Carlo Cracco: «Io cattivo in tv? In cucina sono anche peggio. Serve un patentino per i cuochi»

Carlo Cracco
Carlo Cracco
di Gigi Padovani
Venerdì 25 Settembre 2015, 10:10 - Ultimo agg. 12:19
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Che ci fa uno chef, sia pure famoso come Carlo Cracco, al prestigioso festival letterario Taobuk di Taormina? Dopo un Premio Nobel, lo scrittore turco Orhan Pamuk, il violinista Uto Ughi e tanti autori, un cuoco. «La cucina è cultura», dice il giudice di Masterchef mentre si destreggia tra i selfie adoranti delle ragazzine. «Io un cattivo in tv? Nel mio ristorante posso essere anche peggio, ma poi mi passa». E chiede un “patentino” per i cuochi.



Chef Cracco, lei è davvero così cattivo?

«In realtà nelle mie cucine posso anche essere molto peggio che in tv. Se uno sbaglia, mi arrabbio. Però mi passa subito».



Ma allora qualche volta è anche “buono”?

«Quando un mio collaboratore si presenta al mattino con le occhiaie perché ha fatto le sei in discoteca, sono indulgente: siamo stati tutti ragazzi».



A dicembre incomincia la quinta edizione di MasterChef: che cosa cambierà?

«Saremo quattro giudici. Arriva Tonino Cannavacciuolo, il protagonista di “Cucine da incubo”, che romperà lo schema: il buono rimarrà Bruno Barbieri, Joe Bastianich continuerà per la sua strada, io cercherò soltanto di capire chi ho davanti. E Tonino sarà l'ago della bilancia».



L'incontro che le ha cambiato la cucina?

«Gualtiero Marchesi, quando avevo 21 anni».



A chi chiede un consiglio culinario?

«A mia moglie Rosa Fanti, che tiene il blog Casa Cracco».



Di che cosa ha bisogno mentre cucina?

«Di stare da solo».



Lo strumento che non può mai mancare ai fornelli?

«Sono un grande appassionato dei coltelli».



Qual è il tratto principale della sua cucina?

«La leggerezza».



Torniamo a MasterChef, che avete già registrato: ci sono concorrenti interessanti?

«Le sorprese non mancheranno. Sono molto più preparati e più giovani delle altre edizioni».



Grazie a voi cuochi tv, sono cresciute le iscrizioni negli istituti alberghieri: sanno che è un mestiere duro?

«Ne sono orgoglioso, facciamo appassionare a un mestiere che un tempo era per “scappati da casa”. Non sarà un caso che il figlio di Renzi voglia fare il cuoco…».



Todos caballeros in cucina?

«Eh, no! Sull'onda di Expo a Milano hanno aperto 1500 nuovi locali, ma molti non sanno niente di cucina. Occorre, come in altri Paesi, che vi siano dei parametri, per definire un chef, come un patentino che si dà dopo anni di lavoro. Non per premiare i migliori, bensì per usare al meglio il momento magico della cucina italiana».