«Aiuto, mi stanno ammazzando»:
Sos choc, l’ombra della mafia nera

«Aiuto, mi stanno ammazzando»: Sos choc, l’ombra della mafia nera
di Mary Liguori
Martedì 28 Marzo 2017, 08:23
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Cosa le stessero facendo, se è ancora viva e in che condizioni, potrebbe restare un mistero. Per sempre. «Aiutatemi, mi stanno ammazzando».
Urla, rumori indistinti. Una richiesta d’aiuto disperata. Sono le diciassette di sabato quando al 112 arriva una telefonata dal contenuto e dai toni inquietanti. Agghiaccianti le urla della donna che riesce a comporre il numero di emergenza mentre subisce quelle che, dalla registrazioni, sembrano violenze atroci. Grida con l’accetto del tipico slang nigeriano, la donna al telefono. Sono pochi istanti, ma bastano a far comprendere che qualcosa di terribile le sta accadendo. Poi cade la linea. O qualcuno le sottrae il telefono, si accorge insomma che è riuscita a contattare i carabinieri. Cosa sia accaduto dopo, è impossibile al momento stabilirlo. Quei pochi terrificanti istanti, tanto dura la registrazione, innescano un meccanismo rapido.

Dalla centrale operativa dei carabinieri viene contattata la procura e il pm di turno dispone un decreto d’urgenza che consente di individuare la cella che aggancia il cellulare dal quale è partita la telefonata. La chiamata è partita da Castel Volturno, ma la sim risulta intestata a un nominativo inesistente. Ciononostante, scattano una serie di perquisizioni, ma è come cercare un ago in un pagliaio. Da Ischitella, nel Giuglianese, a Pescopagano, quartiere di confine tra Castel Volturno e Mondragone il numero di connection house, le «comuni» in gestione alle madame nere sono talmente tante che anche censirle sembra impresa impossibile. Matrone nigeriane che sfruttano ragazze della loro stessa nazionalità, «vendute» dalle famiglie d’orgine e tenute in schiavitù per anni, finché non pagano il loro debito con gli Eye, la mafia nera. Trentacinquemila euro che hanno modo di recuperare in un solo modo: prostituendosi lungo la Domitiana.

Gli arrivi delle ragazze di colore sono settimanali. Coloro che quando arrivano a Castel Volturno si rendono conto che saranno costrette a vendere il loro corpo per gli anni a venire si ribellano in tutti i modi. Ma quel che accade loro da quel momento in poi è un mistero. Resta tutto tra le mura diroccate delle villette a un piano che da case della villeggiatura si sono trasformate in basi operative per il primo mercato del sesso a pagamento d’Italia, terminale della tratta di essere umani che per mano della mafia nigeriana schiavizza centinaia di donne ogni anno. Chi non collabora viene sottoposta ad atroci violenze. Percosse, stupri di gruppo, ma non solo. Accanto alla violenza fisica c’è il ricatto psicologico. Ignare di essere state «vendute» dalle loro famiglie d’origine, le ragazze vengono ricattate con la minaccia di riti vodoo ai danni dei parenti in Africa.

Non si conoscono le reali dimensioni del fenomeno in quanto vittime e carnefici appartengono alla schiera infinita di immigrati clandestini che popolano il Litorale Domitio. Si ha notizia dei loro metodi animaleschi attraverso le testimonianze di quelle poche vittime della tratta che sono riuscite a salvarsi. Ai pm della Dda, i sopravvissuti dall’inferno hanno parlato di persone uccise per essersi rifiutate di prostituirsi. Corpi fatti a pezzi, poi gettati nel Volturno, disseminati sotto la sabbia, negli orti delle stesse connection house o nei terreni circostanti gli alberghi abbandonati che sono diventati i palazzi dei disperati, tossicodipendenti che in quegli hotel diroccati simbolo del tramonto turistico del Litorale ci vanno praticamente a morire. È in questo scenario che si incastra la telefonata di sabato. Uno scenario oggetto anche di una audizione del sindaco di Castel Volturno in commissione parlamentare antimafia, poco meno di un anno fa. 

Dimitri Russo fu chiamato a parlare dell’immigrazione, dovette ammettere che il Comune ha armi spuntate per fronteggiare il fenomeno. Più della metà dei residenti sono immigrati, per lo più clandestini. I carabinieri da sabato non hanno mai interrotto le ricerche. Una donna, forse, a questo punto, solo il suo corpo. Gli africani interrogati in questi giorni non parlano. Nessuno ha notizia di un’aggressione avvenuta sabato. Forse, come al solito, nessuno ha intenzione di parlarne con i carabinieri. 
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