L'inchiesta di Salerno, Mauriello:
«Io la pedina della commissione»

L'inchiesta di Salerno, Mauriello: «Io la pedina della commissione»
di Gianni Colucci
Lunedì 21 Ottobre 2019, 09:26
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La versione fornita al giudice Indinnimeo che lo aveva mandato in carcere è quella di un uomo finito nella rete della corruzione della commissione tributaria di Salerno. Senza alcun vantaggio economico, Antonio Mauriello si è interessato ad alcuni casi specifici, ma in nessun modo ha ottenuto benefici economici per sé. Nemmeno nel caso della sentenza sulla multa da 960mila euro alla Sidigas, la vicenda è stata risolta con un vantaggio economico per Mauriello. Al magistrato ha spiegato invece che pur essendo da un decennio consulente della Sidigas, non c'era mai stata una parcella versata a suo favore. D'altra parte De Cesare, patron di Sidigas, ha una pendenza da 70 milioni con il fisco, quindi la risoluzione di un contenzioso da meno di un milione appariva come poca cosa.

«Il Giudice Mauriello - spiega il suo avvocato, Alfonso Quarto - ha risposto con serenità ad ogni domanda chiarendo la sua estraneità rispetto al quadro accusatorio, che lo vedeva dominus indiscusso . Ha di fatto ammesso una sola ipotesi». Circa il rapporto con l'Avellino Calcio Quarto aggiunge: «Nulla c'entra la nomina del figlio del giudice Mauriello come presidente dell'Avellino calcio atteso che i fatti contestati si sarebbero verificati tra il 2016 e il 2017 mentre il gruppo Sidigas ha acquisito il titolo dell'Avellino calcio solo ad agosto 2018 (tra l'altro casualmente, visto l'imprevista non iscrizione al campionato di calcio di serie B della precedente proprietà)». Anche nel caso di Casimiro Lieto (che sarà interrogato oggi pomeriggio nel carcere di Regina Coeli) Mauriello si difende. Nessun interessamento contro versamento di denaro o altri vantaggi da parte dell'autore televisivo. Tra l'altro l'intera vicenda Mauriello la spiega come una forma di consulenza amichevole a seguito di una sentenza di primo grado che era già stata favorevole a Lieto e che attendeva appunto la definizione, quella firmata poi dal giudice Fernando Spanò.

 
I POSTI AI FIGLI
E le promesse di posti di lavoro? In quel caso si trattava di un sistema che uno degli indagati definisce «scenari di corruttela» propri dell'ambiente di quella commissione tributaria del quale Mauriello è ritenuto, dal giudice Pietro Indinnimeo, come il dominus. In realtà a chiedere posti lavoro, secondo il componente del consiglio di presidenza della giustizia tributaria, erano funzionari e magistrati tributari che manipolavano le sentenze. Nel caso che lo riguarda, Giuseppe Naimoli e Fernando Spanò, che avevano chiesto al figlio di Mauriello, Claudio, e allo stesso Casimiro Lieto, lavoro per i loro figli. Naimoli si era finanche recato sotto lo studio professionale avellinese dei Mauriello per perorare la causa del figlio. La Sidigas tuttavia non avrebbe potuto assumere il giovane dato che si trovava in una difficile situazione finanziaria, al massimo avrebbe potuto assumerlo in prova. Questo avvenne e dopo poco il figlio di Naimoli si licenzia. Lieto aveva indicato un lavoro per il figlio del giudice Spanò, un posto da guardiano che non piacque al rampollo del magistrato. Il quadro prospettato dal pm della procura di Salerno Elena Guarino e dal procuratore aggiunto Luigi Alberto Cannavale, convinse il gip per gli arresti. Era stato Naimoli a parlare in due interrogatori di «scenari di corruttela» ritenendo intanto che solo in un caso c'era stata una promessa di soldi che poi gli erano stati consegnati da De Camillis, altro magistrato finito nell'inchiesta, per il resto «i rapporti erano poi diretti tra Mauriello e Spanò». Si tratta della vicenda della sentenza relativa alla Sogea per la quale Naimoli riceve 1000 euro e Spanò intasca 10mila euro. «L'analisi delle intercettazioni telefoniche e ambientali ha permesso di ricostruire le modalità con le quali gli indagati, ciascuno nei rispettivi ruoli, avevano alterato lo sviluppo dei procedimenti tributari fino alla loro definizione». Perché solo ora spunta Mauriello in una vicenda giudiziaria che si è sviluppata da tempo? Per una pura strategia, secondo i legali di Mauriello. L'avvocato fino ad oggi era rimasto fuori dall'inchiesta sui giudici tributari di Salerno e oggi, anche in virtù del suo ruolo, diventa utile pedina su cui scaricare tutte le responsabilità. Si tratta di un quadro che viene fuori dalla fase investigativa che consentì nello scorso maggio di arrestare tra gli altri Naimoli e Spanò. E sono loro a confermare che Mauriello prima da giudice della sezione di Salerno della Commissione tributaria e poi anche da componente dell'organo di autogoverno della giustizia amministrativa, «ha continuato a pilotare ricorsi di società a lui riferibili o comunque di interesse professionale per il suo studio legale e commerciale».
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