«Il direttore lavora troppo, mette a rischio la Reggia di Caserta»

«Il direttore lavora troppo, mette a rischio la Reggia di Caserta»
di Antonello Velardi
Giovedì 3 Marzo 2016, 23:49 - Ultimo agg. 4 Marzo, 18:33
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«Il Direttore permane nella struttura fino a tarda ora». Non solo. «Tale comportamento mette a rischio l’intera struttura museale». Chi è questo stravagante personaggio che la sera non vuole tornare a casa e resta sul luogo del lavoro, danneggiando? È sano di mente? Chi lo ha messo lì, creando disorientamento e preoccupazione? È un direttore di un’azienda privata che deve fare i conti con il mercato difficile e con i fusi orari e perciò deve fare le ore piccole nel suo ufficio? No, no, niente di tutto questo.

Il direttore non è un pazzo, o per lo meno ha superato tutti i test psico-attitudinali ai tempi dell’assunzione e non ha dato segni di particolare sconnessione durante i suoi incarichi precedenti. Si è sempre comportato così. È stato nominato da poco e per giunta lavora nella pubblica amministrazione, nel senso che potrebbe scansare il lavoro eppure non lo fa. E non è un funzionario qualsiasi, è il nuovo direttore della Reggia di Caserta, bella e maledetta, uno dei più importanti monumenti al mondo, orgoglio dell’Italia, grande occasione persa, simbolo di tutti i guasti dei beni culturali nel nostro Paese, in particolare al Sud. Si chiama Mauro Felicori, viene da Bologna, da giovane faceva il giornalista; i primi giorni sembrava un marziano, ora si è integrato ma continua a muoversi come un marziano. Ma chi lo accusa di lavorare troppo? Non ci crederete: i sindacati. L’accusa è contenuta in un documento ufficiale di protesta redatto nei giorni scorsi da un numero consistente di sigle sindacali che rappresentano i lavoratori della Reggia. Il documento ha un oggetto che la dice lunga: «Gestione della Reggia di Caserta. Rilievi».

Ora, siccome sembra uno scherzo anche se di pessimo gusto, bisogna aggiungere che scherzo non è perché il documento di protesta è stato inviato al capo di gabinetto del ministro Dario Franceschini, al segretario generale del ministero dei Beni Culturali e al responsabile della Direzione generale dei musei: Giampaolo D’Andrea, Antonia Pasqua Recchia e Ugo Soragni. Che l’hanno preso sul serio perché hanno chiesto delucidazioni all’accusato, cioè a Felicori. Certo, il documento è di tre pagine e mezza e la scrittura oscilla tra il burocratese e il sindacalese; essendo un documento sindacale è scattata la procedura per la richiesta di chiarimenti. Ma è davvero singolare che il neo direttore della Reggia di Caserta sia chiamato a dare spiegazioni sul tutto ma anche sul perché lavora troppo e fa le ore piccole in ufficio. Vale la pena riprodurre per intero il passaggio surreale: «Il Direttore permane nella struttura fino a tarda ora, senza che nessuno abbia comunicato e predisposto il servizio per tale permanenza. Tale comportamento mette a rischio l’intera struttura».

Due capoversi sopra, c’è anche la premessa logica, giusto per essere chiari: «A cinque mesi dall’insediamento del nuovo direttore della Reggia di Caserta spiace rilevare che...». Quindi i sindacati sono dispiaciuti che Felicori resti nel tardo pomeriggio e di sera lì invece di prendere la strada di casa. Fermo restando che il ruolo del sindacato è più che importante, che i diritti dei lavoratori vanno difesi, che le prevaricazioni sul posto di lavoro vanno respinte con le forza, va capito che cosa sta succedendo nella Reggia di Caserta. Intanto, non tutti i sindacati hanno firmato quel documento, alcuni di essi hanno fatto un passo indietro. La nota di protesta riguarda l’intera organizzazione del lavoro ma si capisce chiaramente che di fondo c’è un certo malcontento nei confronti di Felicori. Il quale ha il vizio, se vizio è, di fare spesso di testa sua.

E di prendere alla lettera il mandato che gli è stato dato dal ministro, avallato direttamente dal premier Matteo Renzi: risollevare la Reggia, ora in stato comatoso, incrementare il numero dei visitatori, riorganizzare il servizio con una logica più moderna, combattere con forza il malcostume e gli intrallazzi di custodi, dipendenti e faccendieri che nel monumentale palazzo del Vanvitelli stazionano, alcuni per contratto (i primi e i secondi) ed altri per radicata consuetudine (i terzi). Felicori si è messo di buzzo buono e, in questi primi cinque mesi, ha preso una serie di decisioni, rivoluzionarie nella loro ordinarietà perché eversive rispetto al passato.

I suoi predecessori non vivevano a Caserta ma erano pendolari (grazie alle comodità): la stazione ferroviaria è di fronte alla Reggia, vi fermano anche le Frecce dell’alta velocità. Lui non torna a Bologna neanche nel fine settimana, anzi si fa raggiungere dalla moglie. Va in giro per Caserta e per la sua provincia, a conoscere il territorio, nel weekend, e poi ne scrive su Facebook; durante la settimana arriva ogni giorno in ufficio alle sette e mezza (abita lì, proprio lì) e se ne va non prima delle otto, nove di sera. I custodi e gli altri dipendenti lavorano dalle sette del mattino alle sei e mezzo del pomeriggio, la Reggia chiude a quell’ora, il parco un’ora prima del tramonto.

Gli altri direttori se ne andavano prima della chiusura, subito dopo se ne andavano (spesso) i dipendenti che avrebbero dovuto staccare alle sei e mezza. Felicori invece resta lì, ma dalle cinque alle sei e mezzo esce dall’ufficio e va in giro per il palazzo, tra parco e appartamenti. Vigila. Dopo le sei e mezza sale in ufficio e ci resta fino a tardi, con un gruppo di dipendenti amministrativi alcuni dei quali erano prima custodi e ora sono stati da lui spostati. Insomma, ha cambiato tutto. E vuole cambiare ancora; rimodulerà gli orari, sposterà un altro po’ di gente per arrivare al suo obiettivo finale: tenere aperta la Reggia sette giorni su sette. Sì, perché non tutti lo sanno ma il palazzo del Vanvitelli resta chiuso il martedì per far riposare i dipendenti: è l’effetto di vecchi accordi sindacali, non è stato mai possibile modificarli. Un posto bellissimo, la Reggia di Caserta. Ma davvero complicato. E Felicori non riesce ancora a capacitarsi di molte cose che a lui, ma anche a noi, appaiono davvero strane.

Agli inizi di questo mese ha fatto i calcoli e ha scoperto che a febbraio c’è stato un incremento del 70% di presenze rispetto allo stesso mese del 2015.
Quando i suoi collaboratori gli hanno portato i dati pensava che avessero sbagliato e avessero confuso 7 con 70. Ha fatto controllare, ha ricontrollato anche lui; il dato era esatto: 70%. Perché a lui sembrava strano? Perché è molto, molto difficile che le presenze in un qualsiasi monumento quasi raddoppino in mancanza di un evento eccezionale, di una campagna particolare, di un’iniziativa straordinaria, peraltro in un periodo dell’anno abbastanza piatto. Insomma l’incremento del 70% è il semplice effetto della presenza costante del direttore controllore, dalla mattina alla sera. Fino a tarda ora. Un comportamento, hanno scritto i sindacati, che «mette a rischio l’intera struttura museale». E si è visto.
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