Caserta, ventenne ucciso. Confessa l'omicidio dell'amico, scatta l'arresto

antonio zampella
antonio zampella
di Marilù Musto
Sabato 9 Luglio 2016, 14:05 - Ultimo agg. 10 Luglio, 09:22
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CASERTA - «Guarda come sparo», dice Antonio. Il proiettile parte e colpisce la fronte di Marco che si trova davanti a lui. Marco Mongillo, 20 anni, cade a terra e muore. Il gioco della roulette russa finisce con un morto e un diciannovenne arrestato. L'ipotesi che Marco, pizzaiolo incensurato del locale «La Loggetta», sia stato ucciso da un gioco d'azzardo letale, è l'ipotesi più accreditata dagli inquirenti che, ieri sera, hanno disposto il fermo per omicidio di Antonio Zampella, 19 anni. Il giovane si è costituito in caserma dai carabinieri di Caserta con le mani fra i capelli: «Non volevo, ho provato quell'arma anche su di me, ero convinto fosse scarica», ha dichiarato al pubblico ministero Michele Caroppoli.

Sono le quattro del pomeriggio quando la tragedia scuote il rione Santa Rosalia, zona popolare di Caserta dove girano ragazzi in moto tatuati fino al collo. In realtà, Santa Rosalia non è nemmeno un quartiere difficile, ma fa da «cerniera» tra il centro e la salita verso Casertavecchia, dove una palla da basket gigante è piazzata al centro di un senso circolatorio.

Marco Mongillo e il fratello Vincenzo salgono al quarto piano della palazzina gialla per festeggiare il compleanno di Vincenzo. Li aspetta in casa Umberto Zampella, agli arresti domiciliari per rapina a mano armata e web stars con centinaia di contatti sui social network. È in compagnia del fratello più piccolo, Antonio. Un po' di brivido e il gioco inizia. La pistola ruota sul tavolo un paio di volte, tra una sigaretta e l'altra. Poi la canna dell'arma punta Marco, il bersaglio.

L'impugnatura invece si ferma su Antonio. Che prende la pistola e spara. Subito dopo si sentono le grida di Vincenzo che abbraccia il fratello sanguinante. L'arma, una Browning calibro 7,65, viene gettata in giardino con un proiettile in canna e finisce sulla rampa di scivolo del garage. È la fine per tutti.

I vicini chiamano i carabinieri e il personale del 118, ma è troppo tardi. In tutta fretta arrivano la madre del ragazzo ucciso e la fidanzata, Lucia, che piangono e si disperano. «Marco è stato sparato per gioco, a questo punto gioco anch'io e mi vendico», sembra gridare il fratello Vincenzo, fermato subito da una parente che implora i carabinieri: «Se perde le staffe, fermatelo». Quando sul luogo del delitto giungono anche gli uomini della scientifica, tutti i familiari sono sporchi di sangue. Antonio Zampella viene portato in caserma dai suoi avvocati, Mario Mangazzo e Michele Di Fraia. Si addossa tutta la colpa.

Smette di singhiozzare nell'ufficio del comandante di stazione e racconta tutto dall'inizio: «Ho comprato io la pistola da alcuni extracomunitari di colore, a Napoli - spiega - poi l'ho portata a casa, ma era scarica. Ho puntato l'arma sulla mia testa e non è esploso nulla». Intanto, Lucia, la fidanzatina bionda con gli occhi azzurri di Antonio, caccia via i giornalisti da rione Santa Rosalia: «Non salgo io in casa e non salite nemmeno voi».

In caserma vengono interrogati dieci ragazzi, tutti adolescenti. Verbalizzata la versione di un altro ragazzo, Rocco Belardo. Al vaglio dei magistrati c'è, però, anche la posizione di Umberto Zampella, detenuto agli arresti domiciliari, ma «stella» dei social. Sulla sua pagina facebook gira un suo video dedicato a tutti coloro che si trovano agli arresti domiciliari. Ora l'inchiesta è nelle mani del procuratore Maria Antonietta Troncone e dall'aggiunto Antonio D'Amato. Disposta l'autopsia sul corpo di Marco.

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