Cori ultrà, Tavecchio choc: chi insulta Napoli non rischia nulla

Cori ultrà, Tavecchio choc: chi insulta Napoli non rischia nulla
di Maurizio de Giovanni
Martedì 19 Agosto 2014, 03:10 - Ultimo agg. 11:22
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Avevamo detto che Tavecchio, come peraltro il nome stesso lasciava intuire, non sarebbe stato l’uomo adatto per il rinnovamento di cui il calcio italiano ha disperato bisogno. E avevamo manifestato perplessità in merito al sostegno che alla sua elezione aveva proposto la società calcio Napoli, il cui presidente ha tante volte e ad alta voce chiesto il ribaltamento dell'attuale gretta e retriva mentalità. Avevamo auspicato un commissariamento da parte del Coni, qualcosa di grave e forte che però cambiasse finalmente un andazzo che va a gonfie vele verso il baratro. E tuttavia speravamo di sbagliarci, e ci auguravamo che fin da subito la nuova governance, come si dice oggi, ci avrebbe smentito con una gestione illuminata e sensibile a una società che cambia, e della quale il calcio, col suo immenso seguito, è una delle più forti manifestazioni.



Purtroppo ci ritroviamo a commentare con agghiacciata sorpresa un atto inspiegabile e gravissimo, che va in direzione opposta all'affermazione della civiltà di cui abbiamo tanta e tale necessità. Dopo aver perso qualche ora a concludere l'ingaggio del signor Conte come commissario tecnico della disastrata nazionale, garantendo allo stesso con l'aiuto degli sponsor ben quattro milioni all'anno di ingaggio (alla faccia del richiamo all'austerità e alla spending review), la prima decisione della gestione Tavecchio è la depenalizzazione sportiva della discriminazione territoriale, che da oggi non sarà più un illecito ma solo «un insulto di secondo genere», al quale non seguirà la chiusura delle curve ma che darà luogo a una «graduale» punizione di ordine amministrativo alle società i cui tifosi si renderanno responsabili di questo odioso atteggiamento.



In pratica da oggi la violenza di branco potrà legittimamente essere alimentata dai cori che inneggiano al Vesuvio, al colera, alla puzza dei napoletani, a far uscire gli stessi dall'Italia e via cantando. Il sangue di Ciro Esposito da ultimo non è evidentemente servito a nulla: il calcio italiano che esprime questa dirigenza decide di lavarsene le mani in cambio del denaro che porta una curva aperta. È il riconoscimento, l'ufficializzazione della schiavitù delle società, dell'asservimento ai movimenti ultrà che pretendono di poter liberamente cantare i loro cori beceri e di manifestare impunemente l'imbecillità dei principi di intolleranza ai quali si uniformano da due decenni.