Morta Moira Orfei, regina del circo: una vita «con allegria»

Morta Moira Orfei, regina del circo: una vita «con allegria»
di ​Donatella Longobardi
Sabato 21 Novembre 2015, 13:27 - Ultimo agg. 16 Novembre, 10:16
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«Per me l’allegria è fondamentale, anche nei miei spettacoli». Qualche anno fa parlava così di sé in un’intervista a «Il Mattino», Moira Orfei, morta ieri nella sua casa mobile in sosta a Brescia di fianco al tendone del circo. Avrebbe compiuto 84 anni a dicembre. Giovedì era uscita dall’ospedale Poliambulanza della città lombarda. Sembrava stesse meglio. Per volontà del marito Walter Nones, dei figli e dei nipoti, gli spettacoli del Circo Moira Orfei non sono stati interrotti.

E le hanno tributato un addio coloratissimo, uno sventolio di bandiere con su stampato il suo volto mischiate ai vessilli di Italia e Francia. La camera ardente è stata allestita nel van, oggi i funerali a San Donà di Piave, dove c’è la tomba di famiglia e una villa dove non amava abitare. Il circo ha confermato tutte le repliche e anche gli show previsti a Milano dalla prossima settimana. A lei sarebbe piaciuto così, essere ricordata sorridendo, con tutto il circo in attività, i clown, gli animali, i trapezisti, la musica e il sorriso sorpreso dei bambini.

Un mondo fantastico, unico, che con caparbietà ha tenuto in piedi anche quando la contestavano per l’utilizzo di tigri e elefanti. «Chi se ne frega, ogni giorno spendo centinaia di euro per dargli da mangiare, li tratto da re, venissero a vedere», sbottava.

Grazie alla sua personalità straripante era diventata la regina del circo italiano, conosciuta da grandi e piccini anche grazie ai suoi quarantasette film e alle tante apparizioni televisive.

Una icona con quel suo trucco pesante, lo chignon «a cofana» al centro della testa, tacchi, gioielli vistosi, pellicce, lustrini e abiti sgargianti e un po’ kitsch. Figlia d’arte di Riccardo (Orfei, il clown Bigolon) e della funambola Violetta Arata, sulla pista aveva debuttato a soli sei anni come cavallerizza. E in quel contesto era cresciuta, diventando trapezista e acrobata, ammaestratrice di colombe e domatrice di elefanti, forte di un corpo statuario che negli anni Cinquanta e Sessanta faceva girare la testa a tanti. Fu un celebre fotografo, Mario De Biasi, a immortalarla nel 1953 a Milano: lei in bianco mostra il suo «lato B» davanti a una fila di uomini con gli occhi sbarrati. La foto fece il giro del mondo, e fu esposta al Guggenheim di New York per una retrospettiva dedicata all’Italia, «The Italian Metamorphosis».

Anche Totò, col quale aveva girato molte commedie, impazziva. Raccontò che il principe le fece una proposta osée da lei rifiutata in nome dell’amore per il marito: «Se vieni sul letto con me - le aveva detto - io ti accarezzo solo, non ti faccio niente, però ti regalo un appartamento da trenta milioni». Fellini l’adorava. E girò uno dei suoi film più celebri, «I clown», proprio sotto il suo tendone. Ma delle sue interpretazioni al cinema non resta molto anche se Pietro Germi che la diresse in «Signore & signori», sosteneva che se avesse studiato recitazione avrebbe potuto essere brava come Sophia Loren. A scoprirla fu Dino De Laurentiis: andò al circo, la vide e le propose di fare un film.

Fu lui a battezzarla modificando il nomignolo di famiglia «Mora» in Moira (il vero nome era Miranda), suggerendole di rimanere sempre sé stessa: «Non cambiare mai look, chi cambia spesso non ha personalità». E lei non aveva mai cambiato, rimanendo inossidabile al passare del tempo e delle mode: «Ha saputo divertire e stupire intere generazioni», ha notato il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ricordando «un giorno triste per il mondo del circo». Negli ultimi tempi, dopo un ictus nel 2006, aveva rinunciato ad esibirsi presentandosi in pista solo alla fine dello show a bordo di una carrozza come quella di Cenerentola piena di luci e fiori.

«Il circo è la mia vita, non lo cambierei per nulla al mondo», ripeteva facendo il bilancio di una vita sempre sotto i riflettori, «il set mi affaticava, non riuscivo a stare ferma per mesi in un solo posto». Il tendone e l’esistenza da girovaga avevano avuto la meglio sul mondo dorato del cinema. «Casanova ’70» accanto a Marcello Mastroianni, «Totò e Cleopatra» e «Il monaco di Monza» con de Curtis, «Straziami, ma di baci saziami» con Nino Manfredi e «Profumo di donna» con Vittorio Gassman e la regia di Dino Risi. Poi le commedie al fianco di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e i tanti «peplum» girati a Cinecittà («Il trionfo di Ercole», «I due gladiatori» con Giuliano Gemma, «L’eroe di Babilonia», «I giganti della Tessaglia»). Molti anni dopo era tornata per un cinepanettone, «Vacanze di Natale ’90» dove interpretava l’assillante moglie di Christian De Sica che teneva sotto scacco il consorte urlando in dialetto marchigiano.

Nel 2003 l’ultimo impegno sul set: in «Natale in India» aveva interpretato sé stessa. Ormai un personaggio-culto che spopolava anche in tv a «Domenica in» nel 2002 e come ospite di Chiambretti. «Cinema e tv mi hanno resa popolare, così la gente viene a vedermi al circo», diceva, sicura anche del domani: «Dopo di me ci saranno mio figlio Stefano Nones Orfei e Brigitta Boccoli che sono davvero straordinari e che hanno dato una ventata di novità al circo introducendo il musical. E ci sarà mia nipote Moira, che ha i miei stessi capelli neri e lunghissimi. E si chiama come me».