Sarno. Il padre della bimba morta: «Era mia figlia, non potevo farle del male»

Sarno. Il padre della bimba morta: «Era mia figlia, non potevo farle del male»
di Rossella Liguori
Venerdì 31 Luglio 2015, 22:26 - Ultimo agg. 1 Agosto, 14:37
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SARNO - È una baracca ricavata con travi di legno marcito che reggono un tetto di lamiere in una stradina isolata di San Marzano sul Sarno. Per arrivarci si percorre una traversa di via Berlinguer che si tuffa nei campi disseminati di serre. In questo posto, che sembra abbandonato anche da Dio, dove si fa fatica a pensare come ci si possa stare quando cala la notte, dove per arrivarci bisogna spingersi fino a quando la strada non ha più via d’uscita, ci sono giunti anche i carabinieri più e più volte ieri. I militari hanno verificato le condizioni in cui viveva la piccola Lidia e non hanno potuto fare altro che constatarne la precarietà, il degrado. Un ambiente poco adatto per chiunque, soprattutto per una bambina. Nonostante si sia tentato di renderlo meno greve ed opprimente con pupazzi sparsi in terra, è un contenitore di latta, di insetti, topi. C’è una corda per stendere il bucato che passa da una trave all’altra e si intreccia quasi con i fili della corrente elettrica. E’ un posto dove Lidia ci ha passato giornate intere, da dicembre, fino a giovedì. Lo racconta il papà, Gheorghe Buzatu, mentre il cellulare continua a squillare.

Lo chiamano in continuazione i carabinieri. Lui risponde, rimette giù, devono notificargli degli atti e deve andare di nuovo in caserma dopo una l’intera notte passata a rispondere alle domande, su di una morte che è stata subito un giallo. Dal pronto soccorso, quando sul referto è stato scritto come causa del decesso arresto cardiorespiraorio. Con otto punti interrogativi che hanno aperto la porta dei dubbi, delle ipotesi, dei sospetti. Fino a quel cambio del pannolino nella sala del pronto soccorso, quando un’infermiera nel lavare il corpicino ha allertato i medici di turno perché aveva notato stranezze. Il referto è quindi passato nelle mani dei militari intorno alle 22:30 di giovedì. Lo racconta anche il papà di Lidia che è stato prima interrogato in ospedale, poi in caserma.

«In ospedale ho sentito che dicevano di una violenza, ma no, io no alla mia bambina». Trascina la voce intorno ad un tavolo con una coppia di connazionali. «Era solo una bambina di 3 anni, cosa le potevo fare? Poi, era la mia bambina». Racconta la tragica serata e sembra riviverla per intero. «Sono tornato da lavoro alle 20, ho visto che non stava bene e le ho cambiato il pannolino, l’ho lavata. Dopo poco ho notato che non riusciva a respirare, man mano il respiro veniva meno, poi è diventata viola. L’ho caricata in auto insieme a dei miei parenti per andare in ospedale. Lì i medici l’hanno presa, l’hanno portata dentro. Dopo mi hanno detto che era morta ed era già morta quando era arrivata con me». Pare che la piccola avesse da tempo una sorta di allergia che le procurava prurito.





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