Barbour compie 120 anni e apre a Roma, Dame Margaret: «Offriremo lavoro ai giovani»

Dame Margaret Barbour
Dame Margaret Barbour
di Valeria Arnaldi
Sabato 21 Novembre 2015, 02:56 - Ultimo agg. 7 Novembre, 10:20
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È alla guida dell’impero del casual da 47 anni. Ha dato un tocco al femminile al brand, espandendone la visione. Ha disegnato le sue giacche iconiche e ora, per festeggiare i 120 anni del marchio, è venuta per la prima volta a Roma per “regalarsi” una boutique nella Capitale - appena inaugurata in via del Leoncino - cui ne aggiungerà poi altre tre a Praga, Mosca, Cape Town. Dame Margaret Barbour è la lady di ferro - e di stile - del brand Barbour, di cui sottolinea orgogliosa i tanti successi ma, più ancora, la “conduzione familiare”. Sì perché le sue giacche sono nei guardaroba di Buckingham Palace, le porta la regina, le ha indossate Lady Diana, le ha riportate sotto i riflettori della moda Kate Middleton e hanno conquistato Hollywood vestendo, tra gli altri, Daniel Craig nei panni di James Bond in Skyfall. E, attraversando i secoli, a differenza di altri, il marchio è rimasto, appunto, in famiglia, ampliando le sue prospettive. E il suo impegno.

Dame Margaret Barbour, qual è stato il segreto per attraversare i secoli mantenendo la conduzione familiare?

"Penso che il nostro segreto sia stato rimanere fedeli ai nostri valori fondamentali e trasferire in qualsiasi area del business, il concept di un prodotto di alta qualità funzionale ed elegante. Siamo orgogliosi di come si è sviluppato il marchio. Abbiamo sempre contribuito allo sviluppo e all’innovazione. Il fondatore, John Barbour, vendeva cerate ai pescatori del Nord Est, il figlio Malcolm ha lanciato i cataloghi per corrispondenza,la terza generazione, con Duncan Barbour, ha introdotto il vestiario da motociclisti, mio marito ha intuito l’opportunità dell’abbigliamento. Dopo la sua prematura scomparsa, io ho portato avanti questa eredità. Mia figlia Helen, che è vice presidente, è stata recentemente coinvolta nello sviluppo e nell'espansione delle collezioni country e sport".



Lei personalmente, negli anni Ottanta ha disegnato i tre capi iconici di Barbour, come sono nati?

"Nei primi anni 1980, ho progettato il Bedale, il Beaufort e il Border, tre giacche che sono diventate immediatamente riconoscibili come icone Barbour. L'ispirazione è venuta dai miei viaggi alla fine del 1970 in Francia, dove ho visto molte giacche interessanti, che tendevano ad avere più funzionalità e stile di quelle usate nel Regno Unito. Bedale, Beaufort e Border, originariamente concepite come giacche equestri e sportive, sono diventate le prime Barbour da indossare in città come in campagna quando sono state adottate dagli 'Sloane Rangers' nel Regno Unito. In Italia, abbiamo introdotto la Bedale nella tonalità navy, considerata più alla moda e nei primi anni '90 è diventata un best seller in tutto il Paese".



Non solo capi, come e perché avete creato l'Accademia?

"Ho creato l'Accademia Barbour nel maggio 2012 per portare avanti la nostra tradizione di sostegno all'occupazione e alla produzione nella regione del South Tyneside che è stata la patria di Barbour, dove la società è stata fondata nel 1894. Ci impegniamo a garantire qualità, che è uno dei motivi per cui continuiamo a fare il nostro prodotto di punta, la giacca cerata, presso la nostra fabbrica qui a South Shields. Con il declino della produzione nel Nord Est, in passato, abbiamo lottato per attirare personale in fabbrica. Offrendo l’apprendistato attraverso l'Accademia Barbour ci auguriamo di poter offrire opportunità di lavoro ai giovani del Nord Est che in precedenza non avrebbero potuto prendere in considerazione una carriera nel settore manifatturiero. Ad oggi, 56 studenti sono passati in Accademia, cinque dei quali ora lavorano a tempo pieno nella nostra fabbrica".



Il suo arrivo a capo del brand ha segnato anche un impegno in termini di benefici, culturali e di ricerca: Un marchio di successo ha una responsabilità in termini sociali?

"Non ho mai sognato di diventare una matriarca, ma nel 1968 mio marito John Barbour è morto improvvisamente e all'età di soli 29 anni mi ha lasciato con una bimba piccola e la quota di maggioranza di questa azienda che andava avanti da quasi 75 anni. John era la quarta generazione nel settore ed era fiero di esserlo. Eravamo e siamo ancora grandi datori di lavori nella zona di South Tyneside e molte persone dipendevano da Barbour per l’impiego. Ho lavorato in ogni reparto, dalla reception alla contabilità, e ho ascoltato quello che la gente pensava di noi, dei nostri metodi di vendita e dei nostri prodotti. Poi ho fatto cambiamenti volti a raccogliere energie per il mio progetto di trasformare l'azienda in un marchio internazionale che ponesse la sostenibilità al centro della sua filosofia e si preoccupasse per l'ambiente. È stato per me importante proseguire la linea della famiglia Barbour che sin dall’inizio aveva garantito il benessere dei dipendenti, creando un ambiente in cui vengono incoraggiate creatività e innovazione".



Guardiamo avanti: tre Royal Warrant e poi, per lei, la presidenza dei Royal Warrant Holders: quali prospettive per il marchio?

"La nostra visione è quella di diventare il miglior marchio lifestyle inglese in tutto il mondo entro il 2020. Per raggiungere questo obiettivo, continueremo a rimanere fedeli al nostro patrimonio e ai principi fondanti di qualità, durata, attenzione al dettaglio e idoneità, offrendo innovazione. Lo stile Barbour, senza tempo e sobrio, ci permette di sviluppare una serie di collezioni per rivolgerci a una clientela più vasta e di tutte le età".



Come lavorerà sull'immagine del brand per il nuovo millennio?

"Negli ultimi dieci anni, Barbour si è trasformato in un lifestyle brand internazionale. Questo è l’evoluzione di ciò che abbiamo sempre fatto: fornire capi che soddisfino le esigenze e le aspettative dei nostri clienti, che cambino senza compromettere la nostra eredità e i valori fondanti. Oggi il nostro abbigliamento può essere un po’ più elegante, ma è ancora funzionale, pratico e adatto allo scopo e questo è ciò che si continuerà a vedere nelle nostre future collezioni. Fino al 2014, abbiamo venduto Barbour e Barbour International insieme nello stesso spazio nei negozi e abbiamo notato che questo confondeva un po’ i consumatori. Separarli in due monomarca ci ha permesso di sviluppare prodotti diversi. Collaboriamo con diversi marchi per offrire una lettura nuova e unica. Attualmente, con Barbour, stiamo collaborando con Land Rover / Range Rover che ci consente di mettere in evidenza gli aspetti più lussuosi del nostro brand. Collaboriamo anche con il giapponese White Mountaineering, che aggiunge un sapore di avanguardia e guarda a un pubblico più giovane. Con Barbour international, stiamo lavorando con Triumph, per creare una collezione di biker".



Leadership al femminile. Ha portato il marchio avanti per 47 anni e poi lo passerà a sua figlia: Pensa che questa guida “in rosa” abbia dato qualcosa in più al brand?

"Credo che le donne abbiano un approccio più personale al business. L'empatia è importante nella vendita al dettaglio e, come la madre di John, Nancy Barbour, prima di me, ho sempre ascoltato e imparato dai nostri clienti. Non ho mai creduto che si possa fare tutto da soli o che si sappia tutto. Penso sia importante circondarsi di una buona squadra. Ed essere un buon ascoltatore, ma non avere paura di essere un leader forte e avere il coraggio di prendere decisioni difficili".