Scippata e uccisa per cinque euro, al processo il testimone ritratta

Uno dei frame visionati nel corso del processo
Uno dei frame visionati nel corso del processo
di Mary Liguori
Mercoledì 22 Giugno 2016, 16:30 - Ultimo agg. 18:21
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Ritratta tutto. Ritratta, per la verità, quelle poche informazioni che aveva dato per certe quando i carabinieri lo interrogarono immediatamente dopo il drammatico scippo costato la vita a Italia Dell'Aversana, la dipendente dell'ospedale di Aversa trascinata da due rapinatori in auto, sballottata tra le auto in sosta, finita incastrata sotto le ruote di un veicolo. Una fine atroce, per meno di dieci euro. Il costo di una dose di crack. Ieri, il testimone che dichiarò di aver visto la Peugeot con a bordo tre individui la mattina della tragedia, ha gelato accusa e parte civile con una frase senza senso. “Sicuramente mi sono sbagliato”.

Sconcertante la risposta che ha continuato a ripetere alle domande del pm Ilaria Corda e degli avvocati della famiglia della vittima (Paolo Trofino, Alfredo Marrandino e Maria Lampitella) se si considera che a lui, che quella mattina vide l'auto in fuga cinquanta metri prima dell'omicidio, non ha mai detto di essere in grado di riconoscere gli aggressori, ma dichiarò con fermezza che in quella Peugeot c'erano tre persone. Ieri ha detto di essersi sbagliato e il processo, che si sta definendo in abbreviato e in abbreviato condizionato per i due presunti assassini di Italia Dell'Aversana, si compromette sensibilmente.

Alla sbarra ci sono Gianfranco Gallotti di Marano e Glico Sejdovic, slavo domiciliato al campo rom di Scampia. I due furono identificati e arrestati dai carabinieri di Aversa, diretti dal tenente Flavio Annunziata, tramite il ricettatore del telefono della vittima. 

Uno degli imputati ammise dinanzi al pm di essersi recato a fare rapine con l'altro, il serbo, ma dichiarò di non ricordare nulla rispetto all'episodio oggetto della tragedia. “Ci servivano i soldi per la droga”, ammise, ma non ha mai confessato di essere stato sulla Peugeot dalla quale la donna fu trascinata e uccisa. Per questo il suo avvocato, Goffredo Grasso, chiese e ottenne l'abbreviato condizionato: la “condizione” era la visione dei video registrati quella maledetta mattina dagli impianti di videosorveglianza di alcuni esercizi commerciali che si trovano nei pressi del Moscati, zona in cui si verificarono i fatti.

I frame sono già stati visionati, ma il perito della procura ha ammesso che non sono nitidi abbastanza per stabilire quante persone viaggiavano sulla Peugeot, men che meno utili a un riconoscimento degli aggressori. Le immagini sono compromesse dalla scarsa qualità delle telecamere che le hanno registrate, dalla pioggia, dai riflessi dei primi raggi dell'alba di quel giorno di sangue versato per qualche euro, il costo di una una dose di crack.  

Per questa ragione, la procura aveva inserito nella lista dei testimoni il nome dell'uomo interrogato ieri: quando fu sentito dai carabinieri, dichiarò con sicurezza di essere stato attratto da quella macchina che correva a folle velocità e di avere visto chiaramente che sulla Peugeot c'erano tre persone. Ieri ha invece detto di “essersi sicuramente sbagliato” di non sapere “quante persone c'erano su quella Peugeot”:

Un comportamento quantomeno anomalo quello del teste. La parte civile, che rappresenta il marito, la sorella e i figli di Italia Dell'Aversana, chiederà la trasmissione degli atti in procura. Il teste rischia la falsa testimonianza.

Si torna in aula il prossimo 19 luglio. 
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