Luciano Pignataro
Mangia & Bevi
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Stappato un Taurasi del 1934
un rosso perfetto!

I Taurasi in degustazione
I Taurasi in degustazione
di Luciano Pignataro
Martedì 31 Maggio 2016, 13:11
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Non basta produrre buoni vini per essere una regione vitivinicola. Anche perché adesso, grazie allo sviluppo delle tecniche in vigna e in cantina, è possibile avere ottimi risultati anche in terreni che prima non erano considerati vocati. Ma per essere un territorio vitivinicolo è necessario che al suo interno operino tante aziende capaci di mettere sul mercato vini longevi che migliorano con il tempo. E la Campania, nel suo insieme, starei per dire il Sud, ha solo la Mastroberardino.
In questo quarto di secolo in cui si è sviluppato il settore con la nascita di decine di aziende, se ne contano circa trecento in attività in regione, quasi nessuno ha ragionato sui tempi lunghi. La maggior parte di quelle nate negli anni ‘90 non hanno neanche un archivio personale, non dico aperto al pubblico.
L’occasione per fare queste riflessioni è stata la più ampia verticale di Taurasi Mastroberardino mai fatta in Italia, dal 2009, appena in commercio, sino alla 1934 passando per la 2008 2005, la 1999, 1996, 1986, 1977, 1968, 1958. Un evento unico, che nessuna altra azienda del centro sud ha la forza di fare ad eccezione delle aziende storiche che operano con il Marsala. L’occasione è stata la visita del presidente nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier Antonello Maietta in Irpinia, sua terra di origine. Degustazione in mattinata nella sede storica di Atripalda, sopravvissuta alla guerra e al terremoto, e poi nel pomeriggio festa alla nuova tenuta Morabianca ad Atripalda.
La degustazione ha confermato la grande longevità dell’Aglianico, un rosso capace di sfidare il tempo come pochi altri. In perfetta forma tutte le etichette prima degli anni ‘90, strepitosa a detta di tutti la 1958, pimpante al naso e succosa al palato. Una capacità di attraversare le stagioni che a nostro giudizio vale anche per i tre grandi bianchi campani, Greco, Fiano e Falanghina, ma su cui pochi hanno iniziato a ragionare.
Il consumo rapido non è frutto della velocità moderna, ma della antica paura di perdere il vino e il cibo che risale a quando non c’era in sostegno alla conservazione la catena del freddo. Oggi questa atavica paura è rimasta per il pesce, ma resta ancora profonda la convinzione che un vino bianco, ma anche rosso, di più di un anno, sia solo un tentativo di imbrogliare da parte del ristoratore. Sembra incredibile, ma la maggior parte delle persone la vede ancora così. Ecco perché questi eventi stanno al consumo come la Formula 1 alle auto che circolano per le strade: sembrano per pochi ma alla fine entrano nella vita di tutti.
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