Caserta. Scippata, trascinata e uccisa, ​una condanna all'ergastolo

la vittima italia dell'aversana
la vittima italia dell'aversana
di Mary Liguori
Mercoledì 20 Luglio 2016, 08:40 - Ultimo agg. 09:11
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CASERTA - Un ergastolo e un’assoluzione. È giustizia a metà, in primo grado, per la morte di Italia Dell’Aversana. Scippata, trascinata per metri, sballottata tra le auto in sosta e, infine, travolta dal veicolo dei rapinatori. Una fine assurda per meno di dieci euro, il costo di una dose di crack.
Ieri, al termine del processo definitosi in abbreviato dinanzi al gup di Napoli Nord, la procura - rappresentata in aula dal sostituto Ilaria Corda - ha ottenuto la condanna al massimo della pena per Glico Sejdovic, 38enne serbo nato a Torre del Greco. Assolto, invece, Gianfranco Gallotti, 43 anni, napoletano di Marianella (difeso dall’avvocato Goffredo Grasso).

Il pm aveva chiesto per entrambi l’ergastolo, ma il giudice per le udienze preliminari ha ritenuto poco coerente il teorema accusatorio tratteggiato nei confronti di Gallotti.
Sulla decisione ha infatti inciso la contraddittorietà delle prove raccolte a carico dell’imputato italiano. L’assoluzione è infatti avvenuta per il comma 2 dell’articolo 530 del codice penale. Una situazione invalidante in un processo sostanzialmente indiziario.

Nelle settimane successive l’omicidio, il primo a essere fermato dai carabinieri del Gruppo di Aversa, agli ordini del tenente Flavio Annunziata, fu proprio Gallotti. Tentò, insieme ad un secondo individuo, poi indicato in Sejdovic, di ricettare il cellulare della vittima e quello di un’altra donna, scippata il giorno dopo l’omicidio di Italia Dell’Aversana, nella stessa zona, nei pressi dell’ospedale «Moscati». D’altronde, entrambi gli imputati non hanno mai fatto mistero della loro «attività»: scippi per racimolare i pochi euro che servono per procurarsi qualche grammo di droga.
Ascoltato a sommarie informazioni, Gallotti infatti ammise: «forse ero in quella macchina, ma non capivo nulla, in quanto avevo fatto uso di sostanze stupefacenti». Successivamente, sempre ai carabinieri, e alla presenza del suo avvocato, l’uomo ripeté la stessa versione. Fu lui, peraltro, a consentire agli investigatori di trovare il serbo, domiciliato nel campo rom di Scampia, e fu sempre lui ad accusarlo: «guidava l’auto ed è stato lui a scippare quella donna». A corredo delle sue dichiarazioni, un video acquisito durante le indagini: immagini poco chiare, che non sono servite per identificare con certezza i responsabili, ma sono state utili a stabilire che, effettivamente, era stato il conducente dell’auto a strappare la borsetta della vittima. Una volta fermato, Sejdovic, che fu anche trovato in possesso della macchina usata per lo scippo, partì al contrattacco, ammettendo le sue responsabilità, ma accusando nel contempo Gallotti. Durante il processo, però, ha poi riferito che l’italiano non c’era. Se la confessione del serbo è dunque bastata al gup Daniele Grunieri per emettere sentenza di colpevolezza con pena all’ergastolo nei suoi confronti, è stata insufficiente per l’altro imputato. Contraddittorie sono evidentemente state ritenute le prove a carico di Gallotti, mandato assolto e scarcerato ieri stesso. La famiglia di Italia Dell’Aversana, rappresentata dagli avvocati Paolo Trofino, Alfredo Marrandino e Maria Lampitella, chiede giustizia, ma anche dopo la sentenza, il marito e i figli di Italia Dell’Aversana hanno preferito mantenere un dignitoso silenzio. La procura ricorrerà in Appello.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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