Dopo i fischi a Insigne è polemica su Instagram. La moglie Jenny: non lo meritate

Dopo i fischi a Insigne è polemica su Instagram. La moglie Jenny: non lo meritate
di Dario Sarnataro
Giovedì 21 Agosto 2014, 11:05
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«Non lo meritate a Napoli». Tutto in una frase, scritta d’istinto da sua moglie, Jenny Darone, su Instagram, in risposta ad offese sul social network e che poi ha scatenato centinaia di commenti contrastanti. Cinque parole che sintetizzano la rabbia di Lorenzo Insigne dopo i fischi del San Paolo. Il ragazzo di Frattamaggiore sogna ancora, nonostante tutto, di diventare capitano e bandiera del Napoli ma il rapporto con l’azzurro sta diventando controverso, difficile. La maglia tanto inseguita da piccolo inizia a pesare sulle spalle. Non tanto da scagliarla a terra, per carità, ma i fischi di martedì sera gli fanno ancora male. È stato un dopo-gara molto concitato quello di Lorenzo: si è sfogato sino alla due di notte con amici e manager e, nel mentre, ha ricevuto l’immediata solidarietà dei tifosi delle curve A e B, in dissenso con Distinti e Tribune. Basterà?



«Fischiare chi lo merita, non chi suda la maglia» ha scritto su Facebook il fratello Marco, prima di cancellare il post. L’ordine di scuderia è il silenzio, per dimostrare sul campo, magari già a Bilbao, che la contestazione è molto ingenerosa. Era già capitato, il 29 gennaio scorso, nel corso di Napoli-Lazio di Coppa Italia: gli azzurri che stentano, Benitez che lo sostituisce con Mertens, i fischi e la sua reazione. Un gesto di stizza in cui è ricaduto l’altra sera, quando ha scagliato la maglia a terra e poi si è coperto il volto con un’altra shirt, per nascondere rabbia e lacrime. «Nemo propheta in patria» è una massima latina quantomai appropriata per i partenopei che giocano a Napoli, ma forse c’è qualcos’altro. C’è un ruolo, quello di esterno di sacrificio, che non lo soddisfa in pieno. C’è, forse, qualche incomprensione con la società e con De Laurentiis. Il presidente è il primo che ha creduto in lui imponendolo a Mazzarri e rinnovandogli il contratto l’estate scorsa. Poi, però, qualcosa pare si sia inceppato: piccole frizioni per la gestione dei diritti di immagine, l’indiretta richiesta di un riconoscimento dopo la convocazione al Mondiale e la bacchettata di De Laurentiis del 31 luglio scorso. Il patron, nella circostanza, non ha mai fatto il nome di Insigne ma in quel «se si cerca di ottenere maggiori prebende uno può anche dire: “ragazzino impara a stare al posto tuo”», il riferimento è apparso subito scontato, chiudendo il cerchio che ha come passaggio intermedio anche il rifiuto di parlare nel giorno dell’incontro pubblico con Dimaro, in ritiro. «Per rispetto di Ciro Esposito» si è detto, ma la stizza di Insigne è sembrata evidente. Eppure è reduce da una buona stagione, lotta e si sacrifica e ha dimostrato ulteriormente il suo attaccamento alla maglia rinunciando a qualche giorno di ferie pur di iniziare per tempo la preparazione. Trapela anche un disagio: Insigne lamenterebbe una considerazione non piena da parte del club, reo anche di non proteggerlo a dovere dai rischi ambientali (quelli di martedì per intenderci), altissimi per un napoletano.



E in quel «Non lo meritate a Napoli» l’ombra sinistra di un addio che prima sembrava impossibile e che ora invece non è da escludere, prima o poi. «I tifosi possono fare quello che vogliono, ma noto un po’ di prevenzione e forse di invidia nei confronti di Lorenzo», commenta Enzo Setola, il primo allenatore di Insigne nell’Olimpia Sant’Antimo. «Sente più degli altri la partita, ma non ha ricevuto l’aiuto che, per esempio, ha avuto Callejon. Dovrebbe fregarsene dei fischi ma non è facile, se fossi in lui valuterei il doloroso divorzio».

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