Punti nascita e percorsi sicuri, come dare un taglio ai rischi

Punti nascita e percorsi sicuri, come dare un taglio ai rischi
di Maria Pirro
Venerdì 27 Febbraio 2015, 09:36 - Ultimo agg. 28 Febbraio, 10:31
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Parto naturale o taglio cesareo? Il travaglio in acqua è rischioso? Quanti bimbi nascono in casa? Cosa sono le case della maternità? Come capire se una struttura è attrezzata per le emergenze? A giudicare dai dati raccolti da Save the Children le risposte non sono alla portata di tutti: «Su 521 punti nascita in Italia quasi uno su tre (il 29,4%) può essere considerato “fragile” in termini di sicurezza nell'assistenza». E il numero maggiore di questi centri, 20 su 70, è in Campania, 54.365 bebè venuti alla luce nel 2013 con un ricorso al bisturi da record; mentre i fiocchi rosa o azzurri in tutta la penisola sono sempre di meno, 514 mila in un anno.

«I tassi più alti di tagli cesarei si registrano dove si ricoverano partorienti a basso rischio ostetrico, e in particolare nei punti nascita, ancora numerosi, che assistono meno di 500 bimbi per anno» dice Maria Triassi, responsabile scientifico del rapporto sulla natalità regionale, che aggiunge: «È urgente un piano di riorganizzazione che tenga anche conto della crescente richiesta di maggiore umanizzazione e minore medicalizzazione del parto, come dimostra l'affermarsi di forme alternative. Un esempio è il travaglio in acqua». In attesa di contromisure, peraltro annunciate dal ministro Beatrice Lorenzin dopo la tragedia di Catania, si può fare chiarezza sui percorsi possibili nella regione. Per «dare un taglio» ai rischi. «Un problema è proprio la scarsa informazione, la battaglia deve essere anche culturale» dice Celeste Condorelli, responsabile del progetto “Mondo donna” avviato alla clinica Mediterranea per promuovere consapevolezza sui temi della salute.

Il parto naturale. È a minor rischio complicanze. «Preferibile al cesareo sia per il benessere di donna e bambino». In teoria la donna dovrebbe poter scegliere la posizione che preferisce, in pratica gli operatori non sono addestrati ad assistere parti in posizioni diverse dalla litotomica, un tentativo comunque attuato ad esempio al Secondo Policlinico e a Villa Betania. «Si può partorire in posizione eretta, accovacciata o seduti su sgabello olandese sorretti dal partner. La posizione tradizionale, paradossalmente, è la meno favorevole per la donna ma più comoda per gli operatori» spiega il primario di Villa Betania, Paolo Puggina. In Campania il parto naturale avviene, in media, il 40% delle volte. «Ma con ampie differenze legate ad area geografica, dimensione e tipologia dei centri nascita» spiega Triassi.

Cifre più positive al San Leonardo di Castellammare di Stabia (697 nati nel 2013, il 22,8% con cesareo), alla Malzoni di Avellino (1744 nati, il 26,8%), a Villa Betania a Napoli Est (2034 nati, il 36,3%). Un segreto è una buona preparazione tramite i corsi preparto. E per alleviare il dolore, l'analgesia epiturale ora è inclusa nei livelli essenziali di assistenza.

Il primato di ricoveri, invece, spetta al Policlinico federiciano: 2280 nati nel 2013. Il direttore di ginecologia e ostetricia, Carmine Nappi, sottolinea: «Le maternità con più di 1000-1500 parti all'anno sono in grado di gestire al meglio eventuali complicazioni e di intervenire organizzando un cesareo in pochi minuti e offrire al bimbo le prime cure. La sicurezza diminuisce nei piccoli ospedali che non dispongono di équipe in grado di affrontare un'emergenza e non possono contare sulla presenza 24 ore su 24 di professionisti quali l'anestesista e il neonatologo». Eppure, «molte donne - dichiara Fabio Sirimarco, consigliere della Società italiana di ginecologia e ostetricia - partoriscono in case di cura spesso prive di terapia intensiva neonatale. Se vogliamo ridurre il ricorso al bisturi dobbiamo anche rivedere il sistema di retribuzione di queste operazioni». Condorelli, ad della Mediterranea con una percentuale di tagli cesarei decisamente al di sotto della media regionale, spiega: «Promuovere il parto naturale è più oneroso per costi organizzativi strutturali, ma fondamentale per mettere in sicurezza la donna e il suo bimbo». E per garantire un ambiente più intimo, la Mediterranea ha «un nido per Tre», prima sala parto familiare creata nel centro-sud Italia. «È decisiva anche l'umanizzazione per accogliere un po' tutta la famiglia» interviene Francesco Messina, presidente regionale della Società di neonatologia.

Il taglio cesareo. Va eseguito solo se necessario e mai prima della 39esima settimana di gravidanza. Studi scientifici indicano che i cesarei ripetuti aumentano i rischi per la salute e l'«uso estensivo» in donne molto giovani rappresenta un rischio anche per la fertilità. Eppure, i cesarei sono il 36,3% dei parti in Italia, ancora di più in Campania (61,5). Nel 2013 ne sono stati effettuati 186.700, il dato più alto in Europa, quasi 10 punti sopra la media. L'intervento va previsto essenzialmente in 4 circostanze: quando il feto è in posizione podalica, se le manovre di «rivolgimento» non riescono o non si possono tentare; in caso di placenta previa; per evitare alcune forme di contagio infettivo; quando sono chiari i segnali di alterazione del benessere del feto.

Il parto in acqua. Per attenuare la percezione del dolore. Nella vasca l'acqua è mantenuta a una temperatura di 37 gradi. «Ciò facilita il rilassamento di muscoli e tessuti del perineo e quindi la riduzione delle contrazioni e del rischio di lacerazioni. La minore tensione accorcia i tempi del travaglio» dice Puggina. Si può scegliere comunque di portare a termine il parto sul lettino. Tra le strutture attrezzate, il San Leonardo, Villa Betania, Mediterranea e Ruesch. «Il parto in acqua non è comunque indicato in caso di nascita prematura, anomalie della placenta, se il bambino è podalico, parto gemellare o sofferenza del feto. Il rischio è che un'emergenza possa essere affrontata in ritardo» dice Triassi. «Bisogna rispettare precisi criteri di arruolamento, in questo modo viene garantita piena sicurezza» afferma Puggina. «Il principio è offrire alle donne tutte le opzioni possibili perché possa affrontare un parto naturale senza la scorciatoia del cesareo. Il medico deve entrare in sala parto solo se c'è patologia, perché la fisiologia è affidata alle ostetriche. Ma finché il rapporto sarà gestito in camice bianco non si verrà mai fuori dalla maglia nera dei parti cesarei».

Il parto in casa. A Napoli case di maternità, gestite solo da ostetriche, sono previste solo sulla carta. Invece, il parto a domicilio è stato scelto dall'1% nel 2013. Alcune Regioni hanno riconosciuto con leggi specifiche la possibilità di rimborso dal servizio sanitario, sulla scia di Inghilterra e Galles, dove il 2% dei parti avviene in casa, in Olanda si arriva al 30%. Ma nel nord Europa sotto casa è parcheggiato un centro mobile di assistenza per tutto il travaglio. Ed è riservato un posto letto nell'ospedale più vicino. Senza precauzioni, tutto diventa estremamente rischioso. Difatti, l'ospedale Sant'Anna di Torino, che ha istituito la prima équipe a domicilio, interviene su richiesta di donne sane, con gravidanza fisiologica dalla 37esima alla 41esima settimana, e con un'abitazione dotata di accessi facili per ambulanza e barella. Il 118 viene sempre allertato all'inizio del travaglio.

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