Ifil, i giudici dichiarano il fallimento. Rischio bancarotta per Mario Del Mese, Amato jr e Piero De Luca

Ifil, i giudici dichiarano il fallimento. Rischio bancarotta per Mario Del Mese, Amato jr e Piero De Luca
di Angela Trocini
Giovedì 7 Maggio 2015, 21:52 - Ultimo agg. 8 Maggio, 19:57
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SALERNO - E' stata depositata la sentenza di fallimento della Ifil C&D srl. Il deposito della pronuncia del tribunale civile di Salerno, riunitosi in camera di consiglio lo scorso 13 aprile, è avvenuto lunedì 4 maggio. Con la sentenza di fallimento si ordina alla società fallita di depositare entro tre giorni i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie nonchè l'elenco dei creditori assegnando a questi ultimi e a terzi che vantano diritti reali o personali su cose in possesso della società fallita, il termine di trenta giorni per la trasmissione delle domande di insinuazione. Il prossimo 14 settembre ci sarà l'esame dello stato passivo che avrà luogo davanti al giudice delegato che è Alessandro Brancaccio mentre il curatore è Ivan Meta.



Il deposito della sentenza di fallimento è l'atto che il sostituto procuratore Vincenzo Senatore attendeva. Ora il socio al 50% della Ifil, Mario Del Mese; il cognato Vincenzo Lamberti; il figlio dell'ex sindaco Vincenzo De Luca e attualmente candidato a governatore del centro sinistra, Piero De Luca; e Giuseppe Amato junior, rampollo della famiglia di pastai salernitani, rischiano l'accusa di concorso in bancarotta fraudolenta. Con loro anche altre quattro persone, Luigi Avino ed Emilio Ferrara che si sono alternati nella gestione Ifil; la moglie di Mario Del Mese, Valentina Lamberti e la moglie di Peppino juinior, Marianna Gatto, per le quali l'ipotesi di appropriazione indebita (contestata agli otto indagati nel provvedimento di conclusione delle indagini preliminari) rischia di trasformarsi in bancarotta fraudolenta in concorso. Era stato, infatti, il pm Senatore a presentare reclamo ai giudici della Corte d'appello civile chiedendo appunto il fallimento della società. Istanza che era stata respinta, per due volte, in primo grado. Ma per il sostituto procuratore Vincenzo Senatore, i giudici di via Papio avevano sottostimato il passivo della società rivalutando l'attivo facendo confluire un fondo cassa non rinvenuto, diversi beni personali dei soci e conteggiato anche il credito vantato dalla Ifil nei confronti della Amato Real Estate.



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