Sbloccata l'estradizione, il boss Pasquale Scotti rientra in Italia

Pasquale Scotti dopo la cattura, avvenuta a Recife, in Brasile, nel maggio scorso
Pasquale Scotti dopo la cattura, avvenuta a Recife, in Brasile, nel maggio scorso
di Mary Liguori
Domenica 7 Febbraio 2016, 16:56 - Ultimo agg. 17:53
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Poche settimane ancora e Pasquale Scotti sarà estradato.
Il procuratore generale brasiliano che ha preso in carica il caso dell’ex braccio destro di Raffaele Cutolo, il boss italiano arrestato a Recife nel maggio scorso dopo un record di 31 anni di latitanza, ha comunicato che il detenuto, ritenuto tra le altre cose tra quei camorristi usati da apparati deviati dello Stato per svolgere «lavoro» sporco negli anni a cavallo tra i 70 e gli 80, è stato formalmente «messo in consegna». La comunicazione del parere positivo dell’autorità giudiziaria brasiliana è pervenuta nei giorni scorsi all’Ufficio Affari Penali del Ministero della Giustizia, diretto dal magistrato Raffaele Piccirillo. Si attende, a questo punto, la notifica ufficiale del Supremo tribunal federal: si tratta dell’ultimo passaggio di un iter che si è sbloccato dopo una serie di petizioni presentate da un lato dalla famiglia brasiliana di Scotti, dall’altro dai suoi legali.
Per ostacolare l’estradizione, gli avvocati del camorrista noto con il soprannome di «collier», per la collana da 50 milioni di lire con la quale omaggiò la moglie di Cutolo, si sono appellati alla «persecuzione politica», hanno paventato il rischio di incolumità del detenuto, ma l’autorità giudiziaria ha ritenuto, sentenze alla mano, che non vi fosse pericolo in tal senso e che non vi fossero impedimenti di natura politica validi per non concedere l’estradizione. Le condanne che hanno colpito Scotti sono tutte per reati di mafia. Rigettate anche le petizioni dei familiari: la moglie brasiliana dell’ex braccio destro di Cutolo ha cercato di opporsi al trasferimento del marito in Italia adducendo il diritto dei due bambini avuti dall’uomo di continuare a vedere il padre. Anche queste istanze sono state però respinte e, a quanto pare, solo i periodi di festività lunghi che si sono susseguiti dopo che la pratica è stata presa in esame, ovvero lo stop natalizio che in Brasile si protrae fino a metà gennaio e le successive ricorrenze del Carnevale, hanno rallentato l’iter che però, sta per giungere a conclusione. 
A Roma, dunque, si attende solo la comunicazione ufficiale del nulla osta all’estradizione e, secondo i tempi previsti, entro fine mese l’intera pratica sarà conclusa. Da quel momento, il ministero avrà venti giorni per produrre gli atti del caso e recepire formalmente la condizione prevista dalle convenzioni esistenti tra Brasilia e Roma: la pena dell’ergastolo cui Scotti è stato condannato dovrà essere commutata in trent’anni in quanto il «fine pena mai» non è riconosciuto nel Paese sudamericano. 
In Brasile, dal giorno della cattura del superlatitante ad opera della squadra mobile di Napoli, seguono la delicata vicenda dell’estradizione del camorrista i legali dell’ufficio Affari penali del ministero della Giustizia e, ad oggi, fonti ufficiali affermano che «nessun impedimento è stato avanzato dalla Corte Federale del Brasile» per autorizzare il trasferimento del detenuto a Roma. Questione di settimane, dunque, e Scotti tornerà in Italia dove, intorno al suo personaggio, si inseguono fatti di cronaca efferati, cementificati in tre sentenze all’ergastolo, e «leggende» che lo danno per conoscitore dei retroscena dei grandi gialli dell’ultimo trentennio del secolo scorso. Primo tra tutti, il caso controverso di Ciro Cirillo, ex assessore ai lavori pubblici della Regione Campania rapito dalle Br negli anni 80 e liberato in seguito a una presunta trattativa tra Servizi, esponenti della Dc e camorra. Scotti sarebbe a conoscenza del nome dell’uomo che andò in carcere da Raffaele Cutolo per chiudere l’accordo per il rilascio di Cirillo. È stato un killer, poi un estorsore che tra le sue vittime ha avuto anche il parlamentare Luigi Cesaro che, per liberarsene, chiese aiuto a Rosetta Cutolo, sorella del capo della Nco. Nelle sue tante vite, Scotti è stato anche componente del Consiglio della Nuova camorra organizzata, e per questo sarebbe a conoscenza di altre verità scomode. Suggestioni o verità, lo si saprà solo quando, e se, l’ex primula rossa deciderà di parlare con i magistrati una volta in Italia. Dal canto suo, dopo essere stato arrestato, Scotti tenne a precisare che «quell’uomo non esisteva più», lui che in Brasile aveva assunto una nuova identità, rispondeva al nome di Francisco Visconti e faceva l’imprenditore. Dove sia stato prima di rimaterializzarsi a Recife, e cosa abbia fatto, resta ad oggi un mistero. Per trentun’anni è stato imprendibile, ma poi lo hanno catturato e dopo settimane di silenzio, ha parlato ed è tornato a quella vigilia di Natale del 1984 quando evase dall’ospedale civile di Caserta in circostanze mai chiarite. «Mi fecero scappare i carabinieri», ha detto. Dichiarazioni preludio di un attacco che Scotti sarebbe pronto a sferrare allo Stato italiano? Lo si saprà solo quando arriverà in Italia. Va detto però che, in quelle stesse settimane, Raffaele Cutolo, dopo 50 anni di carcere, rompeva il silenzio e accettava di parlare con un magistrato e un carabiniere che collaborano con la Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro. Verbale secretato, naturalmente, e gli avvocati di Cutolo chiarirono che loro, di quell’interrogatorio, non sapevano nulla. Era l’ottobre scorso quando la notizia diventò di dominio pubblico. 
Strane coincidenze? Messaggi a distanza tra il padrino, che ha sempre dichiarato che il suo pentimento sarebbe avvenuto solo di fronte a Dio, e il suo ex fedelissimo?
Di certo le vicende dell’autunno scorso hanno fomentato non poche reazioni, ipotesi di varia natura sia sull’ex ras originario di Caivano detenuto in Brasile, sia su un imminente scelta collaborativa di Cutolo, evenienza questa che fu subito smentita dalla moglie del fondatore della Nco, Immacolata Iacone. Nel mentre, una dichiarazione inquietante del magistrato Carlo Alemi, giudice istruttore napoletano, oggi in pensione, che si occupò del caso Cirillo. «Spero che Scotti arrivi vivo in Italia», disse, e aggiunse: «Ora racconti i misteri Cirillo e Calvi». Tra i «cold case» di portata nazionale di cui Scotti conserverebbe le indicibili memorie c’è infatti anche l’omicidio del banchiere Roberto Calvi. 
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