamento della Biblioteca Pubblica di Mosul, dove si conservavano non solo libri rari, ma anche preziosi manoscritti. Era tradizione che le famiglie importanti della città regalassero le proprie raccolte alla Biblioteca. Difatti quando in città si è capito che gli uomini di Isis si apprestavano a dare tutto alle fiamme, una delegazione di anziani ha chiesto che la biblioteca venisse risparmiata, ma la supplica è stata inutile: nello stesso giorno di domenica, l’Isis ha prima bombardato e poi dato alle fiamme la biblioteca, e poi ha concluso la giornata distruggendo anche la Chiesa di Maria Vergine e il teatro dell’università.

Sia la biblioteca che il museo di Mosul erano stati saccheggiati dopo l’invasione americana del 2003, ma allora le famiglie e i clan della città erano riusciti a recuperare gran parte del maltolto e a restituirlo alle due istituzioni. L’isis non ha voluto correre un simile rischio, e ha distrutto i tesori più amati della città in modo irrevocabile.

L’Iraq è la culla delle civiltà, luogo di nascita delle culture sumere, assire, babilonesi, arabe: «L’Iraq non ha mai visto una tale aggressione contro la sua ricca tradizione culturale sin dall’epoca del Mongoli nel Medio Evo» ha scritto Riyadh Mohammed, esperto di Isis e opinionista del “Fiscal Times”.

La città di Mosul, la seconda per grandezza in Iraq, è diventata di fatto la capitale del Califfato. Caduta nel giugno scorso, è stata teatro di violenze estreme da parte degli uomini dell’Isis contro gli abitanti che hanno rifiutato di convertirsi alla loro visione estrema dell’Islam. Chiunque tenti di scapparne rischia di essere ucciso sul posto. E a detta delle testimonianze che trapelano, soprattutto via internet, la vita quotidiana è congelata sotto un manto di orrore: «Le scuole sono chiuse, non ci sono mercati, non c’è nulla. La vita è terribile» è riuscito a scrivere un giovane sulla sua pagina FaceBook. Le parole sono state raccolte dal fratello del giovane, che milita nelle squadre di volontari addestrate dai curdi e si prepara alla riscossa: «Mio fratello ha scritto: tornate, venite a salvarci» ha detto il volontario, e io gli ho risposto «Te lo prometto».

Difatti, la coalizione guidata dagli Stati Uniti sta preparando una campagna per la liberazione della città, che dovrebbe avvenire fra poche settimane. Troppo tardi, per alcuni commentatori: «Per allora – dice aspro Riyadh Mohammed – a Mosul non sarà rimasto un singolo mattone della sua ricca storia culturale».