Ex del giro racconta: cani rapiti per allenare pitbull da combattimento

Ex del giro racconta: cani rapiti per allenare pitbull da combattimento
di Mary Liguori
Domenica 8 Aprile 2018, 16:52 - Ultimo agg. 9 Aprile, 00:17
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Randagi spariti dalle strade. Cani di cui, misteriosamente, si perdono le tracce e che sembrano scappati dai giardini di casa. Spesso sono meticci, bestiole senza valore economico, per cui non si è portati a pensare che possano essere stati rapiti. I padroni credono che si siano smarriti, li cercano invano per settimane, mesi. Per anni sperano di sentirli, di nuovo, abbaiare. E invece si perdono nel nulla, risucchiati da una specie di buco nero e che, presumibilmente, finiscono vittime di un massacro che si consuma, in silenzio, in aperta campagna, lontano da occhi indiscreti, dentro capannoni in disuso di zone industriali abbandonate.
Che fine fanno i cani «rapiti»? Diventano carne da macello. Vengono usati per gli «allenamenti» di altri cani trasformati, giorno dopo giorno, dalla mano dell’uomo, in bestie sanguinarie. Allenati per ammazzare altri cani. Addestrati a uccidere per non essere uccisi. La storia di Kelly, il pitbull di un anno e mezzo lasciato a dissanguare in un dirupo a San Felice a Cancello, soccorso, ma deceduto nonostante le cure mediche, riaccende i riflettori su un fenomeno tutt’altro che sconfitto. Quello dei combattimenti clandestini tra cani. Ne parla chi del giro ha fatto parte. E che oggi si dice «pentito». Racconta di «gatti legati alla sommità di gabbie dentro le quali venivano rinchiusi pitbull mutilati di orecchie e coda, lasciati a digiuno per giorni» e quindi «costretti a saltare quanto più in alto possibile, per afferrare con le zanne i gatti appesi a testa in giù: erano obbligati a sbranarli per sopravvivere alla fame. E così rafforzavano muscoli e mascelle». Addestramenti crudeli. «Avevo diciassette anni e neanche comprendevo la gravità di ciò che facevo- racconta Marco (il nome è di fantasia )-. All’epoca vivevo nel Napoletano e sulle campagne del Monte Somma, c’era un gruppo di persone che organizzava combattimenti clandestini tra cani. Si scommettevano anche centinaia di euro. Poi ci scoprirono. I cani furono sequestrati. Io fui denunciato, gli altri erano maggiorenni ed ebbero guai peggiori. Ma questo non li ha fermati: so che alcuni di loro non hanno mai lasciato il giro, si sono solo spostati in altre zone, nel Casertano». 
E usano randagi, a quanto pare, oltre che gatti, per «addestrare» i cani da combattimento. «O rapiscono cani lasciati incustoditi perché per le simulazioni servono animali sì più deboli, ma pronti a difendersi disperatamente». Accade tra l’area nolana e i comuni a est di Caserta. E Kelly l’hanno ritrovata proprio a San Felice a Cancello. Lei è uno dei cani «sconfitti». Uscita troppo mal ridotta per pensare di tornare ad allenarla. Ormai «inutile» nell’ottica della gente senza scrupoli che gestisce il business delle scommesse. 
«Se un cane perde più combattimenti e rimane ferito gravemente, gli spezzano le zampe e lo gettano nei regi lagni o in altre zone di campagna», spiega Marco. Una sorte atroce. L’agonia può durare anche alcune ore. Come accaduto a Kelly, ritrovata viva, ma in stato comatoso dentro un sacco con il corpo ricoperto da lesioni da morso, ossa rotte e altri traumi tipici degli animali obbligati a combattere.

Soccorsa da due ragazzi, Kelly è stata portata in clinica a San Nicola la Strada, ma è morta per le gravi ferite. La sua storia ha scatenato le reazioni del web che chiede a gran voce che venga fatta giustizia. E c’è chi conferma che in quella zona, tra San Felice a Cancello e i comuni limitrofi, è pieno di casolari e baracche in campagna usati come ring per lotte tra cani.  

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