Clan e politica| La zona grigia che non si può più nascondere

Clan e politica| La zona grigia che non si può più nascondere
di Antonello Velardi
Mercoledì 15 Luglio 2015, 15:05
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L'ultima importante operazione anticamorra nelle province di Napoli e Caserta offre alcuni interessanti spunti di riflessione. Vanno presi in considerazione perché aiutano a comprendere la forza della criminalità organizzata nelle aree a maggiore infiltrazione e lo stato di salute della politica e dei suoi rappresentanti. Il quadro è indicativo di alcune azioni che andrebbero condotte perché lo Stato, dopo aver di fatto vinto in Campania la battaglia contro la camorra, non smetta di svolgere il proprio ruolo ed occupi il vuoto che nel frattempo si è creato.



La prima considerazione. In provincia di Caserta soprattutto, la classe politica è stata ulteriormente colpita dalla magistratura; di fatto si sta estinguendo quel gruppo di potere e di gestione che ha governato il territorio - o ne ha esercitato la rappresentanza politica - negli ultimi quindici anni. Non è una questione di destra o di sinistra: sono stati colpiti entrambi i fronti, quello del centrodestra con maggiori danni semplicemente perché ha avuto più occasioni di stare al potere.



Siamo ancora nella fase iniziale e quindi aspettiamo i processi, a garanzia di tutti. Ma il quadro è devastante: ovunque, solo macerie. La devastazione ha colpito quei segmenti di classe politica che hanno fatto affari con la camorra, talvolta confondendosi con essa, contando su una presunta immunità che derivava da una vecchia consuetudine. Non c’è alcun altro luogo in Italia dove ciò è avvenuto in modo così violento; solo la Calabria sembra avvicinarsi alla condizione della provincia di Caserta ma con dimensioni del fenomeno ben più ridotte non foss’altro perché lì le condizioni di sviluppo sono più modeste e quindi gli interessi in gioco meno rilevanti.



Pochi, quasi inesistenti sono i segnali di discontinuità: troppo deboli quelli provenienti da segmenti dell’anticamorra che, in provincia di Caserta forse più che altrove, hanno assunto le caratteristiche della professionalità. Ciò anche e soprattutto per il livello modesto dei rappresentanti della politica, locali e nazionali.



A sinistra, il Pd non ha mai avviato un’azione progettuale seria, perdendosi in interminabili liti o seguendo il tracciato di paladini dell’anticamorra come Pina Picierno che nell'ultimo periodo hanno preferito stare in silenzio per non farsi coinvolgere negli scivoloni di improbabili compagni di viaggio. A destra, il nucleo di Forza Italia si è ritrovato - anche in queste ore - con i propri dirigenti direttamente in carcere: un approdo che conferma come non sia stata limpida la gestione di un potere spesso diviso a metà con i camorristi.



Nel burrone sono precipitati anche coloro che in provincia erano arrivati alla politica partendo dalle professioni, un mondo che così ha fatto un grande passo indietro e ha perso gran parte del suo prestigio, soprattutto tra i giovani: i professionisti migliori se ne sono andati, sono rimasti quelli abituati alle prebende.



La seconda considerazione: la politica ha foraggiato la parte peggiore dell’imprenditoria locale, quella inizialmente localizzata nell’agro aversano e poi spostatasi vero il capoluogo per rifarsi invano le sembianze.



Un’imprenditoria miserevole ma scaltra, furbissima: si è addirittura insinuata nel meccanismo dell’antiracket e dell’anticamorra, lucrando su una partita giocata in proprio. Le vicende non solo di questi ultimi tempi imporrebbero una riflessione molto seria al mondo imprenditoriale che dovrebbe, da una parte, fare autocritica e, dall’altra, spingere in avanti i propri rappresentanti migliori. Ma ciò richiederebbe una dose di coraggio che non c’è. Sono ancora pochi ed isolati gli imprenditori veri della provincia; in questa fase sono prevalentemente impegnati a sfuggire alle angherie della politica e della classe burocratica amministrativa che quella politica stracciona ha fatto crescere in simbiosi.

La terza considerazione. L’ultima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli si muove nella scia dell’attività avviata per colpire la zona grigia, dopo lo smantellamento dell’ala militare dei Casalesi.



Un’attività lunga, complessa, ma che si sta rivelando implacabile. Il coordinatore Giuseppe Borrelli ha seguito subito questa strada dopo la caduta degli ultimi boss e i progressivi annunci di pentimento da parte di diversi esponenti di primo piano dei clan; dichiarazioni che si stanno rivelando preziose ma che non restano isolate, piuttosto inserite in un contesto d’indagine dove vengono utilizzati anche e soprattutto i metodi tradizionali. Sembrava quasi impossibile, quando nei mesi scorsi cominciarono a filtrare le notizie dei primi pentimenti.



Certo, resta tuttora il rischio molto alto del doppio gioco, del detto e non detto, della convenienza, della furbizia; ma è il rischio che corre ogni indagine che punta ad accendere i riflettori sulla zona grigia.

Piuttosto, ed è la quarta considerazione, alcuni aspetti inquietanti di quest’ultima inchiesta dimostrano come la zona grigia non retroceda davanti a nulla, con una strategia d’attacco che è il retaggio di una lunga immunità conquistata grazie alla politica.



A proposito dell’ultima inchiesta, va chiarita la questione della pen drive che sarebbe sparita durante le fasi della cattura da parte della polizia di un boss come Michele Zagaria e vanno verificate le smagliature nell’organizzazione dell’attività anticamorra che hanno consentito una pericolosa deviazione istituzionale. Le forze fiancheggiatrici della camorra hanno circuito due esponenti della polizia giudiziaria, un carabiniere e un finanziere, impiegati in ruoli di primo piano e di evidente potere: un’operazione di aggancio spavalda e temeraria.



L’ultima considerazione è di prospettiva.

Dall’inchiesta emerge chiaramente che ci sono altri filoni investigativi coltivati e che, quindi, presto si potrebbero abbattere altri cicloni giudiziari: potrebbero essere travolti altri segmenti della politica e dell’imprenditoria, è probabilmente una questione di mesi. I settori ancora vitali della classe dirigente, in provincia di Caserta ma non solo, trovino perciò il coraggio di voltare pagina sapendo che il tempo sta finendo: questo territorio è una parte importante del Sud, non può non inseguire il cambiamento.