Maria Pirro
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Molecola anti-cancro
scoperta a Napoli

Molecola anti-cancro scoperta a Napoli
di Maria Pirro
Martedì 23 Agosto 2016, 19:39 - Ultimo agg. 20 Marzo, 06:47
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Una molecola che blocca la crescita del melanoma, il tumore della pelle. L'ha individuata un gruppo di ricercatori dell'istituto Pascale di Napoli guidato dal direttore scientifico, Gennaro Ciliberto, e dal direttore di Oncologia medica melanoma, Paolo Ascierto,  in uno studio finanziato da Airc e realizzato in collaborazione con il laboratorio di Carlo Croce all’Università di Columbus negli Stati Uniti. 

In particolare, i medici hanno dimostrato che questa piccola molecola, chiamata miR-579-3p, è presente in abbondanza nei normali nei, ma la sua quantità diminuisce se il melanoma diventa più aggressivo e, soprattutto, se la neoplasia è resistente con il tempo ai farmaci inibitori di BRAF e di MEK. Somministrando dall'esterno la molecola alle cellule tumorali, invece, i livelli degli oncogeni scendono e le cellule iniziano a morire ed è possibile evitare la “neutralizzazione” delle terapie. «Alla luce di questi risultati si può aprire la possibilità - ha detto il direttore scientifico Ciliberto - di utilizzare attraverso approcci nanotecnologici il miR-579-3p come farmaco per migliorare le attuali terapie. Inoltre si potranno misurare i livelli del miR nel sangue come nuovo biomarcatore per predire in maniera precoce l’evoluzione dalla malattia e lo sviluppo di  resistenza alle terapie». La scoperta è stata da poco illustrata sulla rivista PNAS ed è solo l'ultima incentrata su questa patologia decisiva per sconfiggere il melanoma, ma anche altri tumori. 

Ho intervistato l'oncologo Ascierto il 3 giugno scorso (link alla pagina web del Pascale), quando si è parlato di un “vaccino universale” contro il cancro in base ai risultati preliminari di una sperimentazione avviata dall'Università Gutenberg, in Germania, pubblicati su Nature. In quei giorni il primario dell'istituto tumori di Napoli era in partenza per Chicago: diretto al congresso mondiale Asco, unico italiano ad aver avuto questo ruolo di primo piano a livello internazionale. Quel colloquio che ripropongo qui è interessante per capire come stanno cambiando le terapie e le più innovative.

Su Nature è stato spiegato che il “vaccino” tedesco avrebbe già dato risposte positive nel sistema immunitario dei topi e ora è testato su tre pazienti in stadio avanzato di melanoma. Al di là dei tecnicismi, dottor Ascierto, può chiarire che significa?
«Che le buone notizie per ora sono soprattutto per i topi. Di certo, la ricerca d'avanguardia ha portato a risultati effettivi sugli animali; mentre quelli per gli ammalati vanno confermati su un ampio campione di pazienti».
Quanto ampio deve essere il campione per considerare affidabile i risultati di uno studio clinico?
«Occorrono studi di fase 1 (sulla tossicità) e fase 2 (sulla efficacia) su decine di pazienti».
Dopo quanto tempo, dalla somministrazione del farmaco, si può parlare di guarigione?
«La sopravvivenza si valuta nel corso degli anni, pochi mesi non bastano per trarre conclusioni».
Perché tanta cautela?
«In passato ci sono stati tanti studi pre-clinici, quindi sui topi, che hanno dato risultati eccezionali poi non confermati nella loro efficacia dagli studi sull'uomo. Come il CancerVax, per il melanoma, il cosiddetto vaccino di Morton: l'istituto Pascale dieci anni fa è stato il centro che nel mondo ha trattato più pazienti. Ma i risultati sono stati negativi: è giusto non creare false aspettative. Inoltre va fatta una precisazione».
Quale?
«Quello appena sperimentato in Germania è un vaccino terapeutico, non preventivo. Ciò significa che può essere adatto per persone già colpite dalla neoplasia. La stessa definizione di vaccino è in qualche modo impropria».
Allora perché parlare di vaccino?
«Perché il trattamento sfrutta il principio alla base del vaccino, ovvero crea una risposta immunitaria specifica verso gli antigeni. Solo che per l'influenza si neutralizzano i virus prima della malattia, in questo si stimolano le difese dell'organismo dopo la diagnosi».
L'unico vaccino anti-cancro preventivo resta quello contro il papilloma virus, al centro peraltro di polemiche.
«Anche per questo farmaco avremo i dati consolidati sull'efficacia solo tra diversi anni».
Perché partire dal melanoma nella ricerca di un vaccino universale contro il cancro?
«Tra tutti i tumori, il melanoma è quello maggiormente immuno-sensibile, cioè le difese dell'organismo hanno un ruolo importante».
In che modo?
«Si è osservato che si possono avere regressioni spontanee della malattia, seppure raramente. Per questo, proprio dal melanoma è partita l'esperienza dell'immunoterapia moderna che ha già portato a una rivoluzione nei trattamenti clinici».
In che cosa consistono le nuove cure già disponibili?
«Queste terapie agiscono rimuovendo due freni che limitano l'attività del sistema immunitario e quindi rallenta la crescita delle cellule cancerose: uno è il CTLA-4, verso cui è diretto l'ipilimumab; l'altro è il PD-1, verso cui è diretto il nivolumab».
Risultati?
«In particolare, l'ipilimumab è risultato in grado di cronicizzare, e quindi guarire, il 20 per cento dei pazienti inseriti nella sperimentazione: e questo dato è consolidato perché verificato a distanza di dieci anni dal primo ciclo di terapia».
Il farmaco viene assunto per sempre?
«No, bastano quattro cicli (endovena, ogni 3 settimane) per tenere a bada la malattia o anche per farla regredire, come per l'epatite. Ma ci sono anche altri farmaci da dicembre entrati nel prontuario del servizio sanitario nazionale».
Per quali altri tipi di tumori si utilizza l'immunoterapia?
«Per il cancro rene un nuovo farmaco è stato da poco approvato, quindi arriverà in Italia, e per la neoplasia alla vescica immunoterapici analoghi sono in via di validazione da parte di Fda, l'ente statunitense di controllo. Non solo: altre sperimentazioni sono in corso per il tumore testa-collo e per il linfoma di Hodgkin e durante l'anno ulteriori novità sono annunciate per i tumori gastro-intestinali e le cellule di Merker».
Tutto questo mal si concilia con i costi a carico del sistema sanitario.
«Sì, sono terapie ad alto costo. Proprio ieri abbiamo avuto un incontro in Regione Campania su questo. In futuro, sarebbe utile individuare un bio-marcatore per dare il farmaco solo a quei pazienti che davvero rispondono alla terapia».
Quali sono le sperimentazioni in corso al Pascale?
«Sono almeno 40 solo per l'immunoterapia e riguardano i nuovi farmaci per le varie patologie. Personalmente, seguo oltre 250 pazienti colpiti dal melanoma».
Si tenta anche la combinazione di più farmaci?
«Sì, i due immunoterapici combinati danno migliori risultati nella cura del melanoma in certi casi».
Tuttavia, la metà degli ammalati coinvolti nella sperimentazione pilota inglese ha manifestato gravi effetti collaterali.
«È vero, ma siamo esperti nel maneggiare questi farmaci: il Pascale è tra i pochi centri al mondo che difatti sta portando avanti la sperimentazione non solo per il melanoma ma anche per il microcitoma polmonare, i tumori gastrici e dell'ovaio, in collaborazione con il dottore Sandro Pignata. Ma la terapia è rivolta a quei pazienti che hanno già tentato trattamenti, senza successo».
Come fa a partecipare a un trial?
«Ci sono criteri precisi che vengono valutati di volta in volta dal team dedicato del Pascale che esegue le visite e gli esami indicati».
In Germania i test sono iniziati nove mesi fa. In genere per sviluppare una nuova terapia servono almeno 4-5 anni di ricerche e per questo gli scienziati hanno intenzione di portare avanti la sperimentazione sui pazienti con melanoma e, più avanti, nel 2017, trattare altri tipi di tumore. Il Pascale potrebbe partecipare ai trial?
«Di sicuro, se dovessero partire, l'istituto tumori di Napoli si candida. C'è già un team di ricercatori che si occupa di vaccini, come per l'epatite è guidato dal collega Luigi Buonaguro».
Come gli scienziati tedeschi, ritiene che un "vaccino universale" contro il cancro possa funzionare?
«In futuro, se si arriverà effettivamente a un vaccino terapeutico anticancro sull'uomo, questo potrà essere utilizzato in affiancamento alle potenti “armi” di immunoterapia che già stiamo utilizzando, per avere una risposta ancora maggiore in termini di efficacia».
 
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