Clementino sale sul Sanremo Express: «Sono pronto a spaccare il Festival»

Clemente Maccaro, in arte Clementino
Clemente Maccaro, in arte Clementino
di Federico Vacalebre
Domenica 14 Settembre 2014, 17:47 - Ultimo agg. 15 Settembre, 16:27
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Dall'alto del titolo di re del freestyle italiano, Clementino è sempre più scatenato. Su Raidue impazza con «Pechino Express»; sempre per Raidue ha realizzato un cameo nella nuova sigla di «Made in Sud» di Frank Carpentieri; martedì lancia la «gold edition» di «Mea culpa», con una serie di «firmacopie» in arrivo (domani a Milano, dopodomani alla Fetrinelli Express di Napoli e alla Mondadori di Marcianise, mercoledì alla Feltrinelli di Salerno, giovedì a Roma, sabato a Pompei, domenica a Nola); sabato 27 chiude un tour da record tornando nella sua Napoli, primo rapper a sfidare la platea enorme dell’Arena Flegrea, dopo la comparsata di ieri sera sul palco del Maschio Angioino al fianco degli amici Sangue Mostro e di altri nomi della scena hip hop newpolitana. Tra gli inediti e le rarità di «Mea grandissima culpa», il secondo cd aggiunto al suo album-disco d’oro, ci sono collaborazioni disseminate in giro nei mesi scorsi (con Gué Pequeno, con Fritz da Cat, con Deleterio e Roy Paci, con Ensi e Chiave), versioni acustiche e un paio di inediti.



Iniziamo dai pezzi nuovi, Clemente? Si comincia con «Napoli zoo safari».

«È un pezzo politico, di rabbia. Un urlo dalla giungla metropolitana, dalle strade dove si soffre e si muore, spesso senza motivo, dove nessuno si occupa degli ultimi, dei perdenti, dove fa notizia solo in dramma, dove il sorriso è bandito. Il titolo, però, è un gioco, un riferimento al mio alias di Iena: l’ho inciso con il beatmaer Nta La Lince e il rapper El Coyote, davvero uno zoo, no?».



Con «Aquila reale» e «’O vient» in versione acustica che si rivelano, soprattutto la seconda, canzoni-tout court, il cd si chiude con lo sparo nella notte di «Chernobyl». Un’intro oleografica, poi uno sparo nella notte: «Te pare Napule, ma è Chernobyl... Radiazione ’a tutte parte... Ammo fatto poco e niente/ rire ma ce more ’a gente... Sicure stanne ’e fierre ’e posto d’’e sciure... Fra’, so’ frutte che nun saranno maje cchiù mature».



«È un pezzo pronto da tempo, beat di Dj Argento, rime aggiunte di Dope One, uno dei nuovi talenti dell’hip hop napoletano, come il già citato El Koyote, come Uomodisu, come ’O Perrott di cui riprediamo qualche verso sul tema. È il mio urlo dalla Terra dei Fuochi, non bisogna abbassare la guardia, credere che tutto sia stato denunciato, che nulla si possa più fare. Resto la voce dei senza niente, anche se so fare il buffone quando serve».



La coppia con il fratellino Paolo a «Pechino Express» funziona.

«Ho accettato quel talent show perché è più un gioco che un talent, non ci sono televoto né giurati e opinionisti, c’è un comunicatore del calibro di Costantino della Gherardesca, mi dà la possibilità di vedere posti da viaggiatore e non da turista. Davvero abbiamo dormito in case di perfetti sconosciuti, mangiato alla loro tavola, visto miserie che nemmeno immaginavamo esistessero. Appena tornato dal Sud Asia avevo così tante cose dentro che ho chiamato Dj Shablo, sono entrato in studio e ho scritto sei pezzi per il nuovo album».



Un nuovo album?

«Sì, la povertà che ho visto mi ha dettato rime feroci, cronache dalla mia Napoli abbandonata, dalla Palestina sotto attacco continuo, dal Sud Asia... Vorrei farlo uscire per febbraio».



O magari subito dopo Sanremo?

«Magari. Quest’anno mi piacerebbe davvero andare al Festival, vediamo se Conti mi prende. Voglio spaccare, non vincere, con il mio dialetto, anzi la mia lingua, unita all’italiano, con un pezzo di denuncia».



Intanto il 27 settembre c’è l’Arena Flegrea in programma.

«Speriamo bene: manco da Napoli da parecchio, dal concerto al Palapartenope, a parte qualche comparsata come a Officina 99 al fianco dei 99 Posse. Sarà una serata davvero speciale, con me sul palco ci saranno Salmo, Noyz Narcos, Paura, i Sangue Mostro, Shablo, Dope One, El Koyote, Uomodisu, Patto MC. Ma anche, e non l’avevo ancora detto, Sal Da Vinci: vorrei fare con lui, oltre al pezzo inciso per il suo album, ”Chiamo te”, di cui sta uscendo il video, qualcosa di ”Scugnizzi”: sono un fan del musical di Mattone, da ragazzo andavo a vederlo all’Augusteo, lo conosco a memoria».



Al Palapartenope c’era Finizio, ora arriva Da Vinci. Il flow da campione e «capocannoniere» di Clementino non è snob, ha sfidato persino l’editto antineomelodico collaborando a un pezzo della Desideri family, trashissimo per non pochi.

«Io mando avanti le mie rime, e su quelle nessuno può dire nulla. Mi piace uscire dal mio ghetto: fino a pochi mesi fa noi rapper eravamo chiusi nelle nostre battle, ora che vediamo un po’ di bene non possiamo diventare razzisti a nostra volta, avere paura di ”contaminarci”».



«E da giù sperano, pregano e dicono: ’he sfunnà tutte ’e cose, ’o fra’»: Clementino come rapper mainstream, come nuovo Jovanotti?

«Magari. Ho fatto 13 anni di villaggi turistici, ho esperienze di cabaret e di teatro, ora di tv. Jovanotti è un faro, come Snoop Dogg, come Fiorello, come Troisi e Benigni. Un giorno mi piacerebbe avere uno show alla radio, non solo di rap, accogliere in studio ospiti con cui giocare, improvvisare».
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