Padoan carta segreta del premier con l'ipotesi rimpasto di governo

Padoan carta segreta del premier con l'ipotesi rimpasto di governo
di Alberto Gentili
Lunedì 26 Gennaio 2015, 05:57 - Ultimo agg. 10:23
3 Minuti di Lettura

ROMA Da oggi si fa sul serio. Questa mattina Matteo Renzi comincerà la sua via crucis quirinalizia incontrando prima i deputati, poi i senatori del Pd. E domani si celebreranno le consultazioni con Forza Italia, Area popolare, Sel. Imperativo categorico del premier-segretario per non rompersi l'osso del collo: individuare e scegliere un candidato per il Quirinale in grado di ricompattare il Pd, ma che sia gradito anche a Silvio Berlusconi e ad Angelino Alfano. «L'unità è essenziale, ma purtroppo non siamo autosufficienti», certifica Lorenzo Guerini, vicesegretario dei dem.
L'impresa è difficile, non impossibile. Tanto più che dalla minoranza dem arriva una grandinata di appelli all'unità. Segno che nessuno vuole restare tagliato fuori dal Grande Risiko. E Luca Lotti, il braccio destro di Renzi, fa sapere che oggi non incontrerà il plenipotenziario di Berlusconi, Denis Verdini. Un modo per dimostrare plasticamente a Pier Luigi Bersani & C. che la trattativa non è viziata da un pre-accordo con l'ex Cavaliere.
Ma Bersani e Massimo D'Alema non si accontentano delle rassicurazioni. Chiedono «fatti». Meglio, invocano «un metodo che in questa fase è sostanza». E questo metodo è l'elezione del nuovo capo dello Stato alla prima votazione, quando servono i due-terzi dei grandi elettori, pari a 673 voti: una quota che la maggioranza del Nazareno, saldatasi sulla legge elettorale, non può raggiungere. «Se Renzi punta direttamente alla quarta votazione, quando basteranno 505 voti», dice un deputato vicino a Bersani, «vorrà dire che il Presidente sarà un candidato scelto da Renzi e Berlusconi, non anche da noi». Da palazzo Chigi fanno però già sapere: «L'elezione alla prima votazione è rischiosa, praticamente impossibile». Questione di fiducia reciproca. Meglio, di sfiducia ricambiata.
LA BATTAGLIA SUI NOMI
Renzi, ora che il gioco entra nel vivo, fa filtrare le prime indicazioni. Comincia il lavoro di scrematura e di valutazione della tenuta dei singoli candidati, anche se tiene in serbo una carta segreta, «un nome su cui ricercare l'unità del partito». E questo nome è quello del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, utile al Quirinale per il suo standing, internazionale soprattutto se la vittoria di Tsipras in Grecia aprisse un braccio di ferro contro le politiche anti rigore in Europa. La mossa Padoan (ben vista anche dall'ex presidente Napolitano) innescherebbe un rimpasto per il rilancio del governo, visto che Maria Carmela Lanzetta va a fare l'assessore in Calabria e il premier vorrebbe sostituire Stefania Giannini (Scuola) e manterebbe il controllo sull'Economia, allontanando ogni rischio di diarchia Palazzo Chigi-Tesoro.
Ma Renzi esplora anche altre strade. Da Palazzo Chigi filtrano anche nuove ipotesi: «Se il candidato fosse un ex segretario, il primo sarebbe Fassino, un nome che non divide e che fece il Guardasigilli con il placet di Berlusconi». Sullo sfondo resta l'ipotesi-Veltroni, a cui un sondaggio interno al partito tra i parlamentari dem darebbe risultati lusinghieri. E finiscono esclusi Bersani e Dario Franceschini. Sul tavolo si “pesano” soluzioni alternative: il governatore piemontese Sergio Chiamparino, il presidente della Cdp Franco Bassanini.

Bersani & C. non stanno a guardare. Chiedono un «Presidente autorevole e autonomo». Traduzione: «Un capo dello Stato che non risponda a Renzi». La minoranza vuole infatti sentirsi garantita, teme che se al Quirinale salisse un “amico” di Renzi, la strada delle elezioni anticipate si trasformerebbe in un'autostrada. Così Bersani - che aprrezza Padoan - nei giorni scorsi ha suggerito candidature non gradite al premier, come Giuliano Amato, su cui è possibile la temuta (da Renzi) saldatura con Berlusconi. E poi Veltroni e Romano Prodi. Ma la minoranza non si limita alle proposte. Dice no a Chiamparino, «troppo vicino a Renzi». Ma soprattutto non esclude il ministro del Tesoro e Sergio Mattarella, sostenuto da Franceschini.

Ecco, proprio l'ex ministro dc ora giudice costituzionale, persona dal riconosciuto rigore morale e know how istituzionale, potrebbe essere il punto di caduta se non passasse Padoan. Il nome di mediazione. Con un problema: «Berlusconi non è entusiasta, anzi». Altri candidati di cerniera: Anna Finocchiaro (gradita all'ex Cavaliere), Pierluigi Castagnetti e Pietro Grasso, il presidente del Senato che potrebbe essere “appetito” anche perché lascerebbe libera una poltrona strategica. In campo Pier Ferdinando Casini, candidato trasversale in grado di saldare i due fronti.