CASERTA - Parlavano con utenze telefoniche intestate a un rumeno e un’ucraina, Loredana Di Giovanni e Alessandro Zagaria. La prima, amministratrice della società Project Service; il secondo, imprenditore trentenne residente a Pietrelcina, figlio del titolare del ristorante Il Tempio di San Cipriano d’Aversa. Ma un giorno, nel luglio del 2015, la donna si accorse di essere seguita, durante i suoi spostamenti, da una Fiat Punto, l’auto dei carabinieri di Caserta, e parlò della vicenda ad Antonio Bretto, titolare della «Bretto Opere Stradali» e di imprese che hanno vinto appalti pubblici a Scafati.
Antonio Bretto ha lo stesso cognome della moglie del capoclan Antonio Bardellino, il fondatore del clan dei Casalesi. I magistrati stanno verificando se ci sono collegamenti fra lui e la vedova del boss ucciso in Brasile negli anni ‘80. Per ora questo legame di parentela è solo un’ipotesi. In ogni caso, fu lui a rassicurare la Di Giovanni, quando lei scoprì di essere pedinata e fotografata. «Me lo ha detto un amico in questura, sono intercettata», aveva spiegato la Di Giovanni. Troppo tardi. La guardia di finanza di Napoli e i carabinieri di Caserta avevano già capito tutto. E avevano confezionato, assieme ai pm, la richiesta di arresto per l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Di Muro, e per l’imprenditore Guglielmo La Regina, rappresentante della Archicons, società che si sarebbe occupata della progettazione dei lavori dello storico palazzo di Santa Maria Capua Vetere, Teti Maffuccini.
Appaltopoli, sospetti sulla gara al consorzio Idrico
di Marilù Musto
Martedì 3 Maggio 2016, 08:40
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