Francesca, uccisa dal bus. Il velo da sposa per l’addio alla studentessa

Francesca, uccisa dal bus. Il velo da sposa per l’addio alla studentessa
Mercoledì 26 Novembre 2014, 10:15 - Ultimo agg. 10:17
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«Non si sentono neanche gli uccelli». La messa è appena finita. La «Non si sentono neanche gli uccelli». La messa è appena finita. La gente, quella che è riuscita ad entrare, a fatica e sta defluendo dalla chiesa della Santissima Annunziata e tra la folla in silenzio che attende l'uscita del feretro con dentro Francesca una signora confida questa osservazione ad un'amica che si trova al suo fianco.

Ed è vero.

Alle 15 Giffoni si è fermata. Tutta. Bar e negozi chiusi, strade deserte, non si sente neanche un clacson. In un silenzio quasi irreale, in una città immobile, che ieri pomeriggio si sono svolti i funerali della studentessa 23enne di Lingue e Letterature Straniere, travolta ed uccisa lunedì mattina da un autobus linea Sita mentre a piedi stava attraversando il cancello d'accesso al terminal. In realtà già da lunedì pomeriggio, quando è stata allestita la camera ardente all'interno della chiesa principale, la città era andata come in apnea. Una scena che si è ripetuta anche al risveglio, ieri mattina.

Per tutta la giornata non si è arrestato l'andirivieni di amici, conoscenti, familiari e gente comune che, senza soluzione di continuità, ha percorso le navate della chiesa fin davanti all'altare dove, circondata dal papà Nicola, dalla mamma Maria Teresa, dal fratello Giovanni e dall'amato Vincenzo, c'era lei, Francesca, avvolta in un velo bianco da sposa e adagiata nel feretro. Ma è alle 14, un'ora prima dell'inizio della funzione religiosa, che l'afflusso di persone comincia ad essere davvero imponente. Dentro e fuori dalla chiesa ci si muove a fatica anche a piedi. Ovunque, gente in lacrime.

Soprattutto giovani, giovanissimi. Che da 48 ore non riescono a darsi pace e, soprattutto, una spiegazione razionale del perché sia stata possibile una tragedia così grande. «Non trovo le parole giuste per entrare nel vostro cuore», dice dal pulpito don Biagio Napoletano, vicario della Diocesi di Salerno chiamato dal parroco dell'Annunziata don Alessandro Bottiglieri, insieme ad altri parroci – tra cui il cappellano dell'ateneo di Fisciano, don Natale Scarpitta – a celebrare le esequie della studentessa giffonese. «Solo l'amore – continua il sacerdote – può salvarci. Però noi non perdiamo nulla perché le anime dei giusti sono in mano al Signore e nessuno le toccherà».

Le parole del prelato – che ha portato anche la vicinanza del vescovo Moretti – solo in parte alleviano il dolore e la sofferenza della famiglia che per tutta la durata della celebrazione, non si è staccata un attimo dal feretro. Ad ascoltare le sue parole, oltre alla gente di Giffoni, all'amministrazione comunale tutta – che ha anche esposto in chiesa il gonfalone della città – c'è il rettore Aurelio Tommasetti, accompagnato da una delegazione di docenti. È lui l'unico a chiedere la parola, al termine della funzione, prima dell'uscita della bara. «Lunedì è stato il giorno più terribile della mia vita, come rettore e come padre.

Ai genitori, che avevano affidato a questa università la figlia perché potesse avere una speranza per il futuro, che è diventata disperazione, io dico grazie. Grazie per avercela regalata. La comunità universitaria non la dimenticherà». Poi, di nuovo, il silenzio. Le porte della chiesa si chiudono per riaprirsi qualche minuto dopo quando, tra applausi e palloncini bianchi, esce Francesca per il suo ultimo viaggio.

m.a.c.