Aerospazio, la sfida globale che rilancia la Campania

Aerospazio, la sfida globale che rilancia la Campania
di Nando Santonastaso
Lunedì 29 Settembre 2014, 16:55 - Ultimo agg. 30 Settembre, 16:42
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I numeri, in fondo, sono noti da tempo e non solo tra gli addetti ai lavori. Che il polo aeronautico e aerospaziale della Campania rappresenti in termini di fatturato il 25% del totale nazionale, il 15% delle unità locali e il 27,5% del numero complessivo di addetti al settore in Italia, è ormai acclarato. Come pure è pacifico che sia sempre più questo il comparto sul quale la Campania e in generale il Mezzogiorno più avanzato (come nel caso della Puglia) possono giocare carte importanti.



Non solo perché ogni programma industriale aerospaziale deve avere una profondità nel tempo superiore almeno ai 20 anni altrimenti è inutile provarci (business da «mordi e fuggi» non esistono) e dunque può assicurare ricadute significative in termini di occupazione, fatturato, utili e mercato a media e lunga scadenza. Ma c’è anche il fatto - e lo ha dimostrato la storia di questi ultimi tempi - che il settore è riuscito a resistere meglio di tanti altri alla crisi e alla recessione (si pensi ai contraccolpi negativi subìti da chimica, navale, siderurgia), garantendo posti di lavoro e qualità in maniera sempre proporzionale.



La ricerca, l’utilizzo di tecnologie che hanno puntato sulla sicurezza e al tempo stesso su costi gestibili in condizioni economico-finanziarie delicate, e soprattutto la grandissima qualità progettuale di schiere di ingegneri, moltissimi «made al Sud», hanno mantenuto altissimo il livello di competitività delle aziende. E la scheda pubblicata in questa pagina dimostra quante continuano ad operare in questo campo, tra big e pmi, tra colossi pubblici e capitale privato. Ma tutto questo, si diceva, è in larga parte conosciuto. È tanto, eppure rischia di non bastare a guardare al futuro con un pizzico di ottimismo in più.



Ciò che infatti preoccupa gli operatori del settore e quanti hanno a cuore le sorti dell’industria campana è come tutelare capacità e investimenti in un mercato globale (il più globale che si può, se ci si riflette) nel quale le occasioni di sviluppo non mancano ma rischiano di svanire se non opportunamente sostenute. Per spiegarci meglio: lo sforzo delle aziende di restare al vertice e comunque di mantenere gli stessi attuali standard di qualità non può essere affidato solo alle quotidiane, brillanti perfomances di manager, tecnici e operai. C’è bisogno che l’intero sistema produttivo, politico e amministrativo (vedi alla voce burocrazia) faccia fino in fondo la sua parte.



Vuol dire assicurare sostegno e investimenti al settore, procedure celeri e trasparenti, infrastrutture adeguate, tempi certi per ogni risposta. È in fondo quanto si chiede normalmente ad uno Stato che voglia proteggere i suoi migliori e più prestigiosi fiori all’occhiello ma che in Italia e nel Mezzogiorno in particolare diventa più complicato, problematico, incerto. Non è un caso che nonostante l’altissima competitività delle aziende aeronautiche e aerospaziali, il nostro Paese sia ancora molto indietro nella classifica internazionale, appunto, della competitività. C’è un gap in termini di efficienza o meglio di cultura dell’efficienza che rischia di frenare anche le migliori idee progettuali che tra Nola, Pomigliano, Napoli, Capua e Benevento - ma l’elenco delle località campane sedi di aziende anche piccole de comparto è lunghissimo - non sono mai mancate in questi anni e che, c’è da starne certi, non mancheranno neanche in futuro.



La storia del polo aeronautico e aerospaziale campano è in fondo il paradigma forse più emblematico delle contraddizioni del Sud e dell’Italia in generale. Grandi centri di ricerca, grandi menti e scienziati di valore mondiale costretti spesso (per fortuna non sempre) ad operare in contesti ambientali che in ogni altro angolo del mondo sviluppato farebbero gridare all’orrore. È uno dei limiti delle politiche di sviluppo alle quali si cerca anche in Campania di rimediare. Positiva, ad esempio, la recente decisione della Regione di sostenere con appositi finanziamenti una parte dei progetti proposti dal polo regionale aerospaziale, spesso e volentieri indicato come l’attrattiva industriale numero uno del territorio. Ma questa è anche la grande incognita del futuro: come reagiranno le grandi aziende internazionali e nazionali (a partire da Boeing e da Finmeccanica) a ritardi e incertezze che potrebbero anche compromettere investimenti e opportunità milionarie? Finora le capacità delle piccole e medie realtà industriali - lo documentano anche queste pagine - hanno fatto fronte a emergenze di ogni tipo, dai trasporti insufficienti ai limiti operativi di molti interlocutori istituzionali.



Chi ha potuto, come nel caso del Cira, ha anche avviato un’intelligente operazione di sostegno al territorio e alle emergenze che lo caratterizzano (quelle ambientali, in sostanza) offrendo cervelli, tecnologie e programmi al monitoraggio scientifico di dati e mappe sulle criticità vecchie e nuove che la «Terra dei fuochi» ha fatto esplodere sul piano internazionale. Altri hanno spinto sull’acceleratore della ricerca e della qualità delle produzioni per essere sempre più all’altezza delle sfide del mercato. Eppure c’è la consapevolezza che di fronte ad altre forti opportunità di crescita - si pensi solo al nuovo aereo regionale che il consorzio italo-francese guidato da Alenia ha messo in pista di lancio e che dovrebeb seguire le orme del fortunato Atr - il «sistema Campania» appaia ancora inadeguato. Solo spettatore, cioè, e forse persino distratto, di evoluzioni tecniche e organizzative che al contrario dovrebbero essere facilitate e supportate con ogni mezzo. Certo, la partita dell’aerospazio non si gioca solo in Campania e in Puglia: ma sarebbe folle nascondere che qui c’è un valore aggiunto da proteggere. Perché duri nel tempo e il più a lungo possibile.





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