Luciano Pignataro
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L'amatriciana e il terremoto
ha ragione Cannavacciuolo

Antonino Cannavaciuolo
Antonino Cannavaciuolo
di Luciano Pignataro
Lunedì 29 Agosto 2016, 12:01 - Ultimo agg. 13:20
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Come è possibile che un piatto sia diventato il simbolo della solidarietà in tutta Italia? Solo voglia di farsi pubblciità da parte dei ristoratori e dei pizzaioli?
Non è così, anche se questo elemento ci può essere, ma il punto è che, come spiega bene Antonino Cannavacciuolo oggi su Repubblica, che spesso la comunità si identitifica con un piatto e questo diventa un simbolo condiviso.
A cosa sono legati tanti ricordi della nostra infanzia? Ai piatti che ci cucinavano la mamma e la nonna. Oppure a quello provato in trattoria quanco di siamo andati con i nostri genitori.
Cosa mettono nelle valige, ancora oggi, le madri ai figli che partono? Il cibo.
E cosa vogliamo mangiare quando torniamo da un lungo viaggio? Il nostro piatto della tradizione.
Cosa cerchiamo quando stiamo fuori? Il nostro cibo.
I monumenti crollano e, forse, saranno ricostruiti, come anche le case di cartapesta con cui l'Italia ha costruito il suo boom degli ultimio decenni, ma la cucina, ricorda Tonino, si tramanda di generazione in generazione. L'amatriciana esisterà finche ci saranno gli italiani.
E' simbolo la pizza, lo sono i tortellini, la bagnacauda. Tutto quello che la nostra comunità ha elaborato con la fame e la gioia di vivere. Litighiamo sino allo sfinimento per stabilire cosa sia tradizione e cosa no.
Ecco perché l'amatriciana, più di ogni altra cosa, è diventata uno dei simboli, forse il simbolo, della tragedia di quest'ultimo terremoto. Perché tutti gli italiani l'hanno mangiata in tutte le case dalla Val d'Aosta alla Sicilia e aiutare il paese che ha dato il nome a questo piatto che sentiamo nostro è un modo per sentirci ancora una comunità.
Ancora una comunità nonostante i social, lo sfibramento del tessuto sociale, dello scatafascio delle ideologie, l'io che ha preso il posto del noi.
 

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