L'illusione dell'immortalità: ecco l'Avatar per Mbattere la morte

L'illusione dell'immortalità: ecco l'Avatar per Mbattere la morte
di Anna Guaita
Mercoledì 27 Agosto 2014, 18:24 - Ultimo agg. 18:25
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La fantascienza ci offre spesso esempi di fusione fra il cervello umano e le macchine.



L'ultimo in ordine di tempo è il film “Transcendence”, con Johnny Depp nei panni di uno scienziato la cui intelligenza viene trasferita in un supercomputer, con tutti i danni che ne conseguono. Ma un gruppo di giovani ricercatori del Massachusetts Institute of Technology propone un diverso trasferimento dell'intelligenza umana alle macchine: per i creatori di Eterni.me l'uomo può dare vita a un altro se stesso, un “io” virtuale. Un avatar, per intenderci. E questo emulo di noi stessi può continuare a vivere per sempre, interagendo con i nostri cari, amici, discendenti, per mesi, anni, secoli dopo la nostra morte.



La proposta di Marius Ursache, uno dei giovani ideatori di Eterni.me può causare brividi di orrore o risposte entusiastiche. Certo è che già decine di migliaia di persone si sono messe in fila per entrare nel programma. Un programma, è bene chiarire, ancora nello stadio sperimentale. Infantile anzi.



ACQUISTI E DESIDERI

Se la scommessa di Eterni.me andrà in porto, dovrebbe funzionare meglio con il passare del tempo, diciamo crescendo. Nel senso che l'individuo dovrebbe contribuire ad arricchire e a perfezionare il proprio avatar post-mortem man mano che invecchia, nel corso della propria vita terrena. L'io alternativo viene ricostruito da un computer che ha pieno accesso all'impronta digitale che ognuno di noi lascia dietro di sè: chat, e-mail, foto, curriculum professionale, tutti i "mi piace" e i "non mi piace" che abbiamo espresso, i nostri acquisti, dai pantaloni ai libri, dalla musica ai video-giochi, dai viaggi alle medicine, eccetera. Chi davvero usa internet non si rende neanche conto quanto di sè abbia espresso e continui a esprimere ogni giorno e ogni ora che passa on-line. Un computer, usando gli stessi algoritmi di Google o Amazon, dovrebbe accorpare tutte queste informazioni e costruire una personalità virtuale. A quel punto, proporrà anche il nostro aspetto fisico tridimensionale, et voilà il nostro avatar immortale. I nostri bisnipoti potranno fare skype con noi.

Ovviamente vien fatto di chiedersi: ma perché mai i nostri bisnipoti potrebbero voler fare skype con noi? Questo sembra il punto debole del grande progetto. Psicologi e sociologi sono già lì a studiare il fenomeno, che alcuni vedono come una forma di narcisismo, altri come la riprova della paura che la maggior parte del genere umano prova all'idea di essere dimenticati dopo la morte. Ma c'è anche chi si preoccupa per l'impatto che l'avatar di noi stessi può avere sulle persone che ci sono veramente vicine e care, che possono diventare incapaci di sopportare il naturale dolore del lutto, attaccandosi alla falsa sensazione che la persona in qualche modo sopravviva.



LA LEGISLAZIONE

È vero che Internet ha già dovuto affrontare il problema della vita digitale eterna. Su un fronte diverso: se Facebook e Google hanno procedure per bloccare o cambiare le pagine dei clienti dopo la loro morte, altri siti non hanno ancora affrontato il problema. Ma proprio la scorsa settimana lo Stato del Delaware ha passato una legge che potrebbe diventare il faro per gli altri Stati Usa. La legge prevede che tutto passi ai suoi eredi legittimi, dalle foto di Instagram agli acquisti su iTunes, le password dell'iPhone e iPad ecc. In tal modo, si potrà evitare che ci siano siti paralizzati per sempre, con facce sorridenti su Facebook di persone che non esistono più, curriculum su LinkedIn di morti che cercano ancora lavoro. La vita virtuale finirà con la vita reale. Tranne quella di Eterni.me. Quella dovrebbe cominciare proprio quando la vita vera si spegne.

Ma quanto verosimile può essere il nostro avatar? Si diceva che il programma è allo stato infantile. Perché la capacità dei computer di creare una "persona" virtuale davvero realistica che tragga in inganno le persone in carne e ossa finora si ferma all'età di 13 anni. Poche settimane fa, dei programmatori russi hanno creato l'avatar di un ragazzo di 13 anni, battezzato Eugene Goostman. L'avatar ha chattato con centinaia di persone: il 33 per cento ha creduto che fosse davvero una persona. E' stata la prima volta nella storia dell'intelligenza artificiale che un computer ha superato il "Turing Test", cioé è riuscito a farsi credere un essere umano da almeno il 30 per cento degli interlocutori. Ma - appunto - fingeva di essere un ragazzino di 13 anni.