Mika al Mattino: «Il mio pop è arte povera non show da Las Vegas»

Mika al Mattino: «Il mio pop è arte povera non show da Las Vegas»
di Andrea Spinelli
Lunedì 28 Settembre 2015, 08:40 - Ultimo agg. 11:42
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Gli occhiali per vedere il futuro che Mika si schiaccia sul naso prima di salire sul palco del Forum hanno le diottrie del tour carico di sorprese. Innanzitutto un duetto con Franco Battiato, uno con Fedez e, dulcis in fundo la riedizione dell’ultimo album «No place in heaven», arrivato frattanto sulla soglia del disco d’oro con 22.000 copie vendute. Intanto ieri sera il cantante anglo-libanese, al secolo al secolo Michael Holbrook Penniman Jr., 32 anni, è sbarcato tra le gradinate in deliquio del Forum d’Assago, nell’attesa di proseguire domani alla volta di Roma e mercoledì di Firenze, prima di tornare a rotta di collo negli studi di Sky al fianco di Skin & company.



In scena un pianeta tempestato di strass come una palla stroboscopica da discoteca «che a fine tour verrà esposta in una personale a New York» e scenografie di cartone che richiamano il naufragio della società contemporanea compresa una prua di Titanic. In un angolo del palco una roulotte pop-up che si trasforma in un organo a canne formato Beatles, costruito dagli artisti di strada dell’Ocagiuliva di San Giovanni in Persiceto. In scena nella notte del Forum anche Chiara per il duetto di «Stardust». Sotto il palco una gioventù, ma anche un pubblico maturo, ben poco interessato alle recenti polemiche sui suoi orientamenti sessuali.



Mika, dopo la produzione minimale dei concerti estivi per questa rentrée nei palasport aveva annunciato una cosa e ne ha fatta un’altra.

«Effettivamente, avevo pensato ad una scenografia a metà strada tra Bob Wilson e lo ”Snowshow” del clown russo Slava Polunin, poi ho cambiato idea e ho rielaborato tutto, pur mantenendomi fede ad un’idea di arte povera ma carica di sentimento. Ho voluto realizzare uno spettacolo fatto di cose semplici, nato in quattro giorni nella mia cucina, anche se in realtà lo show costa molto. Non mi piacciono gli spettacoli alla Las Vegas, dove i megaschermi sono i protagonisti e bloccano la sinergia tra il pubblico».



Una giravolta.

«Anche Nigel Barnard Hawthorne, indimenticato interprete di ”La pazzia di re Giorgio” diceva che solo le persone poco interessanti non si contraddicono mai».



Con quale idea di show è cresciuto, che tipo di spettacolo ha colpito la sua immaginazione da ragazzo?

«La folgorazione l’ho avuta a 15 anni assistendo ad una tappa del ”Drowned world tour” di Madonna. Una produzione con pochi schermi molto vicina alla mia concezione che da un concerto debba scaturire un’onda collettiva e non un film, perché per quelli c’è il cinema».



Come fa a conciliare la grandiosità con le esigenze di tournée.

«Il mio sogno sono produzioni strutturate come ”O” del Cirque du Soleil al Bellagio di Las Vegas che ha un teatro costruito apposta per rappresentarlo. Ma non potendo avere la mia Bayreuth come Richard Wagner, preferisco fare delle piccole cose con un gruppo da carnevale di strada».



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