«Non ho ucciso io mia moglie e mia figlia, c'era un altro uomo in quella casa»

«Non ho ucciso io mia moglie e mia figlia, c'era un altro uomo in quella casa»
di Marilù Musto
Martedì 5 Luglio 2016, 07:30 - Ultimo agg. 09:43
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Invecchiato, con qualche colpo di tosse che cela una bronchite mal curata, Domenico Belmonte, il medico, dirigente del carcere di Poggioreale, accusato di aver ucciso la moglie Elisabetta Grande e la figlia Maria Belmonte nel 2004 e di aver custodito i corpi sotto la sua villa per otto anni, è deciso a raccontare la sua versione dei fatti. A dicembre è stata fissata l’udienza preliminare: il giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere deciderà per il rinvio a giudizio. Lui si è sempre definito innocente.

Intervistato nella sua nuova abitazione, spiega che probabilmente c’è un uomo che frequentava la casa della moglie e della figlia che non è stato mai interrogato o indagato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. Cita il trentatreesimo canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri e il conte Ugolino della Gherardesca, quando si parla della scomparsa della sua famiglia, ma è a tratti lucido, Belmonte. Preciso. Dopo i silenzi, il medico è deciso a non far passare l’idea che lui fosse un burbero padre-padrone, in casa. Sotto la sua villa, nel 2012, la polizia trovò le ossa delle due poverine. Dopo il funerale in Calabria voluto dal fratello di Elisabetta, Lorenzo Grande, l'indagine è stata chiusa.

«Io ho un unico rimorso - spiega Belmonte, l'indagato principale - mi sono dedicato sempre a lavoro trascurando completamente la famiglia, sono andato via di casa a più riprese. Purtroppo, nel 2004, non feci subito la denuncia di smarrimento perché, prima di tutto, ero sicuro che loro fossero andate nella casa di Napoli, ma anche perché per me, per la mia onorabilità, mi sembrava indegno che i carabinieri si mettessero sulle tracce dei miei familiari. Non volevo che mia moglie e mia figlia venissero ricercate dalla polizia come se fossero dei malfattori». Ma come sono morte? «Loro abitavano in un’altra casa - spiega ancora Belmonte - dove è avvenuta qualche rapina, sono state private di tutti gli oggetti che avevano con loro, infatti non è stato più trovato l’oro. Poi, i cadaveri sono stati sotterrati e sono rimasti sotto terra per circa due anni e mezzo. Solo dopo sono stati portati sotto la mia villa, ma non so da chi. I vicini non hanno mai sentito odori per tutto questo tempo, come ve lo spiegate questo?».

I corpi, in verità, potrebbero essere anche stati bruciati e poi ripuliti, stando alla versione di Belmonte. Piange Belmonte, quando gli viene rivolta la domanda sulla figlia ancora in vita, nel lontano 2004. E cita l’ultimo canto dell’Inferno di Dante, in cui il sommo poeta descrive un episodio di cannibalismo. Il dottore riprende, infatti, le parole di Ugolino Della Gherardesca, tra le lacrime: «Tu vuoi, ch’io rinnovelli disperato dolor che il cor mi preme».

Poi, ritorna nel suo silenzio e non vuole più rispondere.

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