«Acms, non ci fu danno erariale»
assolti 28 ex Provincia Caserta

«Acms, non ci fu danno erariale» assolti 28 ex Provincia Caserta
di ​Marilù Musto
Giovedì 10 Agosto 2017, 12:02 - Ultimo agg. 21:10
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Uno di loro, Domenico Dell’Aquila, ex assessore all’Agricoltura della Provincia di Caserta, non ha fatto in tempo a leggere la sentenza che lo assolve.
È morto un mese fa, senza sapere. È scomparso prima che la prima sezione della Corte di Appello della Corte dei Conti sancisse il «principio di sussidiarietà» assolvendo tutti gli amministratori e i dirigenti della Provincia dal reato di danno erariale. Tutti o quasi. Perché solo in parte, 28 per la precisione, avevano presentato appello alla decisione di primo grado della corte dei Conti di Napoli che aveva in parte condannato e in parte ridotto le somme sequestrate agli amministratori della Provincia.
Anno 2007. Capitolo trasporti: un buco nero grande quanto il pianeta. Perché l’azienda partecipata che garantisce il trasporto pubblico su bus, Acms, prima va in crisi e poi viene sostenuta dalla Provincia, ma solo allo scopo di non lasciare a piedi i cittadini. Tutto accade dieci anni fa, ma l’inchiesta del procuratore di Napoli della Corte dei Conti, Ferruccio Capalbo, sale a galla solo nel 2012, quando viene contestato il danno erariale a 35 politici e dirigenti della Provincia. E la notizia dei sequestri dei beni immobili finisce su tutti i giornali, compresi i sigilli ai 17 appartamenti dell’ex presidente della Provincia, Sandro De Franciscis. Anno 2017. L’impianto accusatorio crolla di fronte all’analisi della Corte di Appello che ha depositato la decisione il 4 agosto. Ed ecco le assoluzioni. Tra i ricorrenti c’era anche Dell’Aquila, difeso dal legale Giuseppe Ceceri. E c’erano anche l’assessore Enrico Milani e Adolfo Villani, difesi da Luigi Adinolfi. E c'era, infine Martino Avella, dirigente dell’ente.
Una vicenda scioccante, quella che coinvolse ingiustamente 35 amministratori: l’ex presidente De Franciscis condannato a pagare 160mila euro e i suoi assessori, ma anche il direttore generale e tutti i consiglieri provinciali chiamati a rispondere del versamento di sei milioni e 380 mila euro a favore della società partecipata del trasporto Acms. Quel denaro venne stanziato dalla Provincia perché i Comuni non pagavano il loro contributo da anni, nonostante due ingiunzioni del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e di Marcianise. Solo l’ente provinciale garantiva i tragitti degli autobus da un capo all’altro della provincia, da Gallo Matese a Casertavecchia.
De Franciscis e gli assessori Francesco Capobianco, Antonio Reccia non hanno presentato appello, intascando la condanna in primo grado, ma moralmente possono definirsi assolti.
L’inchiesta era nata da un evento, un fatto. Nel 2007 l’azienda di trasporto pubblico va in crisi e viene commissariata. A quel punto si percorre la strada del bando pubblico europeo, ma nessuno si prende la briga di acquistare una partecipata in crisi e la gara termina deserta «per inammissibilità dell’unica offerta pervenuta».
Gli amministratori provinciali temono il blocco dei bus che, intanto, sono rimasti senza carburante nei serbatoi e viaggiano senza assicurazione. Si corre ai ripari. Il consiglio di amministrazione dell’Acsm mette in piedi un bilancio provvisorio in cui paventa il mancato pagamento dei dipendenti. L’amministrazione De Franciscis convoca un consiglio provinciale e decide di stanziare il denaro, «stretta» tra un’ inchiesta per interruzione di servizio pubblico e la corte dei Conti. La Regione dà il via libera. A quel punto la Provincia stanzia i primi 210mila euro per il carburante e 400mila euro per le assicurazioni. Ma succede che il procuratore Capalbo ipotizza sprechi di denaro pubblico, per quasi 15 milioni di euro. Per la corte di Appello è tutto falso. «C’è un vizio di fondo» e in alcune parti la sentenza di primo grado non è motivata adeguatamente.
 
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