Uccisa dal marito, la sorella: «Quante volte l’ho implorata di lasciarlo, non è mai riuscita a trovare il coraggio»

Uccisa dal marito, la sorella: «Quante volte l’ho implorata di lasciarlo, non è mai riuscita a trovare il coraggio»
di Lorenzo Iuliano - Inviato
Venerdì 21 Ottobre 2016, 08:36
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CASERTA - Il silenzio di Stefania nascondeva il terrore per il suo carnefice e l’illusione di poter difendere dalla violenza almeno i suoi due figli. La sorella maggiore Fabiana era il suo rifugio. «Riusciva a parlare con me - racconta - quando litigava con lui e io la imploravo di lasciarlo, tanto comunque stava sempre da sola. Cercavo di convincerla, ma lei non aveva il coraggio, era anche stanca di parlare sempre delle stesse cose. Negli ultimi giorni però era molto più decisa. Noi continueremo nel suo nome a lottare perché non accada ancora». Allo strazio di Fabiana si unisce quello della zia Antonella Formicola, che da criminologa affianca anche la famiglia sulle questioni relative alle indagini. «Stefania si sentiva impotente, quell’uomo la soggiogava e per paura delle sue reazioni evitava anche di aprirsi con noi», fa sapere. «Delitto e Castigo» abitano al secondo piano di questa palazzina anonima in fondo a via Galatina, periferia di San Marcellino, nel Casertano. Appartamenti ben curati dentro e degrado fuori. Quattro rampe di scale e compare il citofono della casa doveva Carmine e Stefania vivevano. Solo una striscia bianca di adesivo, come un cerotto, con nome e cognome dei due coniugi scritti a penna, messa proprio sopra il campanello. Sul terrazzino ci sono ancora i resti delle ultime ore trascorse da solo dal marito. La notte prima del delitto quelle luci lì fuori erano rimaste accese fino a tardi, come ha notato papà Luigi, con preoccupazione. Carmine non ha dormito affatto. Sul tavolino giallo c’è un bicchiere di vetro con un fondo di caffè preparato dal 33enne, per restare vigile. Accanto, una poltrona marrone di camoscio su cui l’assassino ha passato gran parte della notte prima di entrare in azione. Tutto è ordinato, solo quel bicchiere fuori posto. La tenda da sole nuovissima è abbassata, per evitare sguardi indiscreti. Ma dalla fessura tra la ringhiera e la tenda si riesce a vedere di fronte, nella palazzina dove abitava la famiglia Formicola e dove Stefania finalmente si era trasferita, decisa a lasciare quel marito violento e a conquistare la libertà. Ecco perché la ragazza aveva paura, come conferma uno dei legali, l’avvocato Concetta Becchimanzi, sua vicina di casa. È la donna a cui Stefania si era affidata per un sostegno in una battaglia giudiziaria che non ha fatto in tempo nemmeno ad avviare. «Sono stati almeno quattro anni di violenze e silenzi, Stefania aveva paura anche a compiere il breve tragitto che separa casa sua da quella dei genitori, temeva che lui potesse compiere qualche gesto clamoroso proprio durante quel passaggio», rimarca il legale. In tutto saranno venti metri: si scende da questo secondo piano, si apre il cancello grande della palazzina a fianco e poi basta percorrere altri dieci metri prima di essere dentro. Al sicuro. Eppure quella distanza minima era diventata un incubo, un percorso a ostacoli. Nessuno dei familiari è a casa in questa lunga giornata di lutto e dolore. Dopo la visita in mattinata dell’assessore regionale alle Pari opportunità, Chiara Marciani, sono andati tutti a Napoli. Prima al Policlinico per l’autopsia sul corpo di Stefania e poi in serata alla fiaccolata organizzata per ricordare Stefania nel rione Don Guanella a Napoli, la zona di origine della famiglia Formicola, arrivata a San Marcellino nel 2008, in un quartiere dormitorio, meta di molti napoletani. La famiglia non è conosciuta infatti nella comunità dell’agro aversano. Nessuna frequentazione, pochi i vicini con cui hanno rapporti. Tra di loro c’è però Rosaria Aprea, che abita al pianterreno dello stabile in cui viveva Stefania, incredibile omonimia con la giovane miss picchiata dall’ex fidanzato sempre nel Casertano. È a lei che la famiglia ha affidato in queste ore i due bimbi della coppia. Rosaria è giovane, ha anche altri figli, è gentile ma scossa dal trauma dell’omicidio dell’amica. Non parla, si scusa e va via veloce. Non ha tempo, deve occuparsi dei piccoli, 4 anni il primo e un anno e mezzo l’ultimo. Stanno bene, per il loro dolore c’è ancora tempo. Oggi invece alle 13 sarà il giorno dell’addio alla loro mamma. Sempre nel rione Don Guanella si terranno i funerali di Stefania. La zia Antonella non riesce a darsi pace: «Lui aveva fatto terra bruciata intorno a lei, tendeva ad allontanarla da tutti, compresa la sua famiglia, e lei cercava disperatamente di proteggere i suoi figli con un atteggiamento che non provocasse la sua violenza», dice. Ma negli ultimi tempi quella coltre di silenzio era stata squarciata. Il «patto» inconscio tra vittima e carnefice era ormai sradicato. «Nel momento in cui Stefania ha cominciato a far sapere cosa le stava accadendo - prosegue la zia - allora ha trovato il sostegno della famiglia e ha fatto passi avanti nella sua scelta di vita. Ma le leggi in tema di violenza e stalking non sono del tutto chiare né concrete e alle denunce, formalizzate o meno, spesso non si presta la giusta attenzione».


 
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