Davide, la doppia stella e la «cucina
vegetale» nata tra Sannio e Sicilia

Davide Guidara giovanissimo chef stellato
Davide Guidara giovanissimo chef stellato
di Pasquale Carlo
Giovedì 10 Novembre 2022, 07:37
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Davide Guidara, la «stella» delle due Sicilie. La Stella Michelin e la Stella Verde assegnate a questo giovanissimo chef di origini e formazione sannita, anima della cucina del ristorante «Tenerumi» del «Therasia Resort» nella meravigliosa isola di Vulcano, insieme alla terza Stella ottenuta da Antonino Cannavacciuolo costituisce sicuramente uno degli argomenti più interessanti emersi dalla presentazione dell'edizione 2023 della storica guida.

Quando lo abbiamo sentito era a bordo del treno veloce che lo stava portando alla stazione di Napoli-Afragola. Destinazione San Salvatore Telesino, per festeggiare con la famiglia questo importante traguardo. Anzi, questi importanti traguardi, perché la Stella e la Stella Verde sono stati impreziositi dal prestigioso riconoscimento del Premio Michelin Giovane Chef 2023, ricevuto dalle mani di Marco Lavazza sul palco del Relais Franciacorta di Corte Franca, in provincia di Brescia.

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Voce squillante, raggiante di felicità, per questi prestigiosi riconoscimenti che vanno ad arricchire un palmares già ricco, incredibile per uno chef di soli 28 anni.

La prima domanda va al suo trascorso sannita. All'istituto alberghiero di Castelvenere e ai suoi anni della formazione. Spontaneo chiedergli quanto abbia inciso il «verde Sannio» nell'elaborazione del suo concetto di cucina vegetale. «Tantissimo - risponde -. Nascere nel Sannio, dove sei a contatto continuamente con il mondo della natura e con i tempi delle stagioni agricole mi ha permesso soprattutto di guardare a tutto questo con estrema sensibilità. I miei genitori sono professionisti, da piccolo trascorrevo molto tempo con i nonni materni, contadini, con la fortuna di vivere con i tempi scanditi dal lavoro nei campi».

A questo si aggiunge la prima formazione al Foro dei Baroni di Puglianello, seguendo il lavoro di Raffaele D'Addio: «Lì ho iniziato prestissimo. Avevo 14 anni e frequentavo la scuola di Castelvenere. Al ristorante non potevo andarci tutti i giorni, perché la disciplina impostami soprattutto da mamma mi chiedeva di portare a casa sempre buoni voti. Venerdì, sabato e domenica ero però sempre tra i fornelli. In estate, poi, andavo fuori dal Sannio per fare le mie prime esperienze».

Trascorsa la prima gioventù in Valle Telesina, a 22 anni l'approdo nell'isola della trinacria. Al principio la bella esperienza all'Eolian Milazzo Hotel, poi è la volta del Sum di Catania, tappa fondamentale per il suo percorso, iniziando ad elaborare le prime fondamenta di quella che è la sua cucina, fatta tutta di essenzialità. La Sicilia tutta via non è stata una scelta ma è giunta, spiega, «per puro caso. Al termina di uno stage al Noma di Copenaghen andai in Sicilia per trascorrere alcuni giorni di vacanza da mio zio paterno, a Milazzo. In quell'occasione ho incontrato un imprenditore del posto che voleva dare vita ad un ambizioso progetto di cucina. Allora, in molti mi sconsigliarono di trasferirmi a Milazzo, dandomi del pazzo perché non sarebbe stato facile affermarsi con una cucina di avanguardia in una terra dove la cucina significa quasi esclusivamente tradizione. Invece sono venuto a trovarmi in una terra dalle potenzialità agricole che non solo mi ricordavano il Sannio, ma che erano molto amplificate, ingigantite».

Da questo incredibile mix nascono le 7 semplici regole che sono alla base del suo «Manifesto di nuova cucina vegetale». «La cucina vegetale - spiega - è stata sempre poco considerata, valutata come una cucina che non ha una propria identità. Tutto questo è frutto anche dell'uso fatto dei vegetali per imitare preparazioni ottenute con prodotti animali, come polpette e hamburger. Nella mia cucina il vegetale è invece protagonista, non più elemento complementare. Grazie a tecnica e ricerca i vegetali assumono in cucina il loro giusto ruolo, e la maestria di un bravo cuoco riesce a tirare fuori tutto il loro potenziale, anche gustativo».
Uno chef giovanissimo non può fermarsi alla prima Stella. Giusto? «Ho bisogno di un po' di tempo - risponde - per metabolizzare quanto successo in questi ultimi giorni. Ma, ovviamente, questo non è assolutamente un punto di arrivo. La trasformazione che si sta vivendo, viaggia nella direzione di quelle che sono le mie idee di cucina. Mi sento come un giovane alla fine degli studi universitari, con tanta voglia di continuare ad impegnarmi con passione, per raggiungere nuovi traguardi».
 

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